Qualche ora fa ho messo su Facebook la foto di una retroetichetta abbastanza particolare, che ha suscitato molti commenti, anche divertiti e divertenti.
E’ quella che trovate qua sotto.
Subito dopo però mi è venuto da pensare al concetto stesso di retroetichetta: a cosa serve o dovrebbe servire, cosa dovrebbe riportare o non riportare, se è utile oppure no.
Credo vi siano mille modi di intenderla ma fondamentalmente, stringi stringi, si arriva ad un ristretto numero di opzioni: chi la usa solo per inserire dati che non entrano nella sua etichetta, chi per comunicare cose generiche di facile comprensione e utilizzo specie per i non esperti (colore paglierino brillante, profumi di frutta matura, fresco, adatto ai piatti di carne bianca etc), chi vi inserisce dati importanti, ma utilizzabili e “digeribili” forse solo da esperti, per la comprensione del vino (come le due che pubblico sotto) e chi, come il produttore sardo qua sopra, vuole usarla per presentare la sua azienda in maniera aulica e poetica, cercando di toccare altre corde.
Non mi metto a sindacare qui sui contenuti che possono piacere o meno ma solo sul ruolo di questo, per me, strumento importante di comunicazione e per farlo mi rivolgo a voi lettori, a voi produttori, ristoratori, enotecari, PR etc chiedendovi “Cosa e come dovrebbe essere la retroetichetta?