Bettino Ricasoli: Barone di ferro santo subito.3 min read

Uscendo dal convegno sulla modernità del pensiero di Bettino Ricasoli e sul futuro del Chianti Classico, organizzato a Brolio venerdì 5 giugno dalla Ricasoli e dal Consorzio del Chianti Classico, mi sono sentito quasi un’allodola. Non perché le cose dette dai relatori (dallo storico  Zeffiro  Ciuffoletti,  al segretario Generale del Censis De Rita, al presidente di Confagricoltura Federico Vecchioni, tanto per citarne alcuni) permettessero di alzarsi nell’empireo e di toccare il cielo con un dito (anche se alcune parti, in realtà, erano molto interessanti), ma perché mi era sembrato di intravedere nei discorsi del moderatore, il famosissimo Bruno Vespa, una serie di specchietti che le allodole/consumatori si vedono luccicare davanti ogni giorno.

Delle molte tematiche messe sul tappeto al Vespa nazionale interessava solo una (per la verità messa in campo da lui stesso): urgono disciplinari più libertari per poter fare vini che siano soprattutto “buoni”. Sia Marco Pallanti, Presidente del Consorzio Chianti Classico, che Francesco Ricasoli, chiamati ad esprimersi sul tema cercavano di arrampicarsi su fragili specchi con risposte di stampo veterodemocristiano, anche se si capiva che (ognuno a modo suo) coltivavano il sogno di avere le mani più libere.

Non contento, sentendosi forse a “Porta a Porta” (anche se il dibattito si è svolto all’aperto) Vespa insisteva, con l’insistenza del neofita che ha imparato una sola lezione e quella sola ripete. Tra i mille problemi dell’agricoltura chiantigiana (selezioni vitigni, rinnovo vigneti, mercati in recessione, immagine nel mondo, giacenze, prezzo dello sfuso,  etc)e le tematiche messe in campo dai relatori,  l’unica cosa degna di discussione era l’allentamento delle maglie del disciplinare.

Come far capire al signor Vespa che il suo era ed è un falso problema, un vero e proprio specchietto per le allodole? Forse facendogli presente che nell’uditorio si trovavano almeno 40 produttori chiantigiani i quali, con un disciplinare tanto restrittivo, producono altrettanti  Chianti Classico molto o completamente diversi l’uno dall’altro.  Basterebbe assaggiarli; ma forse l’operazione richiederebbe troppo tempo e impegno. Però questo continuo ribattere sul tema disciplinare mi ha fatto vedere con chiarezza quali sono i temi che i “non addetti ai lavori” reputano importanti, quelli che filtrano nel fitto bosco della comunicazione, quelli su cui si reputa  giusto discutere. Queste problematiche legate al disciplinare  sono anche fritte e rifritte, non certo adeguate alla modernità a cui si richiamava il convegno.

Poi ho pensato a Bettino Ricasoli, in particolare al suo carteggio con Cesare Studiati, recentemente pubblicato. Qui il Barone di ferro dice, anzi comunica,  cose di una modernità disarmante, tipo:   i concorsi enologici non servono a niente se devono premiare invece di criticare fattivamente gli eventuali difetti dei vini,  la scienza nel vino è importante ma anche l’esperienza e la continua opera dell’uomo sono fondanti. Forse però  la cosa più moderna ed attinente al nostro tema è che il successo o l’insuccesso di un produttore dipende solo e soltanto da lui, dal modo e dall’impegno con cui fa il vino, con cui si approccia al mercato. 

 

Non mi sembra di tirare il Barone per la giacchetta dicendo che per lui il disciplinare largo o stretto sarebbe stato un falso problema, specie considerando  il fatto che lo stesso viene fatto dai produttori medeeimi.  Forse il Barone avrebbe fatto capire a Vespa quanto superficiali fossero le sue argomentazioni. Solo e soltanto però nella discussione tenuta a Brolio ieri, perché non credo che Bettino Ricasoli sarebbe andato a Porta a Porta.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


ARGOMENTI PRINCIPALI



LEGGI ANCHE