Leggo un comunicato del Consorzio Chianti Classico in cui si presenta un’interessante novità, forse ispirata dal vecchio detto non c’è due senza tre.
Infatti se fino a ieri esistevano solo il Chianti Classico di Annata e la Riserva, prossimamente entrerà in pista anche una terza tipologia, che così viene presentata dal Consorzio.
"In questa nuova tipologia rientreranno solo i vini integralmente prodotti in azienda che quindi non si avvarranno in nessuna percentuale di uve o vini prodotti da altre cantine. Per quanto riguarda il periodo di invecchiamento questa nuova categoria di Chianti Classico potrà essere immessa sul mercato solo dopo 30 mesi successivi alla vendemmia, di cui tre di affinamento in bottiglia.”
Considerando che la Riserva deve avere un invecchiamento minimo di 24 mesi, mi sembra di capire che questo vino andrà a posizionarsi come “top di gamma” della denominazione.
Leggendo queste parole mi è venuto il dubbio di essere schizofrenico. Infatti il mio alter ego, discreto conoscitore del territorio e della denominazione, mi suggerisce una bella fetta di Chianti Classico che già da anni, magari con tanto di riferimento in etichetta, fanno virtualmente parte di questa tipologia appena creata.
Riflettendo un attimo però l’inghippo viene subito fuori. I produttori chiantigiani si sono ispirati proprio a questo gruppo di Chianti Classico. In effetti le cosiddette “selezioni” o “single vineyard” stanno comunque già rappresentando la denominazione e mi sembra quindi giusto “regolarizzarle”.
Quello che mi fa pensare è il fatto che, ponendole come vini con il più lungo invecchiamento della denominazione, automaticamente verranno considerate come i più importanti del gruppo. Infatti quando si parla di vini più importanti si intende quelli più strutturati e/o longevi. Due domande allora.
1. La Riserva cosa diventa?
2. E’ giusto cercare di vestire un Chianti Classico, vino non certo muscolare, con i panni di un Barolo o di un Brunello, facendolo passare per un Superchianticlassico?
Alla prima domanda non posso che rispondere intonando un canto funebre per la tipologia Riserva che, già schiacciata tra l’annata, il Supertuscan aziendale e magari la già presente “Selezione” (non ufficializzata), andrà praticamente a scomparire o comunque ad assumere un ruolo nettamente defilato.
Non che mi venga da piangere lacrime amare per questo. Da tempo la tipologia viveva una vita di fraintendimenti, dove in teoria era il vino più importante della denominazione, mentre in pratica era relegato al terzo-quarto posto del ranking di ogni singola azienda. Se questo è quindi il primo passo per far sparire la riserva (anche dal punto di vita del nome il termine “riserva” ha sempre meno appeal mondiale) lo accolgo con piacere.
Sul secondo punto, come capite, ho più dubbi. Va bene dare una più precisa connotazione ad una tipologia di Chianti Classico che, in mancanza di una classificazione borgogna-style impossibile da realizzare “hic et nunc”, diventa un modo abbastanza semplice per legare sempre più vino e territorio, ma porlo dal punto di vista del disciplinare come il vino con il maggior invecchiamento mi sembra fuorviante. Infatti, come accennato, di solito si concede più invecchiamento ai vini più potenti e muscolari, mentre il Chianti Classico è un vino, storicamente e praticamente, non certo palestrato. Non voglio nemmeno immaginare che questa nuova tipologia sia invece proprio la strada per puntare direttamente verso un chiantone classicone che veste i panni non certo suoi di Barolo e Brunello. Sarebbe la strada peggiore da percorrere in futuro.
Conosco però Marco Pallanti, il Presidente del Consorzio, e non credo che avrebbe mai avallato una scelta del genere. Comunque, per evitare a priori questa possibile deriva, forse sarebbe bastato dargli il solito tempo di invecchiamento della Riserva, presentandolo quindi come vera e credibile alternativa improntata solo sul “terroir” .
Devo essere proprio schizofrenico perché il mio alter ego mi suggerisce addirittura che, alla fine dei salmi, per risolvere buona parte di questo problema la cosa più importante sarà trovargli il nome giusto. Come sicuramente buona parte del successo del Satén in Franciacorta sta proprio nel nome, evocativo e molto aderente alla tipologia, così penso sarà per questa nuova tipologia di Chianti Classico.
Quindi creativi di tutto il mondo, avanti coi carri e coi nomi!
Su due piedi suggerisco (per le royalty ci mettiamo d’accordo..) “Clante”; potrebbe riuscire ad unire il vecchio nome del Chianti e quindi la forte territorialità, con il concetto di “elegante” da sempre presente nel Sangiovese chiantigiano.
E voi avete nomi da proporre?