Chianti Classico: nasce il “Clante”, almeno spero4 min read

Leggo un comunicato del Consorzio Chianti Classico in cui si presenta un’interessante novità, forse ispirata dal vecchio detto non c’è due senza tre.

Infatti se fino a ieri esistevano solo il Chianti Classico di Annata e la Riserva, prossimamente entrerà in pista anche una  terza tipologia, che così viene presentata dal Consorzio.

"In questa nuova tipologia rientreranno solo i vini integralmente prodotti in azienda che quindi non si avvarranno in nessuna percentuale di uve o vini prodotti da altre cantine. Per quanto riguarda il periodo di invecchiamento questa nuova categoria di Chianti Classico potrà essere immessa sul mercato solo dopo 30 mesi successivi alla vendemmia, di cui tre di affinamento in bottiglia.”

Considerando che la Riserva deve avere un invecchiamento minimo di 24 mesi, mi sembra di capire che questo vino andrà a posizionarsi come “top di gamma” della denominazione.

Leggendo queste parole mi è venuto il dubbio di essere schizofrenico. Infatti il mio alter ego, discreto conoscitore del territorio e della denominazione, mi suggerisce una bella fetta di Chianti Classico che già da anni, magari con tanto di riferimento in etichetta, fanno virtualmente parte di questa tipologia appena creata.

Riflettendo un attimo però l’inghippo viene subito fuori. I produttori chiantigiani si sono ispirati proprio a questo gruppo di Chianti Classico. In effetti le cosiddette “selezioni” o “single vineyard”  stanno comunque già rappresentando la denominazione e mi sembra quindi giusto “regolarizzarle”.

Quello che mi fa pensare è il fatto che, ponendole come vini con il più lungo invecchiamento della denominazione, automaticamente verranno considerate come i più importanti del gruppo.  Infatti quando si parla di vini più importanti si intende quelli più strutturati e/o longevi. Due domande allora.

 

1. La Riserva cosa diventa?
2. E’ giusto cercare di vestire un Chianti Classico, vino non certo muscolare, con i panni di un Barolo o di un Brunello, facendolo passare per un Superchianticlassico?

Alla prima domanda non posso che rispondere intonando un canto funebre per la tipologia Riserva che, già schiacciata tra l’annata,  il Supertuscan aziendale e magari la già presente “Selezione” (non ufficializzata), andrà praticamente a scomparire o comunque ad assumere un ruolo nettamente defilato.

Non che mi venga da piangere lacrime amare per questo. Da tempo la tipologia viveva una vita di fraintendimenti, dove in teoria era il vino più importante della denominazione, mentre in pratica era relegato al terzo-quarto posto del ranking di ogni singola azienda. Se questo è quindi il primo passo per far sparire la riserva (anche dal punto di vita del nome il termine “riserva” ha sempre meno appeal mondiale) lo accolgo con piacere.

 

Sul secondo punto, come capite, ho  più dubbi. Va bene dare una più precisa connotazione ad una tipologia di Chianti Classico che, in mancanza di una classificazione borgogna-style impossibile da realizzare “hic et nunc”, diventa un modo abbastanza semplice per legare sempre più vino e territorio, ma porlo dal punto di vista del disciplinare come il vino con il maggior invecchiamento mi sembra fuorviante. Infatti, come accennato, di solito si concede più invecchiamento ai vini più potenti e muscolari, mentre il Chianti Classico è un vino, storicamente e praticamente, non certo palestrato.  Non voglio nemmeno immaginare che questa nuova tipologia sia invece proprio la strada per puntare direttamente verso un chiantone classicone che veste i panni non certo suoi di Barolo e Brunello. Sarebbe la strada peggiore da percorrere in futuro.

Conosco però Marco Pallanti, il Presidente del Consorzio,  e non credo che avrebbe mai avallato una scelta del genere. Comunque, per evitare a priori questa possibile deriva, forse sarebbe bastato dargli il solito tempo di invecchiamento della Riserva, presentandolo quindi  come vera e credibile alternativa improntata solo sul “terroir” .

Devo essere proprio schizofrenico perché  il mio alter ego mi suggerisce addirittura che, alla fine dei salmi, per risolvere buona parte di questo problema la cosa più importante sarà trovargli il nome giusto. Come sicuramente buona parte del successo del Satén in Franciacorta sta proprio nel nome, evocativo e molto aderente alla tipologia, così penso sarà per questa nuova tipologia di Chianti Classico.

Quindi creativi di tutto il mondo, avanti coi carri e coi nomi!

Su due piedi suggerisco (per le royalty ci mettiamo d’accordo..) “Clante”; potrebbe riuscire ad unire il vecchio nome del Chianti e quindi la forte territorialità, con il concetto di “elegante” da sempre presente nel Sangiovese chiantigiano.

E voi avete nomi da proporre?

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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0 responses to “Chianti Classico: nasce il “Clante”, almeno spero4 min read

  1. Per la serie: “se non é rotto non lo aggiustare”.
    Su tutti gli aspetti su cui si poteva intervenire (produzione, rese, zonazione, composizione serie e piຠsevere delle commissioni DOCG, controlli su i punti di vendita) si´e scelto di intervenire sulla classificazione: in sostanza, direi, sulla…. “forma”.
    E quindi aumentando la confusione ed il rumore di fondo con tutto(s)vantaggio del consumatore finale cui si fornisce ancora un nome – quello che sarà¡ – su cui doversi tenere informato con tutto quello che comporta di confusione, costi di comunicazione, “ma no guardi che il mio é un….”
    Mah, invece un bel “keep it simple” no ??

  2. Faccio parte di quelli che hanno votato contro queste modifiche e credo utile dire due cose in più.Il CDA ha deciso di discutere a porte chiuse,e solo dopo forti pressioni ed una assemblea il 30 marzo dove a gran voce molti soci hanno chiesto di non votare le modifiche proposte,ci sono state riunioni di approfondimento che hanno portato a varie modifiche delle proposte originarie.Visto però che il CDA è a fine mandato hanno voluto in tutti i modi chiudere con un risultato,interrompendo cosଠun porocesso molto positivo in cui per la prima volta da decenni i soci stavano discutendo seriamente e approfonditamente del futuro della denominazione.Il risultato è ambiguo.La categoria TOP danneggia la riserva,e per me discrimina i viticoltori,costringendoli a imbottigliare comunque se vogliono che le loro uve rientrino al vertice della categoria.E comunque si interviene aggiungendo una nuova categoria al vertice senza intervenire sulla base della piramide con zonazione,denominazioni comunali e altro.La fretta ha partorito gattini ciechi. Ci sarà  ancora molto da lavorare per un vero rilancio del CC, che ne ha bisogno.La dirigenza attuale e molti soci contano sul rilancio del Gallo Nero, dopo il restyling e il posizionamento obbligatorio sul collo staccato dalla fascetta.Credo che bisognerebbe parlare molto più del nostro territorio,delle sue differenze,chiarendo che non c’è un chianti classico,ma molti e diversi.Questo potrebbe rendere più interessante e leggibile quello che si fa.

  3. Sinceramente speravo e credevo ci fosse stata più condivisione, specie per una cosa come questa che va a toccare corde e equilibri delicati. Forse sperare in un riassetto generale della denominazione è abbastanza utopistico ma non riesco, alla fin fine, a non pormi la domanda di Carlo Merolli. “Non se ne poteva proprio fare a meno?

  4. Purtroppo è prevalsa la cultura poco partecipativa che domina l’istituzione. Il CDA non ha voluto fino all’ultimo allargare il dibattito ai soci volendo arrivare con una proposta compiuta. C’è stata anche la volontà  che il dibattito non uscisse dai confini del CC e non finisse sulla stampa prima di una definizione. Per me è l’esatto contrario: la questione dovrebbe essere discussa anche con giornalisti e trade. Di positivo c’è che si è messo in moto un meccanismo partecipativo dal basso che spero continuerà , e che con il nuovo CDA si possa andare avanti e migliorare quello che è stato fatto finora.

  5. Carlo, condivido il tuo timore che questa terza tipologia finisca per identificare dei SuperChiantiClassico, e mi viene da pensare che voglia offrire un ovile deluxe per le ambiziose pecorelle smarrite nella designazione IGT come Flaccianello, Cepparello ecc. Il rischio, come dici tu, è di cementare l’equivoco secondo il quale il top della qualità  chiantigiana è rappresentato dall’unione di territorialità  e struttura, due aspetti che dovrebbero essere compresi e valorizzati con strumenti diversi. Trovo particolarmente illuminante e condivisibile l’intervento di Roberto Stucchi, in particolare nell’auspicio finale sulla valorizzazione della poliedrica territorialità  del Chianti Classico. Se si vogliono aggiungere nuove designazioni e tipologie alla denominazione “Chianti Classico”, bisognerebbe dare priorità  alla comunicazione e valorizzazione delle diverse identità  territoriali. Un vino di Lamole e uno di Pianella interpretano le note del disciplinare del Chianti Classico su ottave diverse, e sarebbe bello se il consumatore avesse gli strumenti per comprendere la differenza e compiere una scelta d’acquisto consapevole. Il nome Clante mi piace, vorrei solo che venisse associato a un progetto sensato e realmente utile.

  6. Ho partecipato a numerose riunioni della base sociale appena i Soci hanno avuto notizia delle intenzioni del Riassetto (ma anche ad altre in precedenza…). Per fortuna l’originaria proposta di un mese fà  è stata rimandata e l’altro giorno corretta e votata.
    Questa la mia riflessione:
    -la partecipazione dei Soci è il miglior investimento per la crescita e valorizazione della denominazione
    -ho ascoltato tantissime argomentazioni e tutte validissime, se prese singolarmente.
    Il problema è riuscire a fare una sintesi: avete presente una riunione condominiale con qualche centinaio di “teste”? Ecco, l’atmosfera spesso è la solita, ognuno la pensa diversamente…
    -se vogliamo guardare il lato positivo è che lunedଠci sarà  il rinnovo del CdA del Consorzio e che i nomi che andranno ad essere eletti dovranno bene o male continuare il riassetto, iniziato nel modo come Carlo ha descritto e Roberto puntualizzato
    -Speriamo proprio che i prossimi tre anni, ma spero molto meno, servino per approfondire e decidere nel merito di moltissimi aspetti (valorizzazione sangiovese 100%, possibilità  di rientro di Malvasia e Trebbiano, Menzioni Comunali, Zonazioni, ecc.) altrimenti sarà  un gran casino.
    Ricordo che la denominazione Chianti Classico, in Toscana, è quella che sta soffrendo di più e da più lungo tempo. Peccato.

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