Che fare se non il faro?4 min read

Un giornale online dove si trovano giornalmente spunti importanti per capire il mondo del vino è Wine Meridian: qualche giorno fa mi sono letto un’interessante intervista alla statunitense  Christy Canterbury MW. Ad un certo punto afferma che molti produttori comunicano informazioni che alla maggioranza dei consumatori non interessano come lieviti, tecniche di produzione, esposizione dei vigneti etc. All’opposto molti consumatori invece vedono il vino solo come un piacere, uno stile di vita e le domande che la comunicazione dovrebbe farsi e far passare riguardano come rendere, grazie al vino, la loro vita più ricca e interessante. Bisognerebbe  quindi innovare la comunicazione, essere aperti ai nuovi modi di bere, come i vini in lattina e  i prodotti no-alcol: l’importante è che il consumatore si diverta nel bere un vino. Nello stesso tempo (magari per altre fasce di consumatori n.d.r.) occorre  lavorare sul vino di qualità cercando di migliorarlo sempre di più.

E’ chiaro che quanto prospetta la MW porta ad una dicotomia radicale del modo di proporre e di pensare il vino: da una parte il vino piacevolezza pura, senza magari stare a guardare tanto al contenuto, dall’altra i prodotti di qualità, forse sempre più di nicchia e magari per segmenti di consumatori pre-boomer e boomer.

Mentre leggevo quelle righe pensavo ad un mercato a cui tutti, prima o poi, attingiamo, quello delle auto. La pubblicità delle auto di 30-40 anni fa si basava su dati tecnici, sulla potenza, sui cavalli che sprigionava un motore o sul tipo di freni e addirittura sulla frizione. Oggi le pubblicità delle auto si basano sul piacere di guida, sull’entrare in un mondo di piacevolezze al volante, si punta al calore familiare traslato su dei bei sedili in pelle, si strizza l’occhio all’evasione  dal quotidiano. Il tutto in un mondo ovattato dove il rombo di un motore è quasi maleducazione. Però se compri Quattroruote o riviste equivalenti trovi tutti i dati tecnici che vuoi: ma quando compri un giornale del genere? A parte gli appassionati, di solito quando devi cambiare auto, cioè una volta ogni morte di papa.

Leggendo l’intervista e poi pensando al mondo delle auto  mi è sembrato di vedere il nostro futuro, anche se una bottiglia di vino si compra molto più spesso di un auto: da una parte c’è una comunicazione che è semplicemente imbonitoria e pubblicitaria ma è quella che funziona per la grande maggioranza delle persone, dall’altra un’informazione precisa, puntuale, giornalistica ma che interessa sempre meno e sempre a meno persone.

Probabilmente interesserà sempre meno specie se non prenderà in considerazione le nuove richieste, le nuove tendenze, se non presterà orecchio a tutto quello che non incarna l’ideale del vino con cui tutti noi di una certa età e formazione siamo cresciuti. 

Se da una parte dovremo giustamente aprirci di più alle innovazioni e ai modi più moderni di comunicare, che non comprende solo i social ma anche e soprattutto un modo di scrivere meno compiaciuto e più lineare,  dall’altra non dovremmo retrocedere di una virgola dal cercare di fare bene, puntigliosamente e soprattutto onestamente, il nostro lavoro. Questo anche perché (qui parlo in prima persona) fare un lavoro bene mi dà soddisfazione e sinceramente mi sembra l’unico modo per farlo.

Essere letti più o meno non ci dovrebbe portare a rincorrere lettori scimmiottando cose che non sappiamo fare: un faro in mezzo al mare non mette musica a tutto volume per farsi sentire dai marinai: loro sanno che esiste e se lui tiene le sue luci accese, se ne servono quando passano da quelle parti.

Ecco, quando qualcuno di voi passerà dalle parti della critica enologica fatta bene sappia che noi (insieme per fortuna a molti altri) saremo lì, come un piccolo faro nella notte.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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