Cosa e come dovrebbe essere la retroetichetta?1 min read

Qualche ora fa ho messo su Facebook la foto di una retroetichetta abbastanza particolare, che ha suscitato molti commenti, anche divertiti e divertenti.

E’ quella che trovate qua sotto.

Subito dopo però mi è venuto da pensare al concetto stesso di retroetichetta: a cosa serve o dovrebbe servire, cosa dovrebbe riportare o non riportare, se è utile oppure no.

Credo vi siano mille modi di intenderla ma fondamentalmente, stringi stringi, si arriva ad un ristretto numero di opzioni: chi la usa solo per inserire dati che non entrano nella sua etichetta, chi per  comunicare cose generiche di facile comprensione e utilizzo specie per i non esperti (colore paglierino brillante, profumi di frutta matura, fresco, adatto ai piatti di carne bianca etc), chi vi inserisce dati importanti, ma utilizzabili e “digeribili” forse solo da esperti,  per la comprensione del vino (come le due che pubblico sotto) e chi, come il produttore sardo qua sopra, vuole usarla per presentare la sua azienda in maniera aulica e poetica, cercando di toccare altre corde.

 

Non mi metto a sindacare qui sui contenuti che possono piacere o meno ma solo sul ruolo di questo, per me,  strumento importante di comunicazione e per farlo mi rivolgo a voi lettori, a voi produttori, ristoratori, enotecari, PR etc chiedendovi “Cosa e come  dovrebbe essere la retroetichetta?

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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