Babbo Natale è arrivato a luglio e…. in Ferrari4 min read

Faceva molto caldo, anche perché erano i primi giorni di luglio. Di solito Babbo Natale si palesa quando il termometro e la neve scendono  per cui  io, Pasquale Porcelli e Pierlorenzo Tasselli eravamo sudati ma tranquilli, non aspettandoci certo una clamorosa imboscata del “vecchio in rosso”.

Inoltre nel parcheggio delle cantine Ferrari, alle porte di Trento, non era parcheggiata nessuna slitta e avvicinandoci all’ingresso non dovemmo fare attenzione a nessun “ricordino” di renna.

Eppure appena entrati nelle nuove ed accoglienti sale, dove i gruppi di turisti si susseguono come le salsicce, ecco arrivare Babbo Natale.

Non stiamo parlando del classico biancobarbuto; i tempi cambiano ed anche Babbo Natale si adegua. In questo caso si presentava nei panni di Ruben Larentis, il bravissimo enologo di casa Ferrari.

Noi ovviamente non l’avevamo riconosciuto subito (Babbo Natale, non Ruben!) ma dal mezzo sorrisino che gli usciva di bocca avremmo potuto sospettare che in agguato c’era qualcosa, magari un regalo. Ma ingenui come educande non sospettavamo minimamente che oltre una porta in legno massello Ruben cambiasse immediatamente d’abito e vestendo quello di Babbo Natale ci regalasse la più bella degustazione di vini spumanti mai fatta in una singola cantina da molti, molti anni a questa parte.

Più di venti bollicine, oltre ad alcuni campioni da vasca del 2010 che ancora dovevano essere tirati. Cioè la gamma Ferrari ancora in affinamento con i 2006-2007-2008 (, Perlè, Perlè Nero , Riserva Lunelli Perlè Rosè e ovviamente Giulio Ferrari) per poi andare indietro negli anni fino ai favolosi anni novanta.

Volete sapere le annate? Non ve le dico! In primo luogo perché voglio farvi morire d’invidia “a prescindere” e poi, quando Babbo Natale ti fa un regalo del genere, meglio tenere un certo riservo. Il bello è stato che ad un certo punto i Babbo Natale sono diventati due, perché al gruppo se n’è aggiunto un altro sotto le mentite spoglie di Marcello Lunelli.

Ma quali impressioni sono scaturite dall’assaggio? Partiamo dalla “triade bianca” Perlè, Riserva Lunelli e Perlè Nero. Tre vini che, pur con uvaggi diversi (i primi due chardonnay 100%, il terzo solo Pinot nero) parlano lo stesso linguaggio di finezza ed equilibrio.

Il bello delle bottiglie Ferrari, recenti o con 10-20 anni di maturazione, è la finezza della bollicina. Non troverete mai vini estremamente potenti e/o squilibrati. Troverete, a seconda dell’annata (tipo 2006) vini più potenti ma comunque con tutte le altre cose per  “sopperire” a quella potenza. Unica nota leggermente fuori quadro  (addirittura i due Babbo Natale erano d’accordo con noi ) la Riserva Lunelli, solo a causa di una leggera marca di legno ancora non fusa. Ma, almeno per la Riserva Lunelli,  stiamo parlando di vini in affinamento, che non saranno in commercio per diverso tempo.

Il Giulio Ferrari, sia in versione giovanile che con i dovuti anni sul groppone fa gioco a sé. Sarebbe da definire “bollicina estrema” perché da giovanissimo è chiusissimo e quando si apre porta con se nota di notevole maturazione che possono anche creare qualche discussione.

Ho lasciato da parte il Perlè Rosè, che anno dopo anno (anche se quest’anno non è stato presentato ai nostri assaggi) prende la palma di miglior spumante rosè italiano. Ne abbiamo assaggiato la prima annata, che non è andata in commercio. Come detto non parliamo di anni, anche se…. il “Vent’anni dopo” di Dumas fotograferebbe un periodo breve. Le sensazioni? Rispetto e stupore per un vino ancora perfetto e di…stile Lunelli.

Comunque a questo punto dovete scusarci ma tra, più di venti assaggi (e chi aveva il coraggio di sputare!) la sorpresa natalizia a luglio, i due Babbo Natale travestiti da Marcello e da Ruben, i ricordi cominciano ad annebbiarsi e preferiamo non dire altro.

Anzi, un ultima cosa la vogliamo dire “Grazie Babbo Natale per questo regalo di Natale molto anticipato. Comunque, anche se ti eri travestito ed addirittura sdoppiato, noi ti abbiamo riconosciuto (quasi) subito!”

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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