Arieccoci con lo zucchero in etichetta!4 min read

Ieri, lunedì 12 marzo, le principali associazioni europee del vino (Copa-Cogeca e Ceev) hanno presentato al Commissario UE per la salute una proposta di autoregolamentazione,  in materia di indicazione in etichetta per il vino, delle dichiarazioni nutrizionali e degli ingredienti.

Questa proposta, per quanto riguarda le grandi cooperative europee (Copa-Cogeca) non vedrà la  firma delle parti italiane (Cia, Confcommercio, Confagricoltura) perché non prevede l’obbligo della menzione di eventuale aggiunta di saccarosio nel vino.

Per inciso altre richieste di autoregolamentazione, come l’etichettatura elettronica  (inserimento di un link che rimandi ad un sito web aziendale) ,  indicazione solo delle calorie totali per 100 ml e non del contenuto di sali, proteine e grassi vanno bene agli italiani, ma l’intoppo è sullo zucchero aggiunto. Questa notizia mi porta ad alcune riflessioni, anche molto diverse tra loro.

Il saccarosio si e gli zuccheri residui no?

Fermo restando le persone che hanno una minima infarinatura di vino sanno che storicamente quella che in Francia chiamano chaptalisation (cioè l’aggiunta autorizzata di zucchero nel mosto) è una pratica non solo ammessa da moltissimi anni, ma considerata moralmente più che lecita da nazioni come appunto la  Francia, ma in generale da tutti i paesi del nord Europa, mi domando perché si debba segnalare un tipo di zucchero e non semplicemente la percentuale finale di zuccheri nel vino.

Basta andare sul sito della SAQ, il monopolio canadese, per vedere quanti vini “secchi” italiani e non solo, anche di altissimo livello, abbiano da 10 e 30 grammi di zuccheri residui. Questo è meglio o peggio che utilizzare zucchero in vinificazione ? Probabilmente la richiesta italiana non è passata perché gli altri paesi hanno pensato che ci avrebbero guadagnato solo i paesi mediterranei.

Il saccarosio si e il mosto concentrato no?

Da sempre nei paesi mediterranei (e non solo) usare mosto concentrato è il modo per rispondere all’uso dello zucchero del nord Europa. Se lo zucchero in realtà altera solamente il grado alcolico l’aggiunta di mosto concentrato rettificato (MCR) è praticamente l’inserimento in un mosto x di un altro mosto y, fatto quasi sempre con uve diverse da quelle che si trovano nel mosto x. Questa pratica è avversata da tanti piccoli produttori che si sbattono in vigna per arrivare ad un grado alcolico sufficiente (anche se oggi, viste le estati molto calde la cosa è molto più facile) e comunque non è certo un sistema più sicuro e trasparente dell’uso dello zucchero. Questo non deve essere riportato in etichetta?

Ma siamo sicuri che aiuterà davvero? Chi?

Ma siamo sicuri che riportare per legge  l’utilizzo di zucchero dia una mano a chi non lo usa? Non parlo del “mondo del vino”, per gli esperti, per chi un minimo di infarinatura ce l’ha, ma siamo sicuri che  trovare in un’etichetta, in quelle di vini di grande commercializzazione, diciamo un Tavernello tedesco, la scritta “con 10 grammi di zucchero” invece che allontanare il consumatore inesperto lo invogli all’acquisto?

Oramai siamo in un modo dove le multinazionali del cibo, i produttori di bevande analcoliche, le catene tipo McDonald’s usano sempre più zuccheri e non se ne vergognano. Il gusto dolce è facile, immediato, appagante e quindi vedere in un vino lo zucchero forse farebbe vendere molte più bottiglie ai paesi nordici rispetto a quelli mediterranei.

Una storia vecchia come il Cucco

Posso dirlo? MA CHE PALLE! E’ da quando Berta filava che si parla di segnalare in etichetta quanto zucchero (aggiunto, naturalmente) c’è nel vino e sapete a cosa serve tutto questo? A non prendere in considerazione il vero problema, cioè quello di altre sostanze, come la gomma arabica, che svolgono in maniera più subdola lo stesso compito dello zucchero. Se lo zucchero lo puoi, con un minimo di attenzione, percepire, la gomma arabica non la senti, non puoi sapere se c’è se non te lo dicono e tutti sappiamo quanti vini vengano premiati ogni anno perché “molto rotondi e avvolgenti” grazie a dosi non omeopatiche di gomma arabica non dichiarata (e che so’ scemi a dirtelo?)

Il Vaso di Pandora

Il problema della gomma arabica è che apre la porta a tutti i prodotti e alle pratiche ammesse dalla OIV per fare vino. “Perché la gomma arabica si e, per esempio, i lieviti selezionati e/o l’osmosi inversa no?” Potrei rispondere “ Perché renderebbe l’etichetta d un vino peggio di un bugiardino e allontanerebbe  tanti consumatori, non facendo inoltre assolutamente chiarezza”. Certo i seguaci del vino naturale non la vedono così, ma non siamo davanti ad un medicinale .

E allora? Allora ognuno ha la sua ricetta, le sue priorità. Il mio, lo ripeto, sarebbe  quello degli zuccheri (di ogni tipo) e della gomma arabica, e per voi?

 

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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