C’è voluto fegato per il progetto Core di Montevetrano4 min read

Il progetto Core nasce nel 2011: dopo aver tenuto un solo grande vino sul mercato, parliamo del Montevetrano, Silvia Imparato decide di affiancargli un rosso da aglianico come vino d’ingresso. Fu una scelta molto meditata, una scommessa all’epoca piena di incognite ma che alla fine è risultata oculata e intelligente.
Il Montevetrano, lo ripetiamo per l’ennesima volta, è un vino cult per tanti appassionati, fu lanciato alle stelle da Parker che apprezzò la declinazione meridionale del taglio di cabernet sauvignon e aglianico a cui si è aggiunto negli anni il merlot. Un vino evento, perché la benedizione del guru americano creò una aspettativa infinitamente superiore alla offerta ed è così che andata avanti la storia traghettando sia la moda barrique che quella no barrique, lieviti selezionati e lieviti indigeni, autoctoni internazionali, eccetera eccetera. Il motivo è nel fatto che si tratta di un grande vino pensato da Riccardo Cotarella che nel corso degli anni evolve in maniera pazzesca.


Per la Campania volle dire molto: quando uscì nel 1992 la prima versione nel senso comune la Campania era solo terra di pizze, pasta e mozzarella, magari poi anche di limoncello. Il vino non era contemplato fra le virtù di una regione che pure era stata famosa nell’antichità ai tempi dell’antica Roma grazie alla generosità del suolo vulcanico.
Il Montevetrano dimostrò che non solo era possibile fare un grande vino rosso anche al Sud, ma che era possibile realizzarlo con uvaggio internazionale e raggiungere successi inimmaginabili.

Adesso l’azienda placidamente sdraiata sul poggio di una collina alle porte di Salerno si presenta rafforzata con l’ingresso di Gaia Mariano, figlia di Silvia, rientrata definitivamente da Milano dove ha lavorato come designer nella moda (Benetton e Dolce&Gabbana) per occuparsi specificamente del progetto Core. Un segnale importante per tutti gli appassionati di una continuità aziendale attraverso il passaggio generazionale che è sempre il tema delicato delle aziende italiane in generale e di quelle di vino in particolare. Non sempre le nuove generazioni sono infatti disposte ai sacrifici e alla vita dura di chi le ha precedute e i tempi sono difficili. Diciamo difficili sul piano economico, ma il sentire comune oggi assegna al lavoro nella terra un valore prioritario come mai era successo prima in Italia e sono davvero tanti i giovani del Sud che hanno ripreso con orgoglio antiche proprietà dimenticate per inseguire sogni di compassi e toghe.

Poco prima dell’arrivo di Gaia il progetto si era arricchito di un bianco da uve Fiano e Greco, uve perfettamente conosciute da Riccardo e i due vini, il bianco e il rosso, sono stati presentati di recente nello splendido Palazzo Gentilcore nel cuore di Castellabate, l’antica sede del comune ripresa con amore e passione da Chiara Fontana, docente di diritto tributario all’Università Federico II di Napoli, e Giovanni Riccardi, avvocato amministrativista.

Un gioco di parole, Core e Gentilcore, co-branding si dice alla milanese. La voglia di stare insieme in un momento difficile nel paese di Benvenuti al Sud dove il tempo si dilata perché non viene più misurato se non dal sorgere del sole e dal suo tramonto.
Qui, nella Locanda Pancrazio del delizioso albergo da 13 stanze, i due vini sono stati ben abbinata dalla cucina del giovane Mattia Mattei.

Core Bianco 2019 Campania igt
Come abbiamo detto, è un vino che nasce dal blend di Fiano e Greco le cui uve sono lavorate solo in acciaio con sosta prolungata sulle fecce. Le due uve in qualche modo compensano i caratteri, il greco regala forza rustica e struttura, il Fiano è promessa di grande evoluzione olfattiva nel corso degli anni. Entrambe partono da acidità elevata, appena appena ridimensionata dall’anno passato in acciaio e bottiglia. Un vino dunque ancora giovane, giovanissimo, dai sentori agrumati e di frutta a pasta bianca, una grande verve regalata da freschezza inesauribile che lo rende adatto non solo alla cucina di mare o alla mozzarella ma anche a piatti molto strutturati, pensiamo alla genovese napoletana tanto per dirne una. Per i bianchi noi siamo fissati, siamo convinti che fra quattro o cinque anni questa bottiglia regalerà buone emozioni.
In rete lo si trova sui 15 euro

Core Rosso 2018 Campania Igt
Le uve di Aglianico vengono dal Beneventano, qui il difficile vitigno del Sud è sicuramente meno scorbutico di quello irpino, parte con un equilibrio maggiore anche se i tannini costituiscono sempre il problema principale di chi lo affronta in cantina. Dopo la fermentazione in acciaio trascorre quasi un anno in botti grandi di rovere per poi affinarsi ulteriormente in bottiglia. E’ un aglianico colloquiale, per certi versi quasi immediato nella sua bevibilità grazie ad un tannino presente e ficcante ma ben addomesticato. In questa sua prima fase di vita ottimo su piatti di eccesso (parmigiana, ragù, carni brasate e alla brace, paste al forno, formaggi stagionati). Nel corso degli anni, come sempre succede all’Aglianico, diventerà un signore elegante più disposto al compromesso.
In rete lo si trova sui 17 euro

Due grandi vini, insomma, ad ottimo rapporto qualità prezzo come si diceva una volta. Da bere soprattutto da soli davanti alla luna che illumina il cielo pulito del Cilento.

Luciano Pignataro

Luciano Pignataro è caporedattore al Mattino di Napoli, il suo giornale online è Luciano Pignataro Wineblog.


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