Bianchi friulani 2022: annata calda e secca ma ormai ci sono le contromisure5 min read

Ed eccoci a parlare dei vini bianchi friulani. Lo faremo attingendo anche ai dati che il Consorzio Friuli Colli Orientali (che ringraziamo) raccoglie e analizza ogni anno per creare Le Stagioni e le Uve, l’opera che racchiude il tutto e presenta un quadro chiaro e affidabile e che può essere presa come riferimento anche per il territorio confinante del Collio e, come macro quadro, per buona parte della regione Friuli Venezia Giulia

I nostri assaggi friulani, fatti come sempre grazie al Consorzio delle DOC Friuli, nella sede di Corno di Rosazzo quest’anno sono stati anticipati di circa 20-25 giorni, ma così qualche cantina importante non aveva ancora imbottigliato tutto e così abbiamo aspettato per poter fare un secondo assaggio (questa volta in ufficio): adesso siamo pronti per presentarvi i nostri risultati.

Ci vorranno due articoli per parlare di tutte le tipologie, per questo oggi parleremo  di Friulano, Malvasia, Pinot Bianco lasciando ad un secondo articolo il report su Pinot Grigio, Sauvignon, Chardonnay e uvaggi.

Partiamo dall’annata 2022, che tutti oramai sanno siccitosa e calda, ma con qualche dato possiamo capire meglio.

-21% di precipitazioni rispetto alla media storica da aprile a ottobre, ma se si prende il periodo gennaio-agosto questo dato sale al -50%. Dal punto di vista delle temperature il 2022 ha avuto un grado in più di temperatura rispetto alle medie storiche, con però 44 giorni sopra ai 30° e 9 sopra ai 35° (solo nel 2003 e nel 2015 ve ne sono stati di più). Il ciclo di sviluppo della vite è stato mediamente più corto di 8 giorni.

In un quadro del genere, non certo facile, ogni varietà di uve reagisce comunque in maniera diversa , anche a seconda di dove è piantata.

Friulano 2022

E’ il caso del Friulano 2022, che ha dato ottimi risultati nel Collio, un po’ meno nei Colli Orientali, sempre comunque su buoni livelli. Buoni livelli che hanno toccato alcuni campioni dell’Isonzo e anche delle altre zone pianeggianti regionali. Qui possiamo tornare ad un discorso fatto anche negli anni scorsi e cioè che di fronte a situazioni climatiche complesse un vitigno autoctono come il Friulano riesce a reagire meglio rispetto ad uve internazionali. Inoltre la mano dell’uomo e l’esperienza accumulata negli anni  portano quest’uva, che non ha certo caratteristiche di acidità alta e pH bassi, a risultati che mettono assieme corpo, piacevolezza e buona serbevolezza.

La differenza sostanziale tra quelli del Collio e del Colli Orientali è soprattutto nella concentrazione e nella pienezza, superiore nei primi rispetto ai secondi. Nei Colli Orientali abbiamo trovato nasi molto precisi, classici e piacevoli ma una generale “mancanza di ciccia”, dovuta forse anche alle piogge di fine agosto e inizio settembre. In situazioni del genere chi aveva le uve sane, non ancora perfettamente mature e ha avuto coraggio di aspettare (il friulano è un vitigno che “quando è maturo è maturo” e va raccolto pena un peggioramento repentino dei dati analitici) ha portato a casa buoni risultati.

Ci piace sottolineare non solo i soddisfacenti risultati dell’Isonzo quanto una crescita generalizzata dei Friulano sotto il cappello della Doc Friuli, cosa che per questa denominazione regionale è accaduta anche per altre uve.

In definitiva il Friulano esce a testa molto alta dalla vendemmia 2022 con ben 13 Vini Top e con un vino che, in particolare, “rischia” (ancora dobbiamo finire gli assaggi di altre denominazioni) di essere proclamato miglior bianco d’Italia.

Pinot Bianco

Sono sempre meno, sono sempre buoni, siamo sempre più sorpresi! Questo in sintesi potrebbe essere tutto quello che abbiamo da dire sul pinot bianco vitigno che nelle varie del Friuli dove è piantato porta quasi sempre a vini eleganti, equilibrati e di buona potenza. Purtroppo sembra (oramai più che sembrare, è certo!) che i territori friulani più vocati non puntino per niente su questo vitigno, continuando a coltivarlo ma credendoci sempre meno.

Dal loro punto di vista dicono che è difficile da vendere ma crediamo che sia una specie di gatto che si morde la coda. Se non ci credi (anche se lo fai buono!) non ci investi, non lo promuovi, punti su altro, per esempio sul “cugino”  pinot grigio anche se il pinot bianco ha quarti di nobiltà che l’altro si sogna. I 2022 assaggiati hanno mostrato equilibrio e profumi fini, buon corpo e la classica eleganza generale del vitigno ma i campioni erano più di 5 volte meno rispetto al pinot grigio e questo ci mette una notevole tristezza addosso, anche se quest’anno il pinot grigio…

Malvasia… e non solo

Riuscire in annate calde a mantenere la parte aromatica della malvasia istriana senza pregiudicare la maturazione generale e la freschezza non è facile, ma bisogna dire che nei Colli Orientali ci sono riusciti molto bene, “battendo” i  cugini del Collio. Quest’ultimi hanno vini forse un po’ più grassottelli ma sicuramente meno intensi dal punto di vista aromatico e un po’ più piatti al palato.

Comunque continuiamo a domandarci perché una regione che ha la malvasia istriana veda aumentare  gli ettari di traminer aromatico. Capiamo che vengono piantate in altre zone e dobbiamo dire che hanno dei risultati sempre migliori, ma è un po’ come mettere accanto, con tutto il rispetto e considerando solo quest’ambito regionale,  ad un Bronzo di Riace una sua copia fatta di plastica. Abbiamo degustato anche qualche traminer aromatico e troverete i risultati qui, ma sinceramente crediamo che la malvasia istriana debba mantenere e accrescere il suo posto tra le uve importanti della regione.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


LEGGI ANCHE