Antociani 2.03 min read

Arrivati alla seconda puntata occorre fare un passo indietro perché probabilmente alcuni si domanderanno: da dove arrivano questi antociani? Bravi, domanda pertinente.

I composti fenolici – grande famiglia comprendente i nostri “amici” – sono il prodotto secondario del catabolismo degli zuccheri.

La fenilalanina-ammonioliasi è un simpatico enzima che permette alla fenilalanina di spostarsi dalla sintesi proteica a quella dei composti fenolici, quindi la sua presenza ed attività è fondamentale perché l’uva accumuli tannini ed antociani. Il nostro piccolo eroe, PAL per gli amici, si trova nell’acino, più precisamente nelle cellule epidermiche e nei vinaccioli.
 
Le attività agronomiche devono essere rivolte a velocizzare l’azione della PAL: sappiamo che è un sistema foto-inducibile e una scarsa illuminazione del grappolo può limitare la sintesi delle sostanze coloranti. La stessa temperatura ha un’azione importante perché se da un lato le temperature elevate favoriscono l’accumulo dei composti fenolici,  dall’altro la mancanza di escursione termica giorno/notte diminuisce la pigmentazione dell’uva. Gli antociani cominciano ad accumularsi nella buccia prima che il loro colore sia visibile ed hanno una leggera flessione in termini quantitativi quando l’uva raggiunge la piena maturità.

Come anticipato nel precedente articolo, le antocianidine scompaiono a distanza di pochi mesi dal termine del processo fermentativo, così come i monoglucosidi diminuiscono drasticamente nella fase di affinamento del vino. Infatti, tali composti  possono andare incontro a fenomeni di  degradazione o stabilizzazione. 
Due sono i meccanismi di degradazione per gli antociani, termica ed ossidativa.
Si può comunque pensare che la degradazione sia legata a un effetto congiunto di temperatura, ossigeno e fattori, quali luce, pH e catalizzatori (Cu2+; Fe3+).

La diminuzione di antociani nelle forme suddette si presenta già ad una temperatura di conservazione del vino superiore a 20 °C  ed è accentuata dall’ambiente ossidativo.  Una piccola parte precipita inoltre come materia colloidale. Quindi assisteremo ad  una diminuzione irreversibile del colore, con spostamento dello stesso verso una tonalità aranciata. Ciò non significa che tutto il vino rosso si trasforma in succo d’arancia, poiché la maggior parte di composti coloranti si condensa con i tannini dando origine a delle molecole stabili.
 
Per questi motivi è di fondamentale importanza che l’enologo metta in atto tutte quelle pratiche che favoriscano condensazioni/copigmentazioni e un buon contenuto di materia colorante fin dal mosto.

Siccome si mormora che il vino sia fatto con l’uva, il primo passaggio importante è la scelta del momento migliore di raccolta o maturità fenolica, cioè uva con un buon quantitativo di antociani potenziali e capacità di diffusione nel mosto/vino.

Non sempre le uve più ricche di pigmenti danno origine a vini molto colorati perché se ad esempio l’uva viene raccolta troppo presto si avrà una buccia non in grado di degradarsi a sufficienza. Una leggera surmaturazione aiuta sicuramente il processo di rilascio del colore, favorito dallo stato avanzato di dissociazione delle pareti cellulari .

Inoltre il tecnico deve evitare come la suocera l’insorgere della muffa sull’acino, che se non controllata causa marciume acido e successivo sviluppo di laccasi, un enzima che degrada tannini ed antociani – ci sono armi specifiche per “combattere” la laccasi.

In cantina le pratiche enologiche atte all’estrazione del colore cominciano dalla macerazione prefermentativa, la scelta della temperatura, la durata della macerazione fermentativa, il numero dei rimontaggi. Il tecnico deve mediare l’estrazione del colore con quella tannica ed aromatica, in funzione delle caratteristiche che dovrà avere il vino.

Durante l’affinamento una moderata ossidazione del vino favorisce la reazione tra antociani e tannini mediata dall’etanolo, come avviene in caso di invecchiamento in recipienti di legno o vini sottoposti a microssigenazione. In bottiglia il colore si evolve verso tonalità aranciate a causa della quasi assenza di ossidazione: la velocità di questo processo dipende dalla quantità di tannini presenti.

Mi è venuta voglia di un bicchiere di vino bianco. A voi no?

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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