“Se la cantano e se la suonano”, da soli. Questa colorita espressione, diffusa in quasi tutta l’Italia, sta a indicare l’arte di costruire un pensiero (opinione, cosa, tendenza) esaltarlo, adorarlo e coccolarlo per poi, d’improvviso, fare marcia indietro al grido: “Contrordine compagni!” di guareschiana memoria. Senza che, peraltro, la maggioranza delle persone si sia mai accorta di nulla e si sia mai appassionata alla “scottante” questione di turno.
Accade anche nel mondo del vino e della gastronomia/ristorazione. Siete sopravvissuti senza uova di Parisi? Senza mai aver avuto desiderio di “aria di basilico” o di fettuccine con le seppie disidratate nell’impasto? Non avete mai avvertito un senso di profonda frustrazione per non avere in casa una bombola d’azoto liquido o almeno qualche attrezzo per creare “nuvole di porcini” senza funghi né boschi in casa? Non vi siete indebitati per comprare una macchina del sottovuoto che vi avrebbe fatto saltare la corrente ogni volta o per pagare un conto di 250 euro al ristorante “top/in” proferendo la frase fatidica – …bè, ci ha trattato da amici, non ha messo in conto il caffè… -? Ebbene, assolvetevi! Il mondo dei “gastrofichi” sta facendo marcia indietro e qualcuno ha ammesso (in gran segreto) di cominciare ad apprezzare un pollo ruspante con le patate di montagna: introvabile oramai più delle molecole di “bomboloni riminesi alla crema degli anni ‘60”.
Anche alcuni “profeti del vino”, improvvisamente, si sono svegliati tutti sudaticci e spiritati nel cuore della notte urlando: ”Non tutto è buono! Ora vi dico io cosa non dovete più bere!”. Tornando poi a dormire il sonno turbolento e pesante di chi ha mangiato troppi peperoni la sera prima.
Poco importa che la maggior parte degli appassionati non abbia mai trovato alcun interesse per le “espressioni enoiche (sic)” non più rientranti nelle grazie del maître à penser di turno. E giù gli elenchi dei vini da non comprare più. Frizzantini tipo champenoise che sonnecchiano sui lieviti per anni, spesso senza mai risvegliarsi dal coma. Novelli italiani e Beaujolais Noveau a prezzi da saldo e rossi “turbo modernisti”, infanti già vecchi, profumati di lacca per capelli e gin gomma. Vini imbottigliati “conto terzi” con nomi di fantasia e bianchi invecchiati ed evoluti in tost(at)issime barriques di rovere di Slavonia per decenni senza che ve ne fosse la benché minima ragione. Cuginetti italici dei Sauternes che se ne bevete uno a fine pasto vi addormentate prima del conto: da intossicazione più che da meditazione e i Franciacorta che costano più di un grande Champagne…
L’elenco potrebbe continuare a lungo. Insomma, cari appassionati, quello che non avete mai comprato e solo qualche volta bevuto, ora potete continuare a non comprarlo più. Con la benedizione, però, del Ghota enoico/enologico. E’ arrivato il contrordine, compagni! Alleluia!