Campania Stories seconda parte: la rivincita dei bianchi2 min read

Non è stato come il Giro d’Italia, ma Campania Stories può certamente fregiarsi del titolo di “Giro enoico della Campania”.

 

Non solo le due sedi di Napoli e Avellino, ma  le molte visite da sud a nord della regione me l’hanno fatta assomigliare ad una vera circumnavigazione del e nel vino campano.

 

Del mio pensiero sul Taurasi e l’Aglianico già ho scritto (vedi), quindi mi resta solo il grato (questa volta) compito di buttare giù alcune considerazione sui bianchi.

Poche annotazioni però e non a caso, perché a questi vini (sia irpini che delle altre zone campane) dedicheremo spazio nei nostro settore “Guida Vini”, dove riporteremo sia i giudizi vino per vino sia tracceremo una valutazione generale ponderata.

 

Per questo non voglio anticiparvi troppo ma una cosa devo dirla: i bianchi campani hanno un carattere, una forza, una riconoscibilità da essere senza dubbio definiti forza trainante del settore. Non solo in Irpinia vi sono due vitigni che il mondo ci invidia, ma tra Falanghina, Coda di Volpe, Pallagrello e compagni ci troviamo di fronte ad una sfilata di ottimi vini da vitigni autoctoni.

 

 Il patrimonio viticolo in bianco di questa regione andrebbe tutelato con attenzione perché potrebbe portarci in futuro a competere per qualità diffusa con le zone estere più blasonate.

 

Luca Missori di Wine Mining mi ha riferito la frase di un giornalista canadese durante una verticale di Fiano di Avellino da un noto piccolo produttore: “I francesi devono usare il legno per arrivare a questi risultati”.

 

In queste poche parole potrebbe essere  condensato il futuro dei bianchi irpini, la loro logica destinazione verso l’empireo bianchista mondiale.

 

E nell’empireo delle manifestazioni enoiche Campania Stories c’è  ormai stabilmente! I ragazzi di Miriade & Partners anno dopo anno stanno facendo un lavoro egregio, che avrebbe come logico sbocco la gestione di alcuni degli asfittici consorzi campani attivi solo sulla carta. Peccato che alcune grandi cantine non rispondano  al richiamo del gruppo, che avrebbe bisogno di loro per far crescere, tutti assieme, la Campania del vino.

 

Da altri produttori ho recepito invece la voglia di modificare in parte la manifestazione, rendendola meno di approfondimento e più generalizzata per la stampa estera, mentre quella italica potrebbe continuare ad avvantaggiarsi della stessa falsariga oramai rodata la meglio.

 

Quello che sarà in futuro non so, spero solo che i produttori campani non disperdano il patrimonio di esperienze e bravura che Campania Stories racchiude.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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