Clos Regain Sec 2022: il Jurançon che non ti aspetti3 min read

Il Jurançon, situato nel sud-ovest della Francia, ai piedi dei Pirenei nella regione della Nouvelle-Aquitaine, è una delle zone vinicole più suggestive e al tempo stesso meno conosciute del Paese. La coltivazione della vite risale all’epoca romana, ma fu nel Medioevo, grazie al lavoro dei monaci benedettini, che la produzione vinicola assunse maggiore rilevanza.

La fama del Jurançon si consolidò nel 1553, quando il vino fu usato durante il battesimo per bagnare le labbra del neonato Enrico di Borbone, futuro Enrico IV re di Francia: un gesto simbolico che gli valse l’appellativo di “vin royal”. Da allora, il Jurançon divenne simbolo di prestigio, molto apprezzato nelle corti nobiliari francesi.

Oggi il Jurançon è una zona vinicola che continua a distinguersi per la qualità dei suoi vini, grazie all’unicità del suo territorio situato attorno alla città di Pau, favorito da un microclima ideale dovuto alla protezione dei Pirenei e all’influenza del fiume Gave de Pau. I suoli variegati — marne, argille e calcari — donano ai vini una marcata mineralità, mentre le forti escursioni termiche tra giorno e notte favoriscono una perfetta maturazione delle uve.

La maggiore particolarità del Jurançon è la sua capacità di produrre sia vini secchi che dolci, anche se la denominazione sia maggiormente conosciuta per questi ultimi. Il segreto della sua unicità risiede nei vitigni impiegati, tra i quali spiccano senza dubbio il Petit Manseng e il Gros Manseng (in misura minore troviamo anche Courbu Blanc, Petit Courbu, Camaralet de Lasseube e Lauzet), tutti caratterizzati da una spiccata aromaticità e da un’acidità che dona freschezza al vino.

Il Petit Manseng, in particolare, è il vitigno che meglio rappresenta l’identità della denominazione, ed è utilizzato per la produzione di grandi vini da vendemmia tardiva grazie al suo grappolo spargolo e alle particolarissime condizioni climatiche della zona, che impediscono lo sviluppo di muffe sugli acini. I forti venti che soffiano dai Pirenei fino alla valle permettono infatti un lento appassimento in pianta (passerillage), un fenomeno raro in altre aree vitivinicole.

Clos Regain e un suo vigneto

Qualche tempo fa ho scoperto grazie all’enologo Julien Seigneurie e alle dritte del mitico Guido Invernizzi i vini della cantina Clos Regain, fondata da Michel Boutin, un canadese originario del Quebec che, innamoratosi del territorio, decise di trasferirsi nel Jurançon con l’intenzione di creare una cantina capace di produrre vini tanto tradizionali quanto contemporanei.

Se da una parte sono rimasto sbalordito per l’equilibrio sopraffino dei vini dolci di Clos Regain – cosa tutt’altro che scontata quando c’è una bella percentuale di zucchero residuo in gioco – il mio coup de cœur è andato senza dubbio al Clos Regain Sec 2022, che, grazie a un sapiente assemblaggio tra Petit Manseng e Gros Manseng, dona al vino un sorprendente equilibrio di sapori e una personalità davvero travolgente. Il naso, infatti, è di straordinaria territorialità ed esprime una girandola di profumi che spaziano dal tiglio alla pesca percoca fino ad arrivare alle erbe aromatiche, agli agrumi e alla pietra focaia. Il tutto in un quadro di leggiadra armonia. Al sorso è sostanzioso ma, al tempo stesso, ha una trama perfettamente bilanciata, espressa da una pingue morbidezza sostenuta da un’acidità affilatissima. Chiude il quadro gustativo un finale minerale decisamente interessante, così come il rapporto qualità/prezzo di questo vino che, se riuscirete a trovarlo, vi lascerà senza parole.

Nota tecnica: vino vinificato in acciaio inox. Dopo la fermentazione, il vino viene lasciato a riposare sulle fecce fini per qualche mese e sottoposto a regolari bâtonnage.

Andrea Petrini

Andrea Petrini, il “giovin fanciullo” del gruppo. Il suo giornale online è Percorsi di vino.


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