Cinquant’ anni di storia a Monsanto3 min read

Le celebrazioni per i cinquant’anni  di Monsanto, storica cantina chiantigiana che Fabrizio Bianchi e la sua famiglia hanno fatto arrivare a livelli altissimi, mi rimarranno sicuramente impressi nella memoria.

Talmente impresse che questo articolo deve essere scritto in due parti. La prima riguarda infatti la degustazione di dieci annate che si è svolta sabato 30 giugno sfidando il caldo torrido di una Firenze immersa in una vasca di calore a quasi 40°. La seconda, che verrà partorita tra almeno 24 ore parlerà della cena di gala del 1° luglio alle 20.30, cioè in contemporanea con la finale degli Europei di calcio. Non nascondo che questa seconda parte potrà avvenire solo grazie a due maxischermi che la famiglia Bianchi ha pensato bene di far piazzare.

Ma veniamo a quanto è già successo, che non è assolutamente poco. Nonostante il caldo fiorentino i palazzi storici del centro reggono benissimo botta e così all’interno delle stupende stanze del Palazzo Lotteringhi della Stufa (sic…non bastavano 40°) abbiamo avuto il piacere di degustare 10 annate della storia di Monsanto viste attraverso il vigneto Il Poggio, da sempre punto di riferimento per chi ama il Chianti Classico Riserva.In campo 1962,1968,1974,1979,1985,1988,1995,1999,2001,2008.

Magari avrete già letto i commenti di molti dei colleghi presenti e quindi credo di dire cose non certo nuove ma…..come non farlo. Per prima cosa bisogna rilevare l’assoluto livello qualitativo dei vini: tutti veramente eccezionali e da bersi con gioia.

Ma la storia tracciata in quelle 10 bottiglie deve far andare oltre. Come non pensare al 1962 e al 1968 come vini veramente di un’altra era: acidità ancora fortemente marcate e marcanti, nasi comunque complessi e cangianti, magari aiutati dalle botti di castagno che allora erano di uso comune. Gustando questi due vini, assolutamente perfetti, era come sedersi ad ascoltare il racconto del nonno su cose che non esistono più.

I vini degli anni settanta (1974 e 1979) erano invece ottimi figli di un decennio difficile, segnato dal definitivo abbandono della mezzadria, dalla fuga dalle campagne e dai nuovi impianti fatti “più per il trattore che per il vigneto”.

Come il 1985 ed il 1988 erano perfette espressioni di un periodo di rinascita, con le prime grandi annate riconosciute in tutto il mondo, con maturazioni dove la componente fenolica cominciava ad avere il suo ruolo, con aumento delle gradazioni e abbassamento dell’acidità. Vini più rotondi e “moderni” che aprivano la strada a quelli veramente moderni degli anni novanta (1995-1999) con nasi molto ampi dove il legno era presente ma ben dosato e la carica tannica era, specie nel 1999 profonda, austera e potente. La carrellata si concludeva con gli anni 2000 (2001-2008) logico sviluppo di un’azienda Storica con la S stramaiuscola.

Come accennato le celebrazioni si sono poi concluse a Monsanto durante la “tristissima” serata del 1° luglio, vissuta anche davanti a due schermi giganti che non portavano certo buone notizie. Le belle notizie erano invece quelle che avevi girando per la loro bellissima cantina, dove le vecchie annate sono custodite con amore, lo stesso amore che Fabrizio Bianchi e la sua meravigliosa e ampia famiglia mettono nel fare il vino.

Anche se eravamo tutti tristi per l’Italia l’atmosfera di Monsanto, la sua villa, le sue cantine, i suoi prati e ovviamente le sue vigne ed i suoi vini ci hanno coccolato fino a notte fonda.

Appuntamento per i 100 anni di Monsanto!

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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