Cinque motivi per non fare il cameriere3 min read

Mio padre ha sempre fatto il cameriere e ricordo i racconti che faceva, talvolta con ironia talvolta con stanchezza, circa le esigenze, l’arroganza e la maleducazione di alcuni clienti del ristorante dove lavorava a Viareggio (Tito del Molo n.d.r.). Il locale oggi è una rustica trattoria, ma all’epoca era “à la page” molto elegante, quindi in teoria frequentato da gente “di livello”.

 

Ma l’alto livello spesso era solo nel conto in banca perché si sa che molti soldi non sono necessariamente sinonimo di molta educazione. Anzi, qualcuno pensa che siccome ha i soldi può permettersi di trattare i camerieri non come “servitori” ma proprio come ”servi”, nell’accezione più negativa del termine.

Sono praticamente cresciuta dietro le quinte di quel ristorante, avendoci per un periodo lavorato anche mia madre. A mia volta ho fatto la cameriera per qualche stagione estiva, verificando sul campo la cafonaggine quasi impensabile di certi  avventori.  Purtroppo ne ho avuto conferma sia quando ho gestito un circolo dove era possibile fare spuntini (che dello spuntino avevano solo il nome), sia in giro per ristoranti come sommelier, sia quando da cliente mi è capitato di notarla.

E pochi giorni fa, dando una mano per Pasqua ad un amico ristoratore ho avuto l’ennesima conferma. Così, per riderci sopra, ho pensato di fare una specie di classifica e ho scelto cinque cose tipiche del cafone (solo italiano?) a ristorante, anche se la lista potrebbe essere molto più lunga.  

1) Quelli che vanno ad un pranzo a menù fisso e vogliono 8 variazioni o personalizzazioni su tutte le portate… o addirittura "Si potrebbe avere qualcos’altro al posto di questo che non mi piace?"
Ora, dico io, passi l’allergico che rischia la salute,  ma se non ti piace niente di quello che è sul menù fisso (che ben conosci perché pubblicizzato) o te ne stai a casa o vai dove fanno menù alla carta, o quantomeno chiedi subito (possibilmente al momento della prenotazione) se è possibile avere un menù alternativo.

2) Quelli che, con i cani al guinzaglio, (tenuti sotto il tavolo ma col guinzaglio lungo ché se no poverini soffrono)  rischiano ogni volta di far cadere te e i piatti  che porti, facendoti  inciampare una volta nel guinzaglio, una volta nel cane sdraiato a pelle d’orso, un’altra nella coda… (coda che poi alla fine domenica ho pestato… non l’ho fatto apposta e mi dispiace per il cane ma di certo non per la padrona scema che non capisce come il cane, anche se lo consideri un membro della famiglia, soffrirebbe meno rimanendo solo a casa che sotto un tavolo nella bolgia di un ristorante).

3) Quelli che hanno bambini  senza guinzaglio scorrazzanti per tutta la sala e che rischiano di farti inciampare ogni 3 per 2 esattamente come i cani; fortunatamente i bambini non hanno la coda e quindi almeno non li pesti (e ovviamente odii  i genitori che non li controllano, non i bambini che giustamente sono vivaci per default) .

4) Quelli che arrivando con solo tre piatti (non essendo la dea Kalì) quando ancora hai 2 dei 3 piatti in mano "Siamo in 8 ne mancano 5!" – caxxo mi dai il tempo?-  o mentre li porgi prima alle signore, essendo a loro sconosciuto il galateo,  ti dicono "Perchè mi ha saltato?"

5) Infine quelli che sono in 18, prendono il caffè in 15 ma ci pensano tutti dopo, quindi ti ordinano uno o due caffè alla volta facendoti fare chilometri e riescono anche ad arrivare, su 15 caffè ordinati a 27 varianti: basso, alto, al vetro, macchiato caldo, macchiato freddo, corretto…. basso al vetro e corretto, alto macchiato e in tazza grande… e via dicendo, roba che quando qualcuno ti chiede un caffè, semplicemente un caffè, rimani stupita.

 

Se poi quando lo porti ti ringrazia pure pensi che provenga da un altro pianeta.

Tiziana Baldassarri

Ho due grandi passioni: il mare ed il vino. La prima mi fa vivere, la seconda gioire. Dopo il diploma di aspirante al comando di navi mercantili ho lavorato nella nautica sia in terra che in mare per poi approdare a scuola, dove sono assistente tecnico mentre dopo il diploma di sommelier ho partecipato attivamente alla vita di FISAR  facendo servizi, curandone i corsi come direttore e ricoprendo cariche istituzionali.

Ma la sublimazione assoluta della passione enologica è arrivata con l’arruolamento nell’esercito di winesurf dove degusto divertendomi  e mi diverto degustando, condividendo sia con gli altri “surfisti” sia con coloro che ci seguono, le onde emozionali del piacere sensoriale.


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