Barolo 2010, Barbaresco e Roero 2011: come sono?7 min read

Nebbiolo Prima si è appena conclusa e tra i fumi alcolici dei 400 vini assaggiati in cinque mattinate (senza considerare quelli degustati nel pomeriggio in cantina o a cena…) provo a  tracciare un primo quadro dei vini e delle annate degustate, in attesa della seconda sessione assaggi che dovremmo rifare come Winesurf e come IGP (un grazie preventivo ad Albeisa e Consorzio di Tutela) a novembre.

 

Lascio ad un altro articolo il commento sull’organizzazione (vedi)  dell’evento e mi calo all’interno dei Roero dei Barbaresco e dei Barolo degustati.

 

Roero

Partiamo con il Roero di cui si presentava il 2011 e il 2010 Riserva. Premetto che una terra bella come il Roero non è facile da trovare e che una foto fatta dalla collina della Madonna dei Boschi nel comune di Vezza d’Alba fa bella mostra di se sulla home page del mio computer. Ma il vino non viene buono grazie al panorama: era successo con l’annata 2010 che, anche con il Roero Riserva, si è presentata disarmonica , poco complessa al naso e con tannini scomposti e talvolta verdi e pungenti.

Per fortuna però è arrivato il 2011 ed i Roero assaggiati ne hanno giovato tantissimo: buoni frutti, maggiori equilibri, gradevoli freschezze. Vini piacevoli, con un minor e miglior uso del legno dove questo in passato era eccessivo, anche se ancora l’eterno dilemma tra il fare un buon vino quotidiano da nebbiolo e una copia del Barolo sussiste e porta in alcuni casi ad esagerare. Comunque siamo molto avanti rispetto ai Roero del 2010 e questo non può farmi che un grande piacere. Voto all’annata 7-

 

Barbaresco

 

Se i Roero 2011 erano di buon livello i Barbaresco della stessa annata non potevano che esserlo di ottimo: vediamoli divisi nei tre principali comuni.

 

Barbaresco

Dire “semplicemente buoni” può essere riduttivo? Forse si, però nel caso dei Barbaresco 2011 di Barbaresco assaggiati questa non è una semplificazione. Intanto il frutto rosso è quasi sempre netto, aggraziato, piacevole ed i legni servono quasi sempre per apportare complessità che in futuro, affinandosi, completeranno il quadro aromatico. Tannini dolci, strutture di bocca per niente accartocciate, ma ben distese e con profondità gustativa già elevata. Insomma vini già godibili con un bel futuro davanti. Voto 8.5

 

Neive

Quasi sempre in questo momento i vini di Neive sono meno espressivi degli altri e con un’annata dove il caldo si è sentito la paura era che la scarsa espressività si accoppiasse ad una cedevolezza generale. Per fortuna non è così! I 2011 di Neive mancheranno un po’ di freschezza, ma riescono a sopperire con un caldo equilibrio,  una bella sapidità, con tannini maturi che un po’ di tempo renderà anche equilibrati. La media è nettamente superiore allo scorso anno di questi tempi e non può che far sperare bene per il futuro  Voto 7-

 

Treiso

Le altezze ed i terreni di Treiso hanno molto aiutato i loro 2011 ad essere quello che speravo fossero, cioè dei Barbaresco dove la freschezza acida è a guardia di tannini dolci ma venati di austerità. Se i nasi mostrano freschezza che vanno dal frutto al floreale, con note speziate e balsamiche derivanti da legni equilibrati, le bocche sono quasi sempre eleganti con pienezza non eccessiva o invadente. Forse meno pronti dei cugini di barbaresco ma proiettati verso un futuro di grande livello. Voto 9

 

 

Barolo

La prima cosa che nei Barolo 2010 è di un livello differente rispetto ad altre annate (almeno in questo momento) è la grande omogeneità all’interno di un comune accanto ad una netta diversità tra comuni. Anche negli anni scorsi questa diversità era chiara ma quest’anno sembra quasi che abbiamo scavato dei solchi tra gli storici comuni langaroli e che il tempo (meteorologico) abbia aiutato ad approfondire il divario ancor di più. Naturalmente  queste diversità portano anche a differenze qualitative generali (che il tempo smusserà sicuramente) non di poco conto.

Ma procediamo con calma, comune per comune.

 

Barolo

Le note di bella frutta matura che contraddistinguono i 2010 di Barolo sono veramente un biglietto da visita del territorio. Magari il frutto non presenta adesso grande complessità ma sicuramente è segno di gioventù e freschezza. Freschezza che si ritrova anche in bocca in molti vini, magari non profondissimi come trama tannica ma già abbastanza rotondi e godibili. Una media veramente alta, senza grandi alti e bassi: una serie di vini già con buone armonie e con una prontezza al palato che in futuro non si trasformerà in cedevolezza in invecchiamento ma solo in eleganza.  Voto 7.5

 

Castiglion Falletto

Il territorio più convincente, la migliore serie di vini, i Barolo che univano aromaticità classiche (quindi poco accompagnate da legni piccoli)ad ampiezze e finezze tanniche di alto profilo. Vini profondi, eleganti, ma con corpo: nasi dove spezie, frutto e note balsamiche convivevano quasi alla perfezione. Un vero piacere degustarli adesso, figuriamoci tra qualche tempo.  Voto 9+

 

Monforte

Per Monforte non è aprile il più crudele dei mesi ma maggio. Infatti i vini che abbiamo assaggiato raramente (ma per fortuna alcuni grandi ci sono) sono andati oltre nasi poco intensi e mal delineati, strutture tanniche scontrose, introverse e amarognole. Da sempre i vini di Monforte in questo periodo pagano dazio ma quest’anno si sono mostrati  non solo indietro per maturazione sia dei tannini che del vino in generale, ma anche con strane carenze di struttura. Possiamo solo sperare che nel nostro assaggio a novembre la situazione cambi radicalmente. Voto 6—

 

Verduno

Oramai questo comune va considerato alla pari con gli altri, perché oltre al Monvigliero ha altri crù di altissimo livello e produttori di altre zone che hanno a cuore ed in cantina nebbioli  di Verduno. L’eleganza qui è un fattore base, ma il modo con cui arrivarci non è nel 2010 un sentore comune. Diversità dovute alla mano del produttore ritardano o anticipano il risultato finale, che comunque è e sarà di buon livello. Colgo l’occasione per ringraziare i produttori del Monvigliero che ci hanno presentato una verticale 2005-2010, dove si ritrova sia la finezza suddetta con a fianco però quelle diversità interpretative che mi piacerebbe vedere molto più smussate. Voto 7-

 

Serralunga

La potenza, l’ampiezza, la dolce forza dei vini di Serralunga rischia in questo periodo dell’anno di pagare dazio. Nel 2010 questo non è avvenuto e i Serralunga si sono mostrati con tannini rotondi e dolci, anche se fitti e fondamentalmente austeri. Belle freschezze balsamiche al naso, alcolicità forse in qualche caso esuberanti, servono a comporre un quadro che porta alla certezza che i 2010 di Serralunga avranno grande vita e daranno grandi soddisfazioni. Il mio consiglio è, almeno per i barolo “base” (brutta parola per questi vini) di goderseli  senza aspettare molti anni per apprezzarne in pieno l’esuberante giovinezza. Voto 8.5

 

La Morra

Per assurdo Il tratto in comune dei Barolo di La Morra è l’assoluta diversità stilistica ed interpretativa, che però alla fine portava quasi sempre a tannicità ostiche,  dure, a nasi non espressi, a scompostezze e spigolosità diffuse. Anche questa è una zona che a maggio si presenta sempre in ritardo, ma nel 2010 questo ritardo è molto e avrà bisogno di tempo (speriamo non moltissimo)per essere colmabile. Speriamo che l’assaggio di novembre ribalti queste parole. Voto 6–

 

Barolo Riserva 2008 e Barbaresco Riserva 2009

Due parole su queste riserve : ne abbiamo assaggiate circa 40 e nella stragrande maggioranza dei casi siamo rimasti profondamente delusi. Da qualsiasi comune provenissero (a parte, per fortuna alcune bellissime eccezioni)  era un susseguirsi di nasi spenti o imperfetti (alcuni difettati…e per vini che costano una fucilata…cosa dire) bocche povere o quasi vuote, che si rianimavano solo grazie a tannini arcigni e spesso amari.  Mettiamo che le due annate prese in considerazione non siano state il massimo, ma nessuno ha messo la pistola alla tempia di tanti produttori per obbligarli a produrre la Riserva.

Se non sbaglio questi vini  dovrebbero essere la ciliegina sulla torta delle due denominazioni  ma invece sempre più spesso  assomigliano  al vino specchietto per le allodole, fatto e venduto solo perché il mercato tira. Purtroppo questo non è il primo anno che notiamo questa tendenza e, con i dovuti distinguo per quelle ottime esecuzioni che comunque ci sono, non potevamo esimerci dal parlarne e dal lanciare un segnale che speriamo venga recepito.  Voto…meglio non darlo.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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