Ed eccoci alla chiusura del “ciclo” langarolo con i Barolo 2016. Prima di tutto è doveroso ringraziare i produttori che ci hanno inviato i vini, quest’anno molto più che in passato. Un ringraziamento va anche al Consorzio Barolo, Barbaresco, Alba, Langhe e Dogliani, per il grande lavoro di raccolta e spedizione dei vini.
Dicevamo molti più Barolo che negli anni precedenti, visto che siamo arrivati quasi a 250 etichette, che sicuramente ci hanno permesso di fare un quadro preciso sulla vendemmia 2016.
Una vendemmia da tutti annunciata e presentata come eccezionale, del secolo, incredibile, grandissima e via di questo passo.
A noi non piace stare per forza fuori dal coro ma, dopo quasi 250 barolo degustati, anche facendo il confronto con annate precedenti come la 2015, non ci sentiamo di essere completamente d’accordo con l’esaltazione a prescindere di questa vendemmia.
Lasciando un attimo da parte i colori prendiamo in considerazione gli aromi: se nella 2015 c’erano tante spezie e fresche note floreali nel 2016 abbiamo trovato tanta frutta (e questo è un bene) ma spesso troppo matura (e questo non è un bene). L’uso del legno è sicuramente di alto profilo e permette alle gamme aromatiche balsamiche di presentarsi in prima fila, ma la mancanza in diversi vini delle caratteristiche note floreali, presenti anche in annate calde come, per esempio, la 2015 ci spiazza un po’.
Non siamo di fronte ad un’annata chiusa (tipo la 1996 definita “pronta mai”) ma ad una prevalenza, in vini comunque molto giovani, di note di frutta matura sul corredo floreale. Probabilmente l’invecchiamento cambierà le carte in tavola, ma per adesso molti vini non raggiungono quella finezza aromatica a cui i Barolo ci hanno abituato.
Veniamo al palato e anche su questo ci siamo trovati con qualche dubbio: ci aspettavamo (magari sbagliando) vista l’annata come si era declinata in altre denominazioni, una tannicità imponente, con tannini “da barolo”, magari ancora ruvidi e astringenti e invece ci siamo trovati di fronte spesso a vini con tannini non certo esuberanti, molto meno fitti e concentrati rispetto, per esempio, alla 2015. Naturalmente le eccezioni sono molte ma in generale questa “linearità tannica”, che in qualche caso confinava con una mancanza di peso al palato, è stata una delle caratteristiche principali in tanti vini degustati.
Sommando tutto ci troviamo a dire che ci saremmo aspettati vini magari più chiusi, magari “barolisticamente scontrosi” e invece abbiamo trovato vini abbastanza aperti grazie a gamme fruttate mature (spesso molto mature) e corpi non molto scolpiti, dove in diversi casi manca la proverbiale potenza e pienezza tannica del Barolo.
Sembra quasi una vendemmia pronta, ma la cosa ci stupisce perché i 2016 di altre zone dove le potenzialità di invecchiamento sono evidenti (i cugini del Barbaresco in primis) non sono certi prodotti pronti e immediati, anzi.
Detto questo i vini ottimi e/o grandi ci sono, eccome! Ben 37 (l’anno scorso erano meno di trenta!) Vini Top sono una cifra che spiega da sè la bontà di una vendemmia che però, ribadiamo, ha alcune caratteristiche che non ci convincono al 100%.
Giusto per dare un indicazione generale, se prendiamo proprio i 37 vini top notiamo che una bella fetta di quelli con i punteggi più alti proviene dai Comuni di Serrallunga e Castiglion Falletto, seguito a ruota da Monforte.
Generalmente i migliori risultati sono arrivati comunque da vigneti che, come minimo, di trovano sui 280-300 metri e anche questo è un dato interessante su come oramai i cambiamenti climatici possono influenzare più del terreno, anche (e forse soprattutto) nel territorio del Barolo.