Arriveremo così a quota 26!!!!! Infatti, se le cose andranno come il comitato promotore prevede, ancora pochi mesi e l’ennesima zona della Puglia avrà la sua DOC . Un territorio ampio che comprende interamente i comuni di Laterza, Mottola, Crispiano e Martina Franca e parte dei territori dei comuni di Castellaneta, Ginosa, Palagianello, Massafra, Statte e Grottaglie, in provincia di Taranto. Sono previste 11 tipologie: dal Bianco (minimo 50% di Chardonnay) passando per la Verdeca, sino ad arrivare al Rosso (almeno 50% di Cabernet Sauvignon) per finire con il Primitivo ed il Primitivo Superiore (almeno 85% del omonimo vitigno), senza tralasciare le tipologie di Bianco Spumante, Rosato, Novello e Liquoroso…..insomma, non si faranno mancare niente!
Chi sostiene che qualsiasi strumento per la promozione del territorio e la valorizzazione della produzione vitivinicola è cosa buona, sarà contento. Messa in un altro modo la cosa suscita diverse perplessità, così come suscita perplessità l’accettazione acritica di questa scelta da parte della stampa locale, specializzata e non. Non un solo articolo che sollevi qualche dubbio, non una sola parola che non sia di quelle gradite. Qualche interrogativo invece è bene porselo visto i riflessi che una scelta di questo tipo avrà ( o dovrebbe avere) sull’economia di quelle zone e più in generale su quella regionale.
Innanzitutto mi chiedo se un disciplinare così ampio, che prevede l’uso massiccio di vitigni internazionali (Chardonnay e Cabernet Sauvignon) non corrisponda più ad una sorta di legittimazione di un quadro produttivo esistente (riportandola e legittimandola con la DOC) che ad un scelta strategica puntata verso i mercati internazionali, dove il vitigno autoctono potrebbe e dovrebbe essere incentivato.
Inoltre: l’introduzione della DOC in un territorio che non ha mai brillato per qualità delle produzioni vitivinicole sarà realmente capace di apportare maggiore redditività ai viticoltori e alle cantine?
Il dubbio infine che sia l’ennesima manifestazione di un esasperato campanilismo, sorretto da qualche politico di turno è forte. Così come è forte la convinzione che una ennesima DOC anziché andare verso una semplificazione creerà ancora maggior confusione nel mercato e nel consumatore. A ben guardare delle 25 DOC sinora esistenti solo pochissime funzionano ed hanno un senso, le altre andrebbero coraggiosamente accorpate o cancellate. Volete qualche esempio? Partiamo dal nord della Puglia: Barletta-Rosso Cerignola-Rosso Canosa. Tre DOC a distanza di pochi chilometri che non hanno ragione di esistere ( più o meno stesse uve consentite). Idem per Locorotondo e Martina (stesse uve), per non parlare del Salento dove il caos è totale. Certo si può obiettare che il Salice Salentino è diverso dal Negroamaro di Copertino o da quello di Brindisi.o Squinzano, ma perché il consumatore ne abbia percezione occorrerebbe che fossero realmente distinguibili, ma non lo sono.
Occorrerebbe anche (e ritorno ad un vecchio discorso a me caro) che si procedesse ad una zonazione, ovvero a raccogliere, produrre ed organizzare una serie di informazioni utili sia alla gestione agronomica che ai procedimenti di vinificazione, in modo da orientare le scelte e quindi differenziare le colture. Per fare questo si dovrebbero individuare dei centri di sperimentazione, creare una mappatura delle zone, eseguire microvinificazioni e poi analisi chimico-sensoriali dei vini ottenuti in diverse annate. Voi dite che è troppo? Che è cosa difficile da realizzare? Certo, invece di procedere con scelte coraggiose e strutturali è più facile accontentare qualche lobby sia pur legittima. Intendiamoci: l’aspirazione degli agricoltori e dei produttori ad una maggiore redditività è legittima e sacrosanta ma credo che il mezzo sia quello sbagliato. Detto questo però aspetteremo con curiosità e senza prevenzioni i primi vini di questa ennesima DOC. per riparlarne con il bicchiere in mano.