Alto Piemonte: sempre più una certezza!3 min read

Cominciamo con qualche dato che inquadra la degustazione: oltre il 20% dei vini degustati si posiziona tra i Vini Top e ben il 75% dei vini assaggiati prende almeno 80 punti (e noi, come sapete, non spariamo punteggi come se non ci fosse un domani).

Questo, dal punto di vista del consumatore, vuol dire che nelle molte DOC dell’Alto Piemonte può trovare non solo grandi vini ma anche una qualità media molto alta praticamente in ogni denominazione.

Dal nostro punto di vista, dopo tre giorni di assaggi e visite, vuol dire che l’Alto Piemonte  sta non solo crescendo, ma crescendo facendo squadra e presentando, anno dopo anno, sempre nuovi e interessanti produttori.

Anche quest’anno, accanto a quei 7-8 nomi che da anni sono al top della produzione italiana e non solo, abbiamo trovato un bel numero di new entry di assoluto valore.

Una delle caratteristiche di questo territorio, dove convivono una decina di denominazioni , è che attraversandolo in auto sembra vi si produca  di tutto fuorché il vino, tanto il vigneto è presente in minima parte e spesso nascosto dai boschi. Questo perché circa 100 anni fa qui era praticamente tutto vitato e così  oggi chi vuole piantare (Gattinara e  forse Ghemme a parte) può trovare punti meravigliosamente adatti alla vite. Questo poi porta a produrre vini precisi, chiari, netti e di alto profilo.

Un ‘altra caratteristica  dell’Alto Piemonte è che i suoli hanno notevoli diversità e all’interno della stessa denominazione si passa dalla sabbia all’argilla , dai sedimenti morenici alla roccia nell’arco di poche decine di metri: per questo nei nostri assaggi abbiamo notato che le denominazioni sempre più si differenziano l’una dall’altra e inoltre cominciano veramente a mostrare diversità importanti anche al loro interno.

Per esempio mai come quest’anno abbiamo percepito le differenze tra Ghemme e Gattinara, dove la prima mostra più opulenza e rotonda potenza la seconda più ferrigna austerità ma nello stesso tempo una sottile e sensibile finezza tannica.  Ormai non si può nemmeno pensare di scambiare un Fara per un Ghemme o un Sizzano per un Gattinara o per un Boca e questo è basilare per permettere al consumatore di scegliere e orientarsi bene.

Per orientarsi converrà tenere presente anche i miglioramenti  in quelle che potrebbero essere considerate denominazioni a caduta, cioè Coste della Sesia e  Colline Novaresi. Qui il discorso è molto semplice: se specialmente si parla di nebbiolo o di uvaggi con vespolina, croatina e uva rara, si trovano sempre più vini di notevole piacevolezza a prezzi molto ma molto interessanti.

Personalmente, per quanto riguarda queste due denominazioni  sono convinto che gli andamenti stagionali che possono colpire più facilmente un singolo vitigno, alla fine dovrebbero far prevalere l’idea che l’uvaggio è la strada migliore per “mediare” e proporre sempre prodotti di alto profilo.

Lo sanno e lo hanno ben inteso in quel “crogiuolo” in ebollizione che è il Bramaterra. Qui anno dopo anno spuntano nuove realtà che imbottigliano (magari già producevano uve) e si propongono al mondo con vini se vogliamo anche molto personali ma di una nitidezza notevole. Una denominazione da tenere sicuramente d’occhio, anche perché i prezzi dei terreni nella zona del Ghemme e del Gattinara cominciano ad essere  molto alti per i viticoltori locali.

Venendo alle annate degustate  forse solo i 2017 in Alto Piemonte hanno freschezza, profondità e finezza, senza assolutamente  marcare alte gradazioni alcoliche: questa è forse la cartina tornasole  che ti fa capire i pregi del territorio e come mai molti produttori di altre zone puntino su queste zone. Ottimi risultati abbiamo avuto anche dalla 2016 e dalla 2018, quest’ultima forse meno concentrata ma sicuramente equilibrata.

In definitiva L’Alto Piemonte non solo è una certezza, ma continuerà ad esserlo sempre più!

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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