Davanti ad una foto del genere è troppo facile piangere e far piangere. Veramente troppo facile. Lo sto facendo io mentre scrivo queste righe.
Un giornalista che si occupa di vino non dovrebbe avere voce in capitolo sulle grandi tragedie del mondo, narrate e discusse da penne molto più importanti.
Ma forse proprio perché tutti noi ci occupiamo di quella che alla fin fine è una cosa buona, cioè il vino, dobbiamo per una volta occuparci della cosa peggiore di tutte, la morte di un bambino di tre anni.
Sembra stia dormendo e forse un dio misericordioso l’ha fatto addormentare, prima che le onde lo portassero con se. Invece è morto e quelli che dormono siamo noi, noi che dalla comodità delle nostre poltrone osserviamo.
Invece di osservare, per una volta, piangiamo. E le nostre lacrime servano per farci capire quanto è ingiusto che un bambino di tre anni scappi da persone che non conosce, si ritrovi nelle mani di persone che non conosce e muoia in un mare che non conosce. Spero che le nostre lacrime servano a ingrossare quel mare di sdegno che i giusti (anche se, come noi, in poltrona) devono avere, e questo mare di sdegno convinca i politici finalmente a fare qualcosa di più, per chi è rimasto attaccato solo alla propria vita.
La prima cosa che fece mia figlia adottiva arrivando, sballottata e impaurita dall’India, fu di guardare la foto che le avevamo inviato per capire se quelli che la stavano aspettando eravamo veramente noi. Colsi nei suoi occhi, per un attimo, la tremenda paura che non fossimo noi. Pensate a quella paura e moltiplicatela per un milione: forse ci avvicineremo a quella di quel povero bambino, che non potrà più guardare nessuna foto. Certo, i suoi genitori lo ricorderanno, ma non c’è cosa peggiore per un uomo che sopravvivere ai figli.
Ecco, pensiamo per un attimo di essere noi quei genitori, sopravvissuti all’incubo e costretti a vivere in un incubo peggiore. E dentro quest’incubo cerchiamo di far arrivare, forte e chiaro il nostro messaggio a chi non può far finta di niente.
Lo so, è facile far piangere parlando di queste cose ma, caro lettore, sappi che stiamo piangendo in due. Che le nostre lacrime possano servire.

