Brunello 2003: finalmente si parla di vino… assaggiato!4 min read

Siamo convinti che anche voi abbiate lo stesso nostro desiderio su Montalcino. Dopo tanto disquisire di regole, inchieste, giudici, esposti e sequestri, tornare a parlare di vino, di “Brunello degustato” è un po’ come tornare a casa stanchi dopo un lungo viaggio, mettersi le pantofole ed in tutta libertà godersi le piccole-grandi cose a cui siamo abituati. Noi siamo abituati a degustare e siamo stati felici di tornare a farlo proprio a Montalcino. Ci aspettavano oltre cento Brunello 2003 ed un’ottantina di Rosso 2006.
Come sono i Brunello 2003 “post ciclone”? Per prima cosa i colori sono indubbiamente più da Brunello. Sarà un caso ma quei trenta-quaranta vini color porpora o quasi si sono ridotti drasticamente. Buona parte del “merito” sarà dell’annata difficilissima, ma resta il fatto  che la stragrande maggioranza dei vini assaggiati mostrava colorazioni che partivano dal rubino e arrivavano quasi all’aranciato brillante. Un po’ la stessa via seguita dai Barolo e dai Barbaresco, che solo da poco tempo sono tornati a colorazioni più umane.
A questo primo segnale se ne sono aggiunti altri (profumi in pochi casi non inerenti alle gamme del Sangiovese, tannini ruvidi ma veri, scompostezze classiche di un vitigno difficile in annate molto calde, etc) che ci hanno colpito favorevolmente. In definitiva: l’annata 2003 di Brunello non è certo un grande annata ma è indubbiamente meglio rispetto alle (nostre) aspettative. Soprattutto è molto più vicina al modo di esprimersi del Sangiovese. Proprio per questo le quattro stelle assegnate, a suo tempo, alla vendemmia 2003 ci sembrano fuori luogo, visto come questo vitigno difficilmente riesce ad esprimersi al meglio in annate molto/troppo calde.
Durante le giornate di degustazioni facevamo paragoni con i Barolo 2003 assaggiati un anno fa. Ci sembra interessante proseguire adesso con questo confronto “a distanza” che potrebbe portare ad inquadrare meglio il Brunello 2003. Anche del Barolo 2003 dicevamo che non era stata una grande annata: per questo nessun vino aveva ottenuto le Cinque Stelle e solo 13 vini (il 6,6%) avevano raggiunto quota Quattro. Tra i Brunello 2003 nessuno ha ottenuto Cinque Stelle e solo 9 su 101 (9,09%) hanno tagliato il traguardo delle Quattro. Tre Stelle le avevano avute 57 Barolo (29,2%), mentre  i  Brunello tristellati sono 39 (39.39%). Le Due Stelle tra i nebbiolo in purezza erano state circa il 51% mentre tra i sangiovese in purezza siamo arrivati al 48% abbondante (48 vini su 101). Chiudiamo con i vini ad Una Stella, il nostro punteggio minimo per essere inseriti: circa il 7% tra i Barolo e poco più del 4% tra i Brunello. Quindi nell’annata 2003 sembra che il Brunello si sia espresso un po’ meglio  del Barolo , anche se siamo comunque ad una media generale non certo alta (stelle 2,66%). Valgono qui gli stessi discorsi sulla longevità ( non sarà certo un’annata da conservare a lungo)  e sulle componenti aromatiche (non aspettatevi complessità ed intensità da grande annata). Ci sembra giusto di sottolineare il fatto che i Brunello 2003 hanno beneficiato della possibilità (assolutamente legale) del ringiovanimento con un’annata più recente e questo ha sicuramente portato giovamento……anche se in alcuni casi il blend  sembra aver privilegiato il vino più giovane. In definitiva un’annata non certo grande, ma che aveva tutte le carte in regola per essere peggiore. Merito quindi a chi ha saputo lavorare, sia in vigna che in cantina, in maniera seria e responsabile per offrire un prodotto di buon livello.
Se usciamo dagli assaggi del Brunello 2003 con una sufficienza non larga ma soddisfacente, altrettanto non possiamo dire del Rosso 2006, non tanto (non solo) dal punto di vista dei punteggi (anche se una media del 2,24% non serve certo per fare salti di gioia) ma per quanto riguarda la “centratura” della tipologia. I Rosso di Montalcino 2006, pur essendo lontani parenti della tipologia….. “random” in voga negli scorsi anni, stentano (eufemismo) a trovare un loro filo conduttore. Si va dal brunellino classico  al supermoderno, dal rubino scarico al porpora vivo, dal supertannico al rotondino. Poi non ci lamentiamo se il consumatore finale non lo capisce e non lo preferisce a vini con cui avrebbe tutte le carte in regola per competere.

 

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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