Biodinamico “equiparato” al biologico: perché è una grande opportunità per tutti2 min read

Art. 1 La produzione biologica viene definita attività di interesse nazionale con funzione sociale e ambientale. Il metodo di agricoltura biodinamica viene equiparato al metodo biologico nei limiti in cui il primo rispetti i propri disciplinari e i requisiti previsti a livello europeo per produrre biologico.

Questo è il primo articolo della normativa approvata il 19 maggio scorso e su queste parole si è scatenato un inferno mediatico che difficilmente è riuscito a far ragionare ma solo a far prendere posizione su due barricate diverse, che non hanno mai avuto l’opportunità e l’intenzione di comunicare se non a cannonate.

La cosa che, da non sostenitore della biodinamica e nello stesso tempo “fustigatore” della chimica nel vigneto, mi viene in mente è che queste poche parole siano non tanto un riconoscimento della biodinamica ma un modo per portare la biodinamica a ragionare con il settore enologico/scientifico (mi si passi il termine) più prossimo. In altre parole se un produttore biodinamico vuole i contributi non solo dovrà lavorare in regime biologico ma dovrà avere anche un ente certificatore che lo afferma, quindi sottostare a controlli che, volente o nolente, lo porteranno a confrontarsi con il mondo del biologico.

Nello stesso tempo gli enti certificatori del biologico dovranno trovare un modo per convivere e per “creare ponti” con produttori che hanno idee e metodologie molto diverse  per non dire agli antipodi.

Questi due mondi che si toccheranno potranno respingersi (ma non credo) o convivere. Prima magari da separati in casa ma in futuro potrebbero piano piano avvicinarsi e così far iniziare un dialogo che oggi, non so se per colpa di produttori o di accaniti e intransigenti sostenitori di questi mondi paralleli (i negazionisti della scienza e gli avvelenatori, tanto per usare termini con cui i due mondi si definiscono) non esiste.

Per questo vedo con piacere la scelta del legislatore, che però riuscirà ad essere propositiva solo se da una parte i produttori biodinamici e dall’altra gli enti di certificazione biologica faranno entrambi un passo avanti nell’ottica di progredire, di allargare i propri orizzonti e di arrivare a produrre vini “moralmente e fisicamente” migliori.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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