Degustazione Chianti Colli Senesi: una grande miniera ma con poche pepite.2 min read

La denominazione Chianti Colli Senesi copre praticamente l’intero territorio della provincia di Siena. Il paragone adatto potrebbe essere quello con un’ immensa miniera a cielo aperto, dove si possono trovare diversi tipi di pietre preziose (Brunello, Chianti Classico, Vino Nobile, Supertuscan etc) che attirano indubbiamente di più i cercatori. In questa miniera l’interesse per le poche e piccole pepite d’oro di questa denominazione è scarso e, dopo i nostri assaggi ( e dopo quelli fatti “giornalmente” visto che chi scrive vive proprio in questo territorio), capiamo anche il perchè. Siamo di fronte a vini che, nella stragrande maggioranza dei casi rappresentano il terzo o quarto prodotto aziendale: sono fatti con una base sangiovese su cui si innestano altri vitigni, autoctoni e non. Nascono da vigne diverse, su terreni diversi, da vinificazioni diverse. Per trovargli un minimo comun denominatore occorre parlare di prezzo. Mediamente questi vini costano poco (per un vino toscano) ma molto spesso bevendoli non si tocca certo il cielo con un dito.

Fino a quando questa denominazione verrà utilizzata “a caduta” (si può fare Colli Senesi a Montalcino, come a Gaiole, a Montepulciano come a San Gimignano) non credo che il suo livello qualitativo di innalzerà di molto. Non per niente il miglior prodotto è fatto da una cantina che ha il Colli Senesi come primo vino e quelli che lo seguono a ruota vengono da aziende che hanno una tradizione (ed un mercato consolidato) su questa tipologia. Nella denominazione convivono produttori di ogni dimensione che vivono in zone anche vicine, geograficamente parlando, ma ad anni luce di distanza da un punto di vista enologico. Quindi in questa denominazione più che in altre vale il concetto di “assaggiare prima di comprare”: come ogni minatore che si rispetti bisogna durare quel poco di fatica in più per essere sicuri di portare a casa una pepita d’oro e non un pezzetto di pirite.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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