A proposito di Cristal 20098 min read

In attesa di assaggiare Cristal 2012, da poco in commercio, spendo qualche pensiero sull’edizione 2009, che mi sta parecchio a cuore. È vero che l’ormai speculativa 2008 gode di maggiore stampa, ma io mi ostino a suggerire a chi mi segue di dare una meritata possibilità di riscatto all’annata successiva, più accalorata e tenera. Cristal 2008 è tenace, quasi spietato nella sua disposizione acida e non ho dubbi che si tratti di vino profondissimo, in grado di evolvere in modo regale. Tuttavia non lo stapperei né oggi né nei prossimi anni, perché destinato a maturare lentamente. Invece l’edizione del 2009 è fin da principio più aperta e concessiva, in perfetta sintonia con la mia idea di Cristal. È divertente la sua dolcezza esotica, come di seta il tessuto gustativo, spensierato il sorso. “Ed è subito sbornia”, verrebbe da dire.

Cristal fu lanciato sul mercato nel marzo del 1924 (si trattava del millesimato 1921), dopo essere stato a lungo prodotto in esclusiva per i sovrani di Russia (dal 1876 al 1917). Fu Alessandro II – zar dal 1855 al 1881 – a commissionare nottetempo al sodale Louis Roederer un lotto di Champagne parecchio dosato (140 grammi/litro) in bottiglie di cristallo dal peculiare fondo piatto “antiterroristico”: sarebbero servite a impressionare politici, diplomatici e militari che frequentavano il Gran Palazzo del Cremlino. E sono certo che avrebbe impressionato anche noi.

Per la Roederer da sempre l’obiettivo è l’eccellenza perseguita nel rigore familiare, tanto che tra le storiche case di commercio di Champagne è oggi una delle pochissime a sfoggiare una piena indipendenza dalle multinazionali. Guidata dai discendenti di quel Louis Roederer che nel 1833 rilevò e ribattezzò col proprio nome l’intrapresa fondata nel 1776 dal munifico zio (la Dubois père et fils), la sede aziendale è nel cuore di Reims, poco lontano dalla poderosa Notre-Dame de Reims, al numero 21 di Boulevard Lundy: a cinque minuti da quel civico è insediata Krug, a sette Veuve Cliquot, a dieci Jacquart, a quindici Le Coq Rouge, bistrot frequentato da tanti gourmet esigenti. Non male per un itinerario enogastronomico.

Autosufficiente per alimentare i due terzi della sua produzione (pressappoco tre milioni e mezzo di bottiglie), Roederer è oggi accompagnata al successo planetario dal presidente Fréderic Rouzaud – figlio dell’indimenticato Jean-Claude – e dal direttore Jean Baptiste Lécaillon, il più acclamato tra gli chef de cave di Champagne.

Ci sono pochi di uomini in Champagne dotati di intelletto ad alta definizione, attenzione al dettaglio e nerbo saldo al pari di Lécaillon. Durante i vent’anni del suo mandato ha promosso iniziative coraggiose nel vigneto dei Rouzaud, conducendo in regime biologico quasi tutta la superficie di proprietà, ovvero 240 ettari distribuiti solo in comuni ben classificati. Non solo, su un terzo delle vigne di famiglia si adoperano trattamenti biodinamici e da qualche anno gli agronomi del gruppo possono contare su un proprio vivaio di uve e di portainnesti da utilizzare per piantare nuove vigne o per rimpiazzare le fallanze di quelle esistenti. E non è finita, perché in cantina da ormai sei stagioni le fermentazioni e le rifermentazioni vengono svolte con lieviti selezionati sul vasto patrimonio viticolo aziendale (ceppi di Saccharomyces cerevisiae “Roederer 1/2/3”).

Con più di quattrocento singole vinificazioni suddivise in quattrocentocinquanta contenitori (di acciaio e di legno), Jean Baptiste Lécaillon non miscela, ma crea; non assembla ma combina, intreccia. La sua opera ha a che fare con la scrittura di uno spartito musicale: le note devono condurre a una sintonia elementi in apparenza distanti, a una raffinata armonia di suoni, a una melodia che evoca profondità e grazia, complessità e frivolezza.

Ad eccezione della prima Cuvée della gamma (l’affidabilissimo Brut Premier), gli altri sei Champagne firmati Roederer vengono elaborati con uve di proprietà attraverso un livello di precisione senza eguali. Precisione, personalità e godibilità che mettono Cristal 2009 tra i miei Champagne preferiti di quel millesimo caldo, precoce e sottovalutato. Sottovalutato poiché pur essendo lontano dagli esiti delle più grandi annate champenoise, ha regalato vini di solare estroflessione e di  immediata evoluzione, ma niente affatto unidimensionali (dunque superiori per quanto mi riguarda alle vendemmie 2005 e 2007).

Le versioni di Cristal più buone che io abbia mai testato giocano oggi un altro campionato nel mio cuore (1996 e 1988; 1989 e 1990), eppure la vinosità dell’approccio, la cremosità del sorso e l’equilibrio complessivo della 2009 (che per tale ragione è stata commercializzata prima della più arcigna 2008, scompaginando l’uscita cronologica dei millesimi) rappresentano a mio parere l’archetipo dello stile Cristal.

Per produrre le quasi 500.000 bottiglie tirate nella tarda primavera del 2010 sono state intercettate trantacinque parcelle ben posizionate e ormai mature (trent’anni è un’età sopra la media locale) di Pinot Noir e Chardonnay (rispettivamente 60% e 40%), rigorosamente disciplinate nelle rese (che non superano il chilo e mezzo per pianta) e coltivate in un ristretto ventaglio di comuni di alto profilo tra Grande Vallée de la Marne, Côte des Blancs e Montagne de Reims. In cantina sono state utilizzate botti in legno (per un quarto del totale) e tini in acciaio; la fermentazione malolattica è stata evitata (una strategia cara a Roederer), la sosta sur lattes è durata circa sei anni e dopo la sboccatura il dosaggio zuccherino (miscelato a vecchi vini conservati in botte) si è attesta sugli otto grammi/litro (una quantità più bassa del solito).

Manet, Dejeneur sur l’herbe

Louis Roederer è un nome così importante a Reims che nel 1948 il governo cittadino gli dedicò il viale più trafficato della città, quel Boulevard Louis Roederer che dal centro storico conduce alla stazione dei treni e alle Hautes Promenades, il parco più bello di Champagne, sosta ideale per una passeggiata e una merenda. Ed è così goloso, Cristal 2009, che potrebbe perfino piegarsi ad accompagnare un frugale déjeuner sur l’herbe, a patto di avere con sé un frigorifero (10 gradi è la temperatura di servizio ideale) e i giusti calici.

Cristal 2009, l’undicesima cuvée prestige firmata Lécaillon, è uno Champagne godurioso e raffinato, generoso senza inutili sfoggi di volume, immediato quanto basta per non apparire prevedibile, saporito a sufficienza per lasciare spazio alle minuzie, vivo quel che serve per resistere all’aria e alla temperatura che sale. Sale (stavolta minerale) che via via si prende la scena, rendendo deliziosa la beva e mettendo la classicità al servizio del piacere più rassicurante.

Tutte le cuvée prestige (o cuvée spéciale) di Champagne non sono disciplinate da alcuna normativa, ma semmai alimentate dall’ego di chi le elabora. Si tratta di vini molto costosi e molto sorvegliati, imbottigliati in flaconi diversi dal solito, impreziositi da habillage curatissimo (quando non eccentrico), confezionati in modo lussuoso (quando non pacchiano) e battezzati con nomi spesso altisonanti. Se per molti anni questi erano prerogativa delle grandi Case, oggi pressoché tutti i produttori si vantano della loro referenza di alta gamma, il cui obiettivo è – o dovrebbe essere – quello di proporre la quintessenza del proprio lavoro.

Esistono Champagne di prestigio a tiratura industriale e le rarità per i grandi amatori; ve ne sono di monovarietali oppure frutto di più uve miscelate; alcuni sono assemblaggi di territori pregiati e altri invece valorizzano le peculiarità di un singolo vigneto; molti esibiscono il millesimo e altri no; taluni sono frutto di sboccature tardive da vinothèque e altri seguono un affinamento più consueto.

La letteratura indica Cristal come la prima cuvée prestige di Champagne (1876), benché le prime quaranta edizioni furono come detto riservate al casato dei Romanov. A seguire non si potrà tacere Dom Pérignon, oggi marchio a sé stante, ma fino al 1999 cuvée prestige di Moët & Chandon: fu ideato nel 1921 e commercializzato nel 1936. Eppoi Clos des Goisses di Philipponnat prodotto nel 1951; Comtes de Champagne di Tattinger l’anno successivo; Fleur de Passion della Dielbot-Vallois nel 1953; René Lalou di Mumm e Dom Ruinart dell’omonimo négoce nel 1959. Nel 1962 nacque La Grande Dame di Veuve Cliquot (venduta 10 anni dopo), dopo due anni la Cuvée Nicolas François della Billecart Salmon e Belle Époque di Perrier-Jouët; nel 1968 fu la volta della Comtesse Marie de France di Paul Bara, la vendemmia successiva toccò alla Vieilles Vignes Française di Bollinger e al Saint Vincent di Legras. È del 1975 l’esordio della Sir Winston Churchill di Pol Roger (in commercio dalla primavera del 1984), del 1979 quello della Cuvée Louise di Pommery e del Clos du Mesnil di Krug; del 1983 il primo Blanc des Millenaires di Charles Heidsieck e del 1989 la prima edizione della Cuvée Louis dei fratelli Tarlant. Bisogna invece attendere la straordinaria vendemmia del 1990 perché veda la luce il Nec Plus Ultra di Bruno Paillard e quella altrettanto memorabile del 1995 per dare il benvenuto alla Louis XV di De Venoge. E continua continua fino a perdersi nella labirintica nomenclatura di genere.

Si contano Champagne di mestiere e di maniera, e Champagne di talento e di stile. Cristal 2009 appartiene alla seconda categoria, la più rara. Versione spalancata in direzione di quell’estate senza nuvole, da bere per godersi il piacere del momento più che per sfoggiare la competenza del guru; e nemmeno per dimenticare i centottanta euro sborsati per portarlo a casa. E anzi, sarà prezioso ricordare che non sempre la grande annata è sinonimo di buon risultato e la piccola di cattivo. Si potrebbero citare centinaia di esempi opposti al luogo comune: ovvero di millesimi sulla carta deboli e che misteriosamente lasciano il segno; e di enormi aspettative andate in fumo alla prova dei fatti.

Valutare caso per caso.

Questa è l’unica regola che vale.

Francesco Falcone

Nato a Gioia del Colle il 6 maggio del 1976, Francesco Falcone è un degustatore, divulgatore e scrittore. Allievo di Sandro Sangiorgi e Alessandro Masnaghetti, è firma indipendente di Winesurf dal 2016. Dopo un biennio di formazione nella ciurma di Porthos, una lunga esperienza piemontese per i tipi di Go Wine (culminata con il libro “Autoctono Si Nasce”) e due anni di stretta collaborazione con Paolo Marchi (Il GiornaleIdentità Golose), ha concentrato per un decennio il suo lavoro di cronista del vino per Enogea (2005-2015). Per otto edizioni è stato tra gli autori della Guida ai Vini d’Italia de l’Espresso (2009-2016). Nel 2017 ha scritto il libro “Centesimino, il territorio, i vini, i vignaioli” (Quinto QuartoEditore). Nell’estate del 2018 ha collaborato alla seconda edizione di Barolo MGA, l’enciclopedia delle grandi vigne del Barolo (Alessandro Masnaghetti Editore). A gennaio 2019, per i tipi di Quinto Quarto, è uscito il suo ultimo libro “Intorno al Vino, diario di un degustatore sentimentale”.  Nel 2020 sarà pubblicato il suo libro di assaggi, articolazioni e riflessioni intorno allo Champagne d’autore. Da sei anni è docente e curatore di un centinaio di laboratori di degustazione indipendenti da nord a sud dell’Italia.


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