Alla Leopolda di scena la CCC: Chianti Classico Collection4 min read

Nella solita accogliente e gigantesca Stazione Leopolda abbiamo vissuto la prima giornata della Chianti Classico Collection. Nella sala, anzi nelle sale riservate una per i giornalisti l’altra per i produttori, talmente lunghe che ci si potrebbero correre i cento metri, (anche se, dopo qualche assaggio, con tempi attorno al minuto) si potevano degustare centinaia di vini. Noi ci siamo limitati ad assaggiare tutti quelli della nuova annata in commercio, la  2023,nonché una corposa selezione delle Riserva 2022.

L’annata 2023 passerà alla storia, non solo in Toscana,  come quella dove la peronospora ha dettato legge. Un maggio in cui ha piovuto praticamente per 20-25 giorni ogni pomeriggio ha impedito a molti, proprio nei momenti cruciali, di entrare in vigna per trattare e il risultato è stato un proliferare del patogeno in maniera in qualche caso abnorme. Ho ancora sotto gli occhi le vigne chiantigiane a luglio e vi garantisco che in buona parte non erano un bello spettacolo. La cosa purtroppo, come detto, non ha interessato solo il Chianti Classico ma molte parti della Toscana e d’Italia sia al centro che al sud.

I Chianti Classico 2023 sono figli di una vendemmia con tanta peronospora.

L’assaggio non si presentava così sotto i migliori auspici e purtroppo ho avuto la conferma che siamo di fronte ad un’annata molto difficile. La mancanza di corpo è una delle caratteristiche di diversi vini, come la ruvidezza tannica che in qualche caso sfocia in un finale amaro. Altra caratteristica dell’annata è che non si possono menzionare UGA o territori migliori di altri ma solo aziende che sono state graziate (o che sono riuscite a salvarsi) e altre che sono state colpite più o meno duramente. Un andamento a macchia di leopardo che non tiene conti di altitudine, terreni, esposizioni ma solo di vigne colpite più o meno dalla peronospora. E’ brutto dirlo, perché annate come la 2023 mettono alle corde tanti produttori  ma non si può certo far finta di niente. Anche se i risultati degli assaggi ufficiali li avrete a settembre, a rilievi spannometrici posso dirvi che su 55 campioni degustati (almeno 15 da botte) ne ho trovati 10-12 di buon livello e tra questi 3-4 veramente di alto profilo. Per il resto spero che qualche mese (sono stati imbottigliati tutti di recente) in bottiglia possa rendere la maggioranza di questi 2023  più rotondi e equilibrati e eliminare note amare dovute anche alla solforosa in imbottigliamento.

Meno male c’è la Riserva 2022

Le buone notizie vengono dalle Riserva 2022, che mi hanno veramente sorpreso per pienezza, dinamicità e definizione tannica: non siamo di fronte all’annata del secolo ma sicuramente tante riserva sono di buona/ottima pienezza e con aromi dove il legno è meno marcato che in passato, permettendo a note fruttate e di erbe officinali di presentarsi al meglio. Il tannino è spesso concreto, forse un po’ ruvido ma di ottima fattura, specie in ottica invecchiamento. Se devo fare dei distinguo la mia personale propensione mi porta a privilegiare le Riserva 2022 di aziende con vigne in zone piuttosto alte, diamo dai 350 metri in poi. Però le Riserva 2022 non erano moltissime, alla fine ne ho degustate una ventina e quindi il giudizio è rimandato a settembre anche se di queste venti ben poche mi hanno deluso., diciamo un 5-6 al massimo.

Domani alla Chianti Classico Collection tre cose molto importanti

Domani sarà una giornata importante perché verrà conferito il XIII Premio Giulio Gambelli per l’enologo under 40 che più si è ispirato nel fare vino ai dettami del grande maestro, ma sarà anche il momento in cui verranno celebrati i 100 anni della nascita di Giulio con un convegno sulla storia chiantigiana nel periodo in cui Gambelli ha creato i suoi indimenticabili vini e, last but not least, verrà presentata la sua nuova biografia ampliata in ogni parte. Di questa, del premio  e del convegno vi parlerò diffusamente domani.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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