Che c’incastra il Sassicaia con Fidippide e Maratona?3 min read

490 a.C.: gli ateniesi hanno appena sconfitto l’esercito persiano a Maratona e il soldato/messaggero Fidippide, gambe in spalla, corre fino ad Atene per comunicare  la lieta novella. Stremato, dopo aver corso più di 42 chilometri, crolla a terra appena entrato in città. Prima di morire riesce però, con un filo di voce, ad annunciare che “Quella bottiglia di Sassicaia mi ha veramente deluso!”

The Soldier of Marathon” di Luc Olivier Merson

Forse non è del tutto storicamente provato ma (quasi…) da allora, ad intervalli regolari, personaggi più o meno leggendari ma soprattutto che non hanno corso per più di 42 chilometri a piedi, annunciano al mondo che una bottiglia del famoso vino bolgherese li ha delusi.

A fianco di questi emuli di Fidippide troviamo e troveremo sempre un nutrito coro greco (e non solo) che si schiera a favore o contro quest’affermazione e da lì si capisce se siamo di fronte a una commedia o a una tragedia, ma nel 99% dei casi prevale la prima.

Fuori da paragoni storici e mitologici ma per niente allineato allo stile e ai termini del teatro greco mi sento di commentare l’ennesima uscita sul Sassicaia con le parole “Ma che due palle!”.

Lasciando da parte i punteggi ufficiali che la guida di Winesurf ha dato negli anni al Sassicaia, (quindi degustando il vino alla cieca e in batterie con altri vini della stessa tipologia)  siamo di fronte a un tormentone oramai antipatico, che stranamente non ha riscontri con altri vini italiani dello stesso livello e che probabilmente non avrà mai fine per una serie di motivi che cercherò di elencare, rigorosamente non in ordine di importanza.

Storicamente è un vino che ha bisogno di tempo per essere al meglio.

Trasporto prima e conservazione poi giocano ruoli basilari per la riuscita di un vino, tant’è si dice che non esistono grandi vini ma grandi bottiglie.

Il palato del degustatore o del bevitore o del Fidippide di turno non è sempre uguale.

Le aspettative, in positivo o in negativo, andrebbero sempre azzerate prima di un assaggio.

Se parli male di un vino da 10 euro non ti si fila nessuno e i top francesi costano veramente troppo. Una bottiglia di Sassicaia ha il perfetto rapporto qualità-prezzo per chi si vuole togliere uno sfizio senza svenarsi.

Il tappo (parlo di tappo in sughero monopezzo) oramai non sa più di tappo ma può creare un gran numero di “deviazioni” nel vino, conoscibili solo aprendo una seconda bottiglia, ma capisco che i conti correnti non godono tutti della stessa pesantezza.

Tappo buono + imbottigliamento recente (quindi con solforosa ancora da digerire) possono creare problematiche di chiusura al vino, specie se il tappo è “troppo buono”, cioè chiude molto e la solforosa leggermente più alta perché siamo di fronte ad un vino da lungo invecchiamento.

A proposito di imbottigliamenti: visto che del Sassicaia ne vengono fatti più di uno, è normale una certa diversità, specie in un’annata recente.

In vino può anche non essere, magari in qualche annata non particolarmente fortunata, un grande vino.

Credo che potrei aggiungerne altri ma mi fermo qui e passo la parola ai Fidippide e al coro greco, non prima di notare che noi italiani non siamo tanto un paese di santi, poeti, navigatori e commissari tecnici, quanto di amanti o denigratori del Sassicaia.

La foto di copertina è di Dmitry Belyakov da Pixabay

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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