Non ho mai avuto la fortuna di conoscere di persona Giorgio Grai, morto stamani alla quasi veneranda età di 89 anni, ma ho incrociato spesso il suo lavoro e persone che hanno avuto la fortuna di collaborare con lui. Così mi sono fatto, anno dopo anno, un idea di questo distinto e quasi austero signore che, mi dicevano, aveva la verve e la curiosità di un ragazzino, la stoffa e la giusta alterigia (per difendersi dai tempi che corrono, ho sempre ipotizzato) di un signore di altri tempi.
Anche perché era effettivamente di altri tempi e con lui se ne va una fetta importante della storia enologica di questo paese. Se non sbaglio un altro personaggio importante che ci ha lasciati da poco come Gianfranco Soldera diceva che poteva ascoltare e imparare qualcosa solo da due persone, Giulio Gambelli e Giorgio Grai e questo la dice lunga sulla statura enologica dell’uomo.
Avrei dovuto dare retta Jessica Poier quando stava per organizzarmi un incontro con lui, invece l’ho fatto rimandare perché non avevo abbastanza tempo. Oggi il tempo è finito e io mi sento uno stupido perché sarebbe stato sicuramente un incontro da cui avrei imparato tanto.
Oggi questo signore ci ha lasciati e, oltre al dispiacere, credo che venga a mancare uno di quei punti da cui passano le rette della vita. Avere un Giorgio Grai che poteva assaggiare e parlarti di un vino ti dava sicurezza e quindi, da oggi, abbiamo tutti meno certezze.
Spero che il posto dove si trova adesso, caro Giorgio, sia migliore di quello che ha lasciato