Degustazione Barbera d’Asti, Barbera d’Asti Superiore e Nizza: strade molto diverse4 min read

Se l’importanza di una serie di degustazioni con relativi 3-4 giorni sul territorio si misurasse con il livello del colesterolo credo che quelle delle Barbera d’Asti (e del Nizza) si meriterebbero 5 stelle!

In effetti poche volte noi e i nostri fegati si sono sentiti così coccolati come nei tre giorni di degustazione presso il Consorzio Barbera d’Asti e vini del Monferrato, che oltre a 160 vini in degustazione ci hanno permesso di conoscere o riscoprire alcune  interessanti cantine, nonché frequentare una sfilza di locali uno meglio dell’altro. Il nostro ringraziamento al Consorzio, al Presidente e alla nostra mentore Valentina è quindi d’obbligo.

Adesso veniamo ai vini, cioè alle Barbera d’Asti, Barbera d’Asti Superiore e Nizza.

In particolare per le Barbera d’Asti e Superiore la prima cosa che, osservando i risultati, ci ha colpiti è che ogni anno questi due vini presentano  andamenti interessanti dal punto di vista qualitativo ma molto altalenanti: in altre parole in diverse cantine è facile trovare uno o più buoni vini ma è meno facile averne conferma,  anno dopo anno.

Se vogliamo andare più in profondità potremmo dire che in questo territorio, accanto ad un discreto numero di cantine che garantiscono qualità costante si trovano tante aziende, soprattutto piccole (ma non solo) che presentano risultati qualitativi molto altalenanti. Questa è sicuramente una palla al piede per questo ampio territorio che vuole e deve crescere, ma che ancora non riesce a trovare la chiave giusta per emergere.

Ma veniamo alle annate degustate di Barbera d’Asti DOCG: La 2020 è sicuramente piacevole e molto fruttata ma forse manca di un filino di freschezza, mentre andando indietro nel tempo dobbiamo confermare (come con le Barbera d’Alba) che in generale  la 2019 sta generando Barbera d’Asti importanti ma forse un po’ eccessive nell’estrazione, mentre la 2018 si dimostra più equilibrata e godibile, dotata di giusta freschezza e in media ci è sembrata meglio gestita dai produttori.

Anche se piano piano la situazione sta cambiando ci sentiamo di dire che per fare Barbera d’Asti (soprattutto Superiori)  migliori può servire  ANCHE (ma non l’ordina il dottore!) l’ uso del legno! Dobbiamo nuovamente mettere in evidenza quello che per noi è LA grande chance del territorio e cioè che la Barberà d’Asti ha innate caratteristiche di freschezza, piacevolezza, profondità e abbinabilità gastronomica, che purtroppo vengono poi in un buon numero di casi a mancare passando alla Barbera d’Asti Superiore. Questo accade non solo “grazie” al legno ma anche a vinificazioni  più estrattive, concentrazioni maggiori e magari invecchiamenti inutili e/o logoranti che tolgono in diversi casi alla Barbera le sue principali caratteristiche.

Anche quest’anno ci siamo trovati di fronte a tante Barbera d’Asti di grande piacevolezza e per niente semplici sia in bocca che al naso e, purtroppo, andando indietro con le annate,  a Barbera d’Asti Superiore (ma anche Barbera d’Asti… )  con nasi coperti, rotondità vanigliate forse eccessive e in generale squilibri che il tempo non è detto possa sanare. Per fortuna ci sono anche molte Barbera d’Asti Superiore dotate di freschezza e corpo e sicuramente ce ne sono di più rispetto a due-tre anni fa, però…

Però bisogna essere chiari: una denominazione che produce milioni di bottiglie, che vuole crescere e  si presenta sia in Italia sia all’estero deve avere un filo conduttore comune ben chiaro, una riconoscibilità tangibile. Questa c’è nella Barbera d’Asti giovane, ma poi si disperde in rivoli che non portano acqua al mulino della denominazione.

E’ difficile proporre contromisure adeguate ma se hai una bella carta da giocare giocala e credici fino in fondo. Inoltre, piccola annotazione forse  risibile, uno dei termini ormai più vecchi e superati del mondo del vino è “Superiore” ma il mondo della Barbera (anche d’Alba) sembra non accorgersene.

Veniamo adesso al Nizza, che trattiamo a parte perché è proprio un vino a parte anche nel nome, dove il vitigno è stato “dismesso” a vantaggio del territorio. In effetti la rotondità importante di alcuni vini, assieme alla presenza (meno invadente che in passato, bisogna dirlo!) del legno  rischia di nascondere un po’ le caratteristiche del vitigno. Rispetto anche allo scorso anno abbiamo trovato dei Nizza più pronti e con prezzi veramente interessanti. Qui si apre un nuovo capitolo per noi, perché se prima il Nizza da noi veniva visto solo come vino da lungo invecchiamento, alcuni vini degustati quest’anno aprono la via ad un Nizza che, per prezzo e caratteristiche (legno molto ben dosato) diventa anche un prodotto da consumo nei 2-4 anni dalla vendemmia. Uno sviluppo interessante per questa tipologia.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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