Chi valuta i valutatori?2 min read

Periodicamente l’argomento torna alla ribalta: quanto sono attendibili e affidabili gli assaggiatori?

Questa volta è Dario Bressanini a insinuare qualche dubbio con un articolo pubblicato su Le Scienze di aprile dal titolo “La variabile dell’assaggiatore”, raccontandoci di una ricerca pubblicata da Robert T. Hodgson, professore emerito di statistica alla Humboldt State University in California, oltre che produttore di vino.

 

E proprio in quanto produttore Hodgson si chiedeva come mai il suo vino in  alcuni concorsi ottenesse il massimo e in altri venisse scartato al primo assaggio. Pur consapevole che i margini di errore sono superiori quando lo strumento di misura è un essere umano (l’esperto assaggiatore), Hodgson decide di studiare il fenomeno utilizzando i metodi statistici provenienti dalla sua attività accademica.

 

Così l’”enostudioso” ha misurato la cosiddetta consistenza dei giudici ovvero la capacità di replicare il giudizio assaggiando alla cieca lo stesso vino, inserendo in un panel di  trenta vini alcuni vini uguali in triplice copia, verificando così la capacità degli assaggiatori di riconoscere lo stesso vino.

 

I risultati non sono stati molto incoraggianti. Solo un giudice su dieci è stato sempre consistente replicando tutti i giudizi con una deviazione massima di due punti sui venti disponibili, mentre un altro 10 per cento dei giudici ha variato di 12 punti il giudizio sullo stesso vino; la media è stata di 4 punti.

 

Del resto anche due ricercatori australiani hanno ottenuto risultati sostanzialmente simili, evidenziando inoltre che gli esperti assaggiatori hanno mostrato molta più coerenza nella valutazione dei vini rossi rispetto ai bianchi.

Vogliamo provare alla prossima Enocup?

 

                                                                                 

Fabrizio Calastri

Nomen omen: mi occupo di vino per rispetto delle tradizioni di famiglia. La calastra è infatti la trave di sostegno per la fila delle botti o anche il tavolone che si mette sopra la vinaccia nel torchio o nella pressa e su cui preme la vite. E per mantener fede al nome che si sono guadagnato i miei antenati, nei miei oltre sessant’anni di vita più di quaranta (salvo qualche intervallo per far respirare il fegato) li ho passati prestando particolare attenzione al mondo del vino e dell’enogastronomia, anche se dal punto di vista professionale mi occupo di tutt’altro. Dopo qualche sodalizio enoico post-adolescenziale, nel 1988 ho dato vita alla Condotta Arcigola Slow Food di Volterra della quale sono stato il fiduciario per circa vent’anni. L’approdo a winesurf è stato assolutamente indolore.


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