Ci tenevo alla rassegna del Cesanese, che si tiene ad Anagni da qualche anno, e quest’anno ci sono andato.
Il Cesanese del Piglio lo incontro volentieri nelle trattorie romane e mi sta simpatico. Ce l’ho in mente come un vino morbido, ma asciutto e fresco, con un colore intenso, granato tendente al viola, con un gusto e un profumo in cui prevale il frutto . Da tutto pasto, di beva spensierata .
I vini che sono stati proposti per la degustazione cieca sono un po’ più complicati .
Il Cesanese non è più solo “del Piglio”, hanno rivendicato la loro denominazione anche Affile e Olevano Romano.
Il vitigno, mi dicono i patriarchi del Cesanese, ha qualche problema di identità ampelografica . E’ vero che in zona la vite si coltiva dal tempo dei Romani, ma quella che si coltiva oggi non è certo la stessa . I vitigni sono arrivati nel corso dei secoli, si sono insediati, meticciati e sono stati battezzati con un nome toponimo, denominazione geografica ante litteram . Nelle zone il vitigno è abbastanza variabile.
Il terreno è calcareo, ma non c’è solo calcare, nei diversi territori. I paesi che danno il nome alle Doc sono abbarbicati a mezza costa su balze bianche, che furono una scogliera tropicale .
Sono stati proposti vini di tre annate : 2010, 2011, 2012 .
Il 2010 è un’annata eccellente per il cesanese, mi sono piaciuti molto quasi tutti.
Il 2011 è un’annata da dimenticare , mi sono dispiaciuti quasi tutti .
Il 2012 è un’annata intermedia, non priva di vini interessanti .
Nel 2011 c’è un’eccezione, il “Jo’ Waco” dell’ azienda Le Cerquette di Olevano Romano . Vino per certi versi enigmatico, a cominciare dal nome . Un altro vino, rispetto al 2011, rispetto a tutti i vini assaggiati, rispetto all’ altro vino della stessa azienda . Diverso ( udite udite ! ) nel senso dell’ eleganza : all’ occhio, al naso e in bocca . Mi ricorda certi sangiovesi da noi prediletti.
Era l’ assaggio n. 23, proprio accanto al 24 ( chi l’ avrebbe detto ), ovvero “L’onda”, il cesanese canonic , secondo me. Il contrasto era spettacolare.
Comunque un vino eccellente , il Jo’ Waco , anche se deviante rispetto alla norma.
Un altro vino del 2011 che sale sopra il livello dell’annata è il “Vigne nuove”, Cesanese del Piglio dell’ azienda Berucci . L’ azienda è storica, il signor Manfredi Berucci è l’ inventore del moderno Cesanese del Piglio, fondatore della Cantina Sociale ( bipartisan, ovvero, a quell’epoca, nell’alveo del Compromesso Storico). Gentiluomo di antico stampo, quando è in campagna si veste rigorosamente da gentiluomo da campagna . Il nome Vigne Nuove si riferisce a vigne che erano nuove molti anni fa . E’ un vino morbido , che cresce negli assaggi successivi . Non gli nuocerebbe un po’ di acidità in più, ma per un 2011 è un ottimo risultato.
Dalla stessa azienda viene “l’Onda”, che citavo come modello ideale del Cesanese , a cominciare dal colore, intenso e limpido, per trionfare in bocca, pieno , ampio e di lunga persistenza.
“L’onda” forse mi ha colpito perché è stato presentato per primo nella serie dei 2010 , segnando uno stacco netto rispetto al 2011 . Perché poi altri vini di qusta annata mi sono sembrati pregevoli e rappresentativi della tipologia.
Come “Othello” dell’azienda Casale Verde Luna , dove abbiamo anche felicemente pranzato .
Come “Elcini” della Cantina Sociale del Piglio , che dimostra di saper fare sul serio .
Con il “Trasmondo” dell’ azienda Rapillo , località Serrrone, si manifesta una variante che mi ha spiazzato : un Cesanese tannico, anzi un po’ ruvido , con acidità spigolosa , che ugualmente ho gradito.
E le sorprese sono continuate con il “San Magno” , dell’ azienda Corte dei Papi , di Anagni . Grande vino , forse il più unanimemente apprezzato dal panel di commentatori . Assaggiato con parsimonia, perché poco o punto ne è rimasto al produttore . Gli aromi sono intensi , il frutto prevale, il gusto è rotondo , ampio, lungo e mi è parso anche molto tipico . Quando il produttore mi ha detto quanta barrique gli infligge , ci sono rimasto male.
E qui s’ impone una riflessione.
Nel mio modello mentale il Cesanese non ha tannini , almeno non rilevanti . Inoltre , sempre nel mio pregiudizio ,non sarebbe adatto a subire la barrique.
Nei vini che abbiamo assaggiato, abbastanza spesso il tannino si fa sentire, sia pure in modo educato . Inoltre , si capisce e si viene a sapere , di barrique gliene danno eccome.
I due fatti sono connessi : il tannino, quando si fa notare , proviene più dal legno che dall’ uva .
Ma bisogna considerare l’ immagine della barrique ai giorni nostri , in questa alba del XXI secolo .
Vi sarà capitato di avere scambi di idee del seguente tenore:
Produttore : “Questo vino ha fatto 36 mesi di barrique”
Assaggiatore : “Accipicchia ! Non si direbbe proprio”
Produttore : “Ma sono barriques di quarto passaggio”
Questo comportamento ( tirare la barrique e nascondere la mano ) non è bello : alla fine la barrique c’è e non c’è , ti vedo e non ti vedo .
I vini presentati all’ assaggio erano stati severamente selezionati : 30 in tutto . Sono i Cesanesi di alta fascia, ambiziosi .Una specie di sfida : ecco cosa si può fare con il Cesanese. Molti hanno etichette sfarzose , bottiglie importanti.
Tornerò in zona e ora che mi sono fatto un’ idea generale dedicherò più attenzione ai vini base .
Alla ricerca di un Cesanese con il seguente identikit : Fatto in acciaio ( o magari in contenitore di cemento), grado alcolico non molto più di 13 gradi . Il fratello ben fatto del vino canaglia che bevo in via Rasella .