Alla riscoperta dell’Abruzzo6 min read

Un testimonianza in tribunale a Pescara per una cara amica mi ha riportato, dopo diverso tempo in Abruzzo. Ne ho così approfittato per farmi un giro di due giorni tra cantine e per annusare un po’ l’aria che tira. La prima tappa è stata al Consorzio del Montepulciano d’Abruzzo e così sin da adesso posso anticiparvi che a settembre tra i nostri assaggi in rosso ci sarà anche questo vino.

Le visite mi hanno portato dall’aquilano, al chietino al teramano, toccando aziende diverse tra loro ma unite idealmente dall’avere dei giovani a dirigerle e dal privilegiare moltissimo il mercato estero (esportano in media attorno al 75%).

Il viaggio non è stato incentrato, come quello di qualche anno fa (vedi),  sui flussi di sfuso  che purtroppo vennero poi portati alla ribalta dagli scandali che tutti conosciamo. A questo proposito ricordo sempre come, pur non riuscendo a far fare un nome che fosse uno ai responsabili delle varie cantine sociali, trovavo in loro una grande conoscenza della ristorazione toscana….chissà perché….

Anche se organizzato con un altro taglio è stato comunque un viaggio tra conferme e sorprese.

La conferma più importante è che il vero cuore storico del Montepulciano si trova ben all’interno, nell’aquilano. Che si parli di Prezza, di Popoli, di Ofena, di Vittorito siamo sempre di fronte al luogo dove il Montepulciano (in Abruzzo) ha iniziato la sua storia viticola e da dove è partito per “colonizzare” molte parti d’Italia e ovviamente tutto l’Abruzzo. In queste zone il tendone (figlio del dopoguerra e degli impianti iperproduttivi  di quel periodo….e non solo) praticamente non esiste e addirittura, oltre al filare si parla addirittura di alberello.

Ma dagli anni cinquanta la vera produzione di Montepulciano si fa in provincia di Chieti, a non molti chilometri dal mare. Sarebbe facile liquidarla tutta come produzione di serie B ma ciò oltre che falso, sarebbe profondamente irrispettoso dei tanti che sono riusciti a sfruttare al meglio un impianto che le alte temperature di questi anni, stanno rivalutando.

Sto parlando del tendone o, per usare un termine tanto caro al povero Valentini, della pergoletta abruzzese. Su questo tipo di impianto si possono arrivare a produrre anche 300-400 quintali ad ettaro ma chi vuole fare qualità può tranquillamente farla, riducendo drasticamente le rese ed arrivando a produrre 80-90 quintali di uva sicuramente meno “assolata” di giorno e molto meno colpita dal calore della terra di notte.

Insomma. In zone calde come la costa ed il primo entroterra abruzzese, il tendone (se….etc) può tranquillamente essere considerato come una forma di allevamento assolutamente valida per produrre qualità, in certe annate torride (2003-2007-2011) addirittura superiore al cordone speronato. Nel duello tra Chieti e l’Aquilano si è inserita da diversi anni la provincia di Teramo che vanta la caratteristica di avere le montagne molto a ridosso del mare e quindi propone un mix microclimi con grandi escursioni termiche accanto a terreni molto adatti alla viticoltura.

Come detto non è stato un viaggio nello sfuso ma lo sfuso in Abruzzo non può essere ignorato. Vi riporto quindi qualche dato. Quest’anno, che ha visto un innalzamento notevole dei prezzi, lo sfuso di alta qualità viene trattato a 5€ al grado, che in soldoni significa attorno ai 65 euro al quintale. Sto parlando di roba di qualità, ma “il mare magno” di Montepulciano certe cifre se le sogna. Attualmente chi si pone in una specie di via di mezzo vendendo dame da 5 litri ai privati, ha prezzi attorno all’euro al litro, ma molte cantine sociali vendono le stesse dame attorno a 50 centesimi al litro e solo lo scorso anno si parlava di partite di sfuso uscite di cantina a 20-25 euro al quintale.

Come vedete la situazione per molti versi è difficile e quindi mi ha fatto ancora più piacere trovarmi in cantine che non soffrono crisi, che aumentano le vendite anno dopo anno, che mostrano idee chiare ed una voglia incredibile di crescere.

Le sorprese  sono venute dalle cantine, diverse ma simili: dalle tradizionalissime dell’interno ( Praesidium) alle nuovissime della costa (Collefrisio), da quelle nate  trent’anni fa (Buccicatino)  a quelle che hanno una praticamente una decina d’annii (Talamonti) per arrivare al Teramano con Nicodemi e tornando indietro chiudere con i miei cari amici di Torre dei Beati.

Come accennato tutte gestite da giovani e giovanissimi, tutte con la loro filosofia aziendale ben chiara, tutte con delle belle carte da giocare. Carte che non toccano solo il Montepulciano ma,tanto per fare un esempio,  una rinnovata passione  (cum grano salis) per il cerasuolo.

Due parole su questo vino: l’ultima volta che ne avevo assaggiati diversi ero rimasto veramente deluso mentre i 6-7 degustati, tutti del 2011, mi sono sembrati veramente buoni. Nasi puliti, profumati e ampi, bocche fresche, equilibrate e pure con discreta struttura. Vini da consigliare anche e soprattutto a tavola,  con il “rischio” di essere finiti alla svelta. Se questa è la media dei Cerasuolo in pochi anni si sono fatti passi da gigante.

Sui bianchi la tecnica, sia in vigna sia in cantina, sta venendo in aiuto al “povero” trebbiano, che in molti casi mi ha sorpreso per sapidità,pulizia e, udite udite, buona struttura. Oramai però il pecorino sembra essere il vitigno bianco per eccellenza (almeno al top) ma la sua notevole disomogeneità stilistica prima o poi porterà tanti nodi al pettine, almeno a livello di immagine del territorio.

Ma veniamo al mio caro amico Montepulciano, un vitigno che riesce ad esprimersi in maniera corretta anche con rese attorno ai 200 quintali ad ettaro, che forse da il meglio di se nella fascia da 90 a 70 q.li e comunque mantiene eleganza ed equilibrio quando si scende al di sotto.  In quest’ultima  fascia si trovano diversi vini che ho assaggiato nel mio giro, ma permettetemi di ribadire che i veri miracoli il Montepulciano li fa quando la resa non può essere bassa ed il prezzo della bottiglia si aggira (ma in molti casi si trova molto al di sotto ) attorno ai 4-5 euro franco cantina.

In questa fascia d’ingresso abbiamo piacevolezza, giusto corpo, spesso anche freschezza  unita a buone complessità aromatiche. Non è facile che un vitigno possa dare tanto a questi prezzi. Sono quindi proprio curioso di vedere cosa ci riserveranno gli assaggi settembrini e la speranza è di poterli fare in zona, così da avere la possibilità di allargare ancora le nostre conoscenze “cantinesche”.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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