La prima giornata delle anteprime toscane ci ha portato a San Gimignano. Questa della Vernaccia non è tecnicamente una vera e propria anteprima “imbottigliata” dato che i vini del 2009 sono ancora (per fortuna) in vasca e andranno in vetro almeno tra due mesi.
Anche se nel pomeriggio del lunedì si sono potuti assaggiare sia campioni da vasca sia quelli attualmente in produzione, l’evento oramai classico di questa manifestazione all’ombra delle torri è la degustazione comparativa tra la Vernaccia di San Gimignano ed un grande bianco estero.
Quest’anno è toccato al Pouilly Fuissè, denominazione del Maconnais a base chardonnay, posta tra la Borgogna (a nord) ed il Beaujolais (a sud). Anche quest’anno abbiamo potuto assaggiare 6 vini di questa denominazione e altrettante vernacce rendendosi conto di come quest’ultima denominazione abbia diversi assi nella manica quando si parla di possibilità di invecchiamento. Non voglio stare qui a tediarvi con descrizioni di vini che difficilmente (o perché non sono commercializzati in Italia o perché praticamente esauriti) potrete assaggiare. Credo sia più interessante parlare del confronto “umano” tra produttori.
Ho ancora una volta ammirato la maestria francese di riuscire a presentare il proprio territorio, qualunque esso sia, come qualcosa di unico ed irripetibile. Il loro modo di presentare il “terroir” è frutto di un’esperienza secolare che porta a non parlare praticamente mai di quello che invece è spesso l’argomento principe per i produttori italiani: la cantina. Peccato che le cantine moderne si assomiglino un po’ tutte, mentre i territori siano sempre diversi . Per questo stai ad ascoltare, quasi rapito, un produttore francese e spesso ti annoi seguendo i discorsi di un italiano. Per fortuna a San Gimignano si sta cominciando a capire che la vigna deve essere messa al primo posto e quindi essere l’argomento principale della propria presentazione.
Oltre la presentazione dei singoli ci è comunque rimasta la bella sensazione che i produttori di vernaccia credano finalmente, senza alcun tentennamento, che il loro futuro si trova in vigna e non in cantina. A convincerli sempre più forse potranno essere stati anche questi contatti annuali con produttori che adorano il “dio terroir” e riescono a comunicarlo in maniera molto chiara.
Inoltre questa volta, rispetto agli altri anni, c’era una denominazione estera certo importante ma non un mostro sacro irraggiungibile. Questo ha permesso di tastare meglio il polso alle possibilità di maturazione ed evoluzione della vernaccia e di capire che, se di strada ce n’è tanta da fare, almeno si è imboccato la via giusta.
Chiudo con la frase di una collega: “Gli anni scorsi venivamo a questa manifestazione quasi solo per assaggiare i vini esteri: piano piano abbiamo capito che conviene venirci per degustare con molta attenzione anche delle belle vernacce!”