Assaggi Valtellina: pochi ma buoni!3 min read

Lo diciamo subito, speravamo che dalla Valtellina arrivassero più vini per le nostre degustazioni. Sia noi che il consorzio abbiamo richiesto a più riprese i vini alle aziende, che purtroppo in diversi casi hanno fatto orecchie da mercante.

Per questo l’articolo di commento alla degustazione sarà leggermente diverso rispetto al normale, perché proveremo a estrapolare da delle “risultanze singole” ( o quasi) delle indicazioni generali su questo territorio, che comunque ci sembra goda di ottima salute e sia netta crescita  qualitativa.

Ma questa crescita ha, per fortuna, sfaccettature molto diverse.

Per esempio una dimostrazione di quanto voglia ci sia di riscoprire le radici di questa terra ce l’ha data la cantina di una giovane leva locale, che ha presentato un ottimo metodo classico da pignola valtellinese, uva autoctona che, almeno rifacendosi a quel metodo classico, non ha niente da invidiare come corpo e freschezza a vitigni più blasonati. Mostra aromaticità che toccano più il floreale e lo speziato  del fruttato, di bella finezza e veramente variegate. Il tutto si basa su un’acidità di base importante ma non invadente, che conduce il vino verso un sicuro miglioramento nel tempo, mantenendo più a lungo sui lieviti.

Del resto in zona le acidità non mancano certo, però oramai sono quasi sempre armonizzate al vino e si è persa la memoria di quando i vini della Valtellina avevano degli spigoli acidi “vivi” in cui si incastravano tannini indomabili e verdi.

E non è solo una questione di tempo ma di vigne e cantine che hanno fatto passi da gigante.

A proposito di tempo, in Valtellina c’è una cantina forse unica in italia, dove il Tempo, quello con la “T” assume il suo vero significato. Il nome penso lo sappiano in tanti ma chi non lo conoscesse basta vada nei nostri assaggi e guardi chi adesso presenta vini base del 2003 (!) e riserva  o selezioni del 2002 (!). Si può discutere all’infinito su questi vini ma secondo noi al produttore dovrebbero fargli un monumento o quantomeno  proporlo all’Unesco come Patrimonio dell’Umanità, perché tenere di media, in cantina, i vini per almeno 15-16 anni primi di metterli in commercio non è solo una straordinaria e meravigliosa follia enologica, ma è anche rendere tangibile e positivo il passaggio e l’importanza del tempo in una società e in un mercato che il tempo lo considera sempre come un problema. Un esempio difficile da seguire ma che andrebbe preso seriamente in considerazione e maggiormente premiato.

Inoltre i “vinosauri” (lo diciamo con affetto e incredibile rispetto) di questa cantina dimostrano che i buoni vini valtellinesi possono invecchiare per un tempo indefinito, ma per fortuna riescono ad essere  piacevoli sin da subito.

Lo dimostrano (anche) i  vini di una cantina “puntinata”, non nel senso della malvasia laziale ma del nome aziendale che ha due puntini al suo interno. Quest’anno in particolare, con sei vini di straordinaria levità e levatura, ci ha dimostrato come l’eleganza sia un concetto tangibile e godibile, che riesce a catturare il naso e il palato di chiunque gli si avvicini. Tannini così fini e “poetici” di solito si trovano dopo anni di invecchiamento, invece “i puntinati” li mostrano nei loro vini  dopo due-tre anni dalla vendemmia, accompagnandoli con gamme aromatiche che sembrano un crescendo rossiniano, tanto partono soffuse per poi allargarsi e riempire lo spazio attorno a te.

Il bello è che questi produttori sono circondati da altri che, con calibrature diverse, seguono questa strada e  per fortuna, stanno lentamente abbandonando l’idea che il vino buono locale sia solo lo Sforzato, e dopo diversi anni dalla vendemmia. Da nostri assaggi abbiamo capito che le varie sottozone, siano esse Grumello, Valgella o Inferno, hanno molto da dire e con tono pacato ma fermo. Non per niente i migliori vini dei nostri assaggi sono venuti fuori dai Superiore, non dagli Sforzato o dalle Riserva e questo vuol dire che il vigneto riesce a parlare, senza tanti intermediari.

In questo caso siamo noi i vostri “intermediari”, presentandovi dei vini che vi permetteranno gioie enoiche e piacevoli riflessioni su come la Valtellina possa essere foriera di scoperte sempre nuove.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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