Bardolino 2018: Un treno che viaggia lento ma sicuro e che potrebbe anche…2 min read

Forse in Valpolicella non saranno d’accordo ma proporrei di creare la prima DOC “delocalizzata o a scelta d’Italia”, scrivendo sulle etichette del Bardolino “Bardolino o Valpolicella”.

Così si potrebbero prendere due piccioni con una fava, da una parte ampliare il mercato del Bardolino, dall’altra permettere ai produttori della Valpolicella di abbandonare senza remore il Valpolicella “base” e utilizzare tutte le uve per Ripasso e Amarone.

Naturalmente sto scherzando, però considerando il limbo in cui è relegato il Valpolicella d’annata e  assaggiare Bardolino giovani (dalle stesse uve del Valpolicella) trovandoli  di  una media qualitativa piuttosto alta fa pensare a questa impossibile delocalizzazione.

E non è che quest’anno si sia trovato le solite punte qualitative a cui il Bardolino ci aveva abituato: più che altro abbiamo riscontrato una qualità media molto alta, con vini quasi sempre rotondi e piacevoli e (purtroppo) con solo pochi esemplari dove la freschezza era un cardine su cui poter invecchiare per un buon numero di anni.

Quindi ancora una volta il Bardolino si conferma vino rosso di grande piacevolezza, con un discreto numero di cantine che oramai possono puntare a unire la bontà immediata con la possibilità di invecchiamento.

A questo punto, dati alla mano, almeno una decina di produttori (qualcuno lo sta già facendo da anni con grandi risultati) può puntare ad un SuperBardolino, che non ha niente a che vedere con il Bardolino Superiore e che riesca a coniugare grande aromaticità giovanile ad una notevole possibilità di invecchiamento.

Attenzione: questo non vuol dire mettere mano ai legni e ingessarlo o ancor peggio utilizzare uve appassite, ma semplicemente capire quali partite di grande corvina (vitigno di una elasticità interpretativa assoluta) utilizzare per un vino che possa tranquillamente andare avanti per 10-15 anni almeno. Del resto assaggiando Bardolino di annate non recenti non siamo mai rimasti delusi, sarebbe quindi il momento di far capire che il risveglio qualitativo di questa DOC può portare a traguardi che non siano solo la vendita quasi immediata a prezzi da realizzo.

Questo potrebbe anche rialzare nell’immaginario collettivo l’immagine del Bardolino, ancora molto legata al vino da autogrill.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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