Degustazioni Rosso Conero e Lacrima di Morro d’Alba: le facce opposte delle Marche3 min read

Ci sono nemmeno 40 chilometri in linea d’aria tra Morro d’Alba e la zona del Conero, ma assaggiando i vini è come se i due territori fossero agli antipodi. Sono anni che degustiamo queste due denominazioni ma non ci era mai venuto in mente di parlarne nello stesso articolo per evidenziare alcune cose.

La prima è che le Marche, nonostante il grande successo del Verdicchio, è una regioni di ottimi rossi, la seconda è che questi due rossi marchigiani presentano caratteristiche talmente diverse che forse possono essere comprese solo confrontandole.

Da una parte il Lacrima di Morro D’alba: grandi profumi fruttati e speziati, corpo abbastanza rotondo ma piuttosto esile, con tannicità poco marcata e capacità di invecchiamento abbastanza limitate (quest’ultima cosa solo in teoria) . Dall’altra il  Conero, montepulciano con al massimo 15% di sangiovese (che oramai quasi nessuno utilizza), con profumi neanche paragonabili a quelli del Lacrima ma con un corpo, una struttura, una tannicità almeno 3-4 volte più importante dell’altro e con possibilità di invecchiamento notevoli.

Due vini che nascono a pochi chilometri e non potrebbero essere più diversi, tanto che nel Conero La lacrima non finisce mai e se viene usato un po’ di Montepulciano per rinforzare la Lacrima lo si sente da lontano e quest’ultima perde sprint e le sue caratteristiche peculiari.

Vediamo adesso i due vini singolarmente attraverso i nostri assaggi.

Le Lacrima degustate quest’anno hanno mostrato in generale una interessante evoluzione verso un moderato invecchiamento: buoni indubbiamente i 2020 ma i Superiore, specie se non toccati da legno, stanno presentando un modo diverso e forse più moderno di vedere questo vino/vitigno, non più ancorato ai profumoni giovanili ma che questi aromi se li porta nel tempo accanto a un equilibrio al palato che gli permette di maturare per diversi anni.

Che il Montepulciano  invecchi bene lo sappiamo da sempre (sangiovese idem!) e il nostro assaggio lo ha ancora una volta certificato. Alcuni vini sono veramente buoni e ci sono state delle belle sorprese con nomi nuovi che salgono alla ribalta, la qualità media è alta  ma quello che ci ha stupito in negativo è la troppa voglia, in alcuni produttori, di proporre vini molto concentrati e per farlo usare anche tanto legno nuovo. Questo secondo loro dovrebbe portare a fare grandi vini invece quasi sempre si ottengono grossi vini, che non matureranno mai e  si faranno riconoscere solo per dosi di legno industriali e tannini  belluini. In un buon numero di Rosso Conero e Conero Riserva abbiamo trovato questo “accanimento terapeutico” e la cosa stupisce perché ormai si dovrebbe aver capito che l’equilibrio è la caratteristica più importante per l’invecchiamento. In questo senso dovrebbero imparare dai produttori di Lacrima, che pur avendo vini non certo muscolari e avendo provato in passato a spingere anche con il legno,  iniziano a capire che l’eleganza paga sempre.

Impossibile però fare un confronto reale tra i due vini, perché oltre ad essere diversi puntano anche a mercati diversi: se volessimo dirla tutta non abbiamo ben capito a quale mercato punti il Conero, visto che di rossi strutturati e importanti ne è pieno il mondo e che il consumatore punta sempre più verso vini più leggeri, bevibili, sicuramente meno tannici. Lo hanno capito nelle grandi denominazioni, dal Barolo al Brunello ma ancora sul Conero la notizia non è pervenuta e così si trovano ancora vini dove mostrar tannini è basilare.

Al contrario la Lacrima di Morro d’Alba ha il mercato che sta andando verso di lei, basta evitare i classici problemi di riduzione e dare un minimo di garanzia per un generale anche se minimo (2-4 anni) invecchiamento  e tanti consumatori si avvicineranno a questo rosso profumato e dall’equilibrata leggerezza.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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