Buone bollicine (ma anche vecchi discorsi) su Trento6 min read

Bollicine su Trento si apre con un leggerissimo spruzzo di neve e con un’aria frizzante che preannuncia l’effervescente degustazione in programma. Trentodoc infatti è una fenomeno sempre più importante nel mondo delle bollicine: 8 milioni di bottiglie e un fatturato di 70 milioni di euro contro  9,5 milioni di bottiglie e 140 milioni di euro quelli del Franciacorta mentre a  293 milioni di bottiglie e 3,7 miliardi di euro si piazza lo Champagne…

Negli ultimi dieci anni la crescita dei consumi di bollicine è tangibile, i produttori nostrani esauriscono le produzioni, francesi e spagnoli aumentano costantemente ma la crisi finanziaria dal 2008 ad oggi crea spazi più importanti per bollicine meno pregiate rispetto al più costoso metodo classico nelle sue diverse accezioni territoriali.

Le cifre emergono dalla dettagliata relazione di Giles Followfields, esperto internazionale di Champagne e vini spumanti che ha rappresentato il momento di maggior interesse di un convegno in cui si voleva a tutti i costi cercare argomentazioni interessanti ma che languiva spesso in clamorose banalità. Ancora una volta l’ennesima disputa sulla volontà di individuare un nome per le bollicine metodo classico italiane perchè abbiano una propria riconoscibilità a livello internazionale; come se gli esempi del passato non abbiano insegnato nulla. Non c’è “talento” che tenga se le denominazioni sono territoriali e i numeri di produzione e vendita ci piazzano molto distanti da francesi e spagnoli. Ma la strada intrapresa è quella giusta, bisogna solo comunicare di più, a meno che non si voglia unificare la bollicina italiana sotto l’unica possibile denominazione territoriale che possa accomunare tutte le diverse produzioni: Italia DOC, magari con allegato il cd di Modugno che canta “Volare, oh oh!!”.

Deo Gratias, le degustazioni sono state sicuramente più vivaci e non solo per le bollicine: una bella panoramica sulla produzione delle 34 aziende attualmente impegnate a rifermentare vini con tante conferme, diverse sorprese e qualche delusione. Impattante l’apertura con Abate Nero Extra Brut, tonico e tagliente mentre i brut alternano le prestazioni: di rilievo l’Altinum della Cantina Aldeno, particolare il Casata Monfort delle Cantine Monfort e il Blauwal di Cesconi, intrigante per mineralità il San Michael. Tra i millesimati è dominante una molto limitata espressione da lieviti tranne nelle produzioni delle grandi case. I toni di erbe officinali di Madonna delle Vittorie ’06 e di Pedrotti ’05 mi hanno colpito maggiormente. Le riserve brut, invece, non smentiscono il prestigio della menzione: entusiasmanti le prestazioni di Letrari Riserva ‘06, molto complesso e con una piacevolissima chiusura agrumata,  della Cuvèe Riserva dell’Abate di Abate Nero ‘05, dove i toni di pasticceria si integrano a sentori minerali e fruttati, di Maso Martis Riserva ’05 e del Rotari Flavio Riserva ’03. Una citazione meritano anche Mach per la sua Riserva del Fondatore ’06, delicato, con toni erbacei e minerali e dalla lunghezza infinita e Balter Riserva ’04, complesso, impattante e lungo. Rosè e Demi Sec invece sono sotto tono: non rappresentativo il demi sec, un solo campione per una tipologia che non accontenta nessuno. I Rosè segnano il passo, raramente tonici, poco vividi. Pisoni forse offre il meglio di categoria insieme  al Rotari Rosè, ma senza entusiasmare.

Discorso a parte per l’evento clou della rassegna: “Gli Introvabili”. Sempre a Palazzo Roccabruna, nella magnifica sede dell’Enoteca Provinciale del Trentino, spazio per incontrare bottiglie mai portate in commercio, custodite gelosamente per studiarne evoluzione e applicazione di tecniche enologiche. Nove etichette distribuite nel tempo, dal 2002 al 1992 con sboccature diverse e con caratteri diversi. Lo chardonnay di montagna tiene banco nella discussione: saprà sfidare il tempo? A noi la prima sentenza!
Spazio a produttori ed enologi per illustrare le tecniche di conservazione e gestione della maturazione. Tocca al Methius 2002 l’esordio: sboccatura 2007, sentori di lieviti con toni di pasticceria evidenti, nocciola ed erbe alpine con una buona chiusura agrumata cui manca lunghezza, ma nel complesso nerboruto e con buone prospettive evolutive: buona la prima. La Riserva Cuvèe dell’Abate ’01 sale di tono anche per la sboccatura recentissima. Prima 60 mesi sui lieviti con sbancamento annuale e poi prosecuzione della maturazione parte in catasta con sbancamenti annuali e parte con conservazioni in punta. Approccio decisamente fruttato con toni di albicocca e azzeruolo e segnali minerali per questa bottiglia che ha completato la maturazione in punta. Segnali più evoluti da Mach Riserva del Fondatore ’01, ma normali considerando la sboccatura 2005. Uno chardonnay coltivato a 720m slm, le note pomacee dello chardonnay si integrano con sentori di burro, tartufo e fungini, ben sorretto dalla spalla acida ma con limitazioni del perlage. Il Letrari Riserva ’00 si dimostra giovanissimo. Maturazione con sbancamento annuale. Nonostante la sboccatura 2007 il vino è tonico e vibrante, i sentori fruttati potenti e avvolti da tratti di nocciola e brioche. Il Rotari Flavio Riserva ’98 dimostra la sua maturità: chardonnay in purezza, parte in legno, 60 mesi sui lieviti, esprime olfattivamente un fruttato stanco ma una acidità ancora ben impostata. Il millesimato ’96 di Cesarini Sforza è stato tenuto in punta per cinque anni, il contatto superficiale limitato con i lieviti ne limita l’espressività cedendo spazio a note speziate e leggermente balsamiche che si fondono nella chiusura caratterizzata da vivida sapidità, decisamente diverso dagli altri vini, con tratti di complessità piacevoli. La sboccatura 2004 del Graal Altemasi ’95 della Cavit non penalizza affatto i caratteri di questa bollicina storica. Lo stile tipico dell’etichetta rimane evidente , i toni di pasticceria, biscottati, i tostati e gli speziati rimarcano la riconoscibilità del prodotto ancora decisamente pulsante. L’etichetta dedicata al padre della spumantistica italiana, Giulio Ferrari ‘94, non delude anche in questa occasione. Da chardonnay in purezza riesce sicuramente ad affascinare dimostrandosi molto tonico, merito anche della sboccatura recentissima. Unico prodotto “trovabile” con estrema difficoltà, dimostra toni floreali e fruttati fragranti associati a nocciola e pochi tratti di pasticceria. Molto profondo e lungo chiude con sentori minerali e speziati. Si chiude con il decano della degustazione, il Balter Riserva 1992 che nonostante appena sboccato mostra segnali evoluti principalmente a causa della gestione in vigna del frutto in una annata non strabiliante. Toni speziati, confettura, agrumi canditi, cera d’api, sentori mielosi: una complessità ampia ma non fragrante che si regge su uno scheletro non robusto. Ciononostante una bella dimostrazione di resistenza al tempo per un vino già non partito bene.

In conclusione: una bella manifestazione, perfettamente organizzata dalla Trentino Spa; bollicine di qualità indiscutibile, una doc diventata adulta e affidabile.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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