Albugnano 549: un nebbiolo che non può che crescere8 min read

Un press tour di tre giorni organizzato dall’associazione Albugnano 549 mi ha dato la possibilità di approfondire questa denominazione e gli obiettivi che vorrebbero perseguire. L’associazione si è avvalsa della preziosa collaborazione di Stefano Bosco e Francesca Corsini uffici stampa e Valentina Casetta PR responsabile della segreteria organizzativa. I tre ci hanno accompagnato passo dopo passo in questa maratona di vino, cultura e tradizione.

Ma partiamo da lontano.

Albugnano è un paese che si trova a soli 30 km a Est di Torino, ma che geograficamente parlando si trova nel basso Monferrato, a Nord Ovest di Asti.  Viene comunemente definito come il ‘balcone del Monferrato’ per via della sua altitudine che appunto raggiunge il suo massimo al belvedere di Albugnano: 549 metri.

Albugnano, piccolo paese di poche centinaia di abitanti, è anche una DOC che include altri 3 comuni:  Pino d’Asti, Castelnuovo Don Bosco, Passerano Marmorito ed è nata nel 1997. La DOC prevede l’utilizzo di un uvaggio composto da minimo 85% Nebbiolo e per il restante 15% Freisa, Barbera, Bonarda. Tre le tipologie: Albugnano e Albugnano rosato con nessuna richiesta di invecchiamento e resa massima di 95 q./ha. La versione Albugnano Superiore invece deve essere invecchiato  per almeno 12 mesi in legno di rovere e con una resa di 85 q.tali/ha.

Una denominazione molto piccola con 25 produttori circa, ma purtroppo non tutti fanno parte dell’associazione 549, vari i probabili motivi.

Albugnano

L’associazione

L’associazione 549 richiede ai produttori di utilizzare solo Nebbiolo nell’assemblaggio, 18 mesi di affinamento in botti di rovere e 6 mesi in bottiglia prima di uscire in commercio. Un minimo di 1000 bottiglie per annata e una bottiglia disegnata in esclusiva con il nome Albugnano 549 in rilievo ( le bottiglie vengono  comprate dall’associazione ogni due anni e poi suddivise per abbattere i costi, come mi raccontava Valeria Gaidano attuale presidentessa dell’associazione).

Gli Associati al momento sono 15 e soltanto un decina di loro sono usciti con la prima annata. Stiamo parlando di pochissime bottiglie di Albugnano 549 sul mercato, circa 18-19000 quando tutti saranno a produttivi. Al momento Terre dei Santi’ è il produttore numericamente più grande.

L’associazione nasce ad aprile 2017 grazie principalmente ad un imprenditore che arriva dal marketing e decide di stabilirsi ad Albugnano: Andrea Maria Pirollo (proprietario da Ca’ Mariuccia e del ‘Allasilo’) . Il vulcanico Pirollo riesce a convincere dopo diversi incontri, merende e cene i singoli produttori ad associarsi. Tentativo per altro già fatto circa 10 anni prima da Giulietto Fasoglio di Cascina Quarino, con il quale Pirollo ha l’incontro decisivo per poi fondare l’associazione. Ma come ci rivela a malincuore durante la visita in cantina, un piemontese in patria a volte non riesce ad essere ambasciatore del suo territorio.

L’idea dell’associazione è quella di valorizzare l’immagine dell’ Albugnano come vino ma anche di creare un rete di aziende che siano connesse tra di loro per velocizzare il processo di crescita; valorizzare lo sviluppo locale facendo leva sulla vocazione agricola e anche culturale, migliorando l’attrattività del territorio.

Abbazia di Vezzolano

Non solo vino: i dintorni

Infatti in questi tre giorni oltre ad avere visitato cantine dell’associazione e assaggiato diverse decine di vini abbiamo visitato l’abbazia di Vezzolano, tra i più importanti monumenti medievali del Piemonte.

L’abbazia, si presume fondata  nel 700 anche se il primo documento ufficiale risale al 1095, è immersa nel verde delle colline e delle vigne. Una tappa obbligata per chi passa per queste zone e vale sicuramente una sosta per poter ammirare al suo interno uno dei pochi rimanenti pontili sospesi, tipico delle chiese romaniche, oltre che un magnifico chiostro affrescato. L’abbazia inoltre si trova nel cammino di Don Bosco e nei cammini delle chiese romaniche, ben segnalati grazie all’associazione InCollina, che attraggono un turismo da pellegrinaggio religioso e non solo. Inoltre l’abbazia ospita per tre mesi un eccezionale ed unico presepe, accuratamente costruito ed assemblato da Anna Maria Nicola.  La famiglia Nicola  nel comune di Aramengo  gestisce dal 1947 una delle aziende più conosciute a livello mondiale di restauro e nel nostro tour siamo riusciti a visitarla.

Il nebbiolo ad Albugnano.

Tornando al vino la storia ci racconta che il Nebbiolo qui arriva passando dall’alto Piemonte occidentale vale a dire da Carema per scendere poi verso Torino e le sue colline. Successivamente arriva ad Albugnano che farà poi da spartiacque tra le zone astigiane del Monferrato (dove poi sarò sostituito dalla Barbera) e le terre basse (bassa langa).

Qui il Nebbiolo cresce su terreni calcareo gessosi (marne Mioceniche) che sono stati originati circa 20 milioni di anni fa. Terre bianche di medio impasto,  con colline vitate tra i 200 e 500 metri, aiutano a conferire ai Nebbioli di Albugnano freschezza ed aromaticità. L’associazione dal 2018 decide di avvalersi della consulenza di Gianpiero Gerbi, il quale negli ultimi anni ha contribuito con un approccio razionale, tecnico e professionale a dare un vera e propria direzione all’associazione. Gerbi durante la Masterclass esprime chiaramente l’intento di giocare sulla freschezza dei vini attraverso dei protocolli di campagna e di cantina,  con il chiaro proposito di non emulare i vicini Barolo e Barbaresco ma con l’idea di creare una strada personale per Albugnano, ancora tutta da scoprire.

Davide Buongiorno (a sinistra) in degustazione

Masterclass

Durante la masterclass, egregiamente condotta da Gerbi, abbiamo potuto  assaggiare i dieci vini delle aziende che al momento producono il 549, suddivisi su tre annate: 2017 (prima  annata dell’associazione), 2018 e 2019. Al di là della qualità dei singoli prodotti o dell’annata, il cambio di marcia è in atto e si percepisce negli assaggi, nelle cantine e durante le cene organizzate negli agriturismi dei soci.

Infatti le ultime due annate 2019-2020 viaggiano sulla leggerezza, la croccantezza del frutto e le venature speziate mediterranee bilanciate da acidità vive e succose, con tannini vivi ma vellutati ed un uso del legno integrato. Un frutto più ricco che si distacca dai vini dell’Alto Piemonte, con una concentrazione e corpo superiore ai vini di Carema e Donnas, dei quali ricorda più la freschezza, ed un tannino fermo ma non allappante come quelli della Bassa Langa.

Sicuramente diversi ma non saprei ancora identificare un carattere dominante o identificativo del territorio, che potrebbe essere in un futuro la leggerezza del frutto ma anche l’alcoolicità contenuta.

Albugnano 549 di fatto è un Albugnano Superiore ed esce come tale per sette dei soci mentre tre hanno scelto di classificarlo come Albugnano DOC. Questo potrebbe generare in una denominazione così piccola ma ambiziosa confusione nel consumatore finale.

Promozione del 549 a DOCG? a mio parere non cambierebbe molto visto che il nome rimarrebbe sempre Albugnano e si andrebbe ad aggiungere alla lunga lista delle 18 DOCG piemontesi di cui 6 a base Nebbiolo.

Alcuni Albugnano

Rivisitazione del disciplinare inserendo una dizione Riserva per il 549 , tenendolo come apice della denominazione è un possibilità, che potrebbe creare una sorta di scala gerarchica con Albugnano DOC senza legno, il Superiore con 12 mesi e la Riserva. Questi sono concetti già più familiare al consumatore e inoltre l’abolizione della menzione Rosato darebbe all’Albugnano una chiara connotazione di vino rosso.

L’enoteca Regionale

Un aiuto importante per il territorio, alla denominazione e all’associazione la può sicuramente dare l’Enoteca Regionale di Albugnano, dove si è svolta la masterclass. Nata da un progetto di un ventina di produttori nel 2019, l’Enoteca fa riferimento non solo alla zona di origine di Albugnano ma anche ai paesi vicini della collina Torinese e Nord Astigiano includendo perciò anche i vini prodotti nelle DOC: Freisa d’Asti, Freisa di Chieri, Malvasia di Castelnuovo Don Bosco, Collina Torinese e della DOCG Barbera d’Asti. L’enoteca potrebbe essere il crocevia del turismo territoriale, promuovendo questi vini/vitigni un po’ dimenticati, che però hanno un grandissimo valore storico e culturale,  nonchè i prodotti agroalimentari della zona.

Davide Buongiorno
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