La stampa estera a portata di clic: Wine Spectator, dicembre 2015-gennaio 20163 min read

E’ l’atteso numero  dei Top 100 dell’anno, che naturalmente costituiscono il grande titolo di copertina.

Poi c’è il report della Wine Experience di New York del 2015. Oltre alle consuete  rubriche  e agli aggiornamenti (la paura dei pesticidi nelle vigne francesi, il report sulle contraffazioni in Cina,lo shopping di Treasury Wine, il Tiramisu , re dei dessert italiani,le sorprese nel mondo dei distillati, il Perfect match del mese, i libri dei wine lovers…)   e alla Buying Guide c’è poco altro.
Ma cominciamo con ordine.

C’è sempre meno Europa, nella classifica del Top 100 dell’anno. Dopo due anni (2013 e 2014) che avevano visto i vini della Penisola iberica come grandi protagonisti (prima un Rioja e poi un Porto Vintage, Wines of the Year dei due anni precedenti), questa volta fanno man bassa i vini  americani: oltre al vino dell’anno, gli USA piazzano altri tre vini nei primi cinque. Al vertice della classifica sono  due Cabernet Sauvignon, il  vino dell’anno è  l’Oakville Au Paradis 2012 di Peter Michael. Primo vino europeo , quarto, è un Brunello di Montalcino (Il Poggione 2010), primo vino  spagnolo un Ribera del Duero delle Bodegas Aalto, al sesto posto, il primo vino francese, addirittura 9°, è un vino della Rive Droite,  un Saint-Émilion, il Clos Fourtet.

Della vecchia Europa , in Italia resiste bene la Toscana: il che non è una sorpresa, ma è quasi solo Brunello di Montalcino: dopo il 4* posto de Il Poggione, il 13° del La Serena e il 18* di Altesino. In mezzo la sorpresa dell’Amarone Masi Vaio Armaron, ottavo. Molto più giù i vini piemontesi: il primo è il Barolo 2010 di Bartolo Mascarello, 50° (!), seguito da quello di Oddero del 2011, 62*.
Sono lontani i tempi in cui un vino italiano era il vino dell’anno: bisogna tornare indietro di 9 anni, al 2006, per trovarne uno, naturalmente un Brunello.

Pochissimo presente in classifica la Francia: dopo il solitario Clos Fourtet, bisogna scendere alla 47° posizione per trovare uno Chablis.
Totalmente assenti le grandi regioni del vino francese, da Bordeaux e la Borgogna al Rodano e all’Alsazia, così come Germania e Austria.

Resistono un po’ meglio il Portogallo con i suoi vini fortificati e la Spagna, con quattro vini tra i primi trenta, poi solo Nuovo Mondo.
Che cosa dire? Ci prova Matt Kramer, nella sua rubrica, nella quale, presentando i suoi vini preferiti del 2015, scrive: “questo firmamento fisso (del premier cru di Bordeaux, delle grandi vigne della Borgogna, a cui Kramer aggiunge i Cabernet della Napa Valley)  difficilmente può catturare ciò che oggi è realmente il vino: un universo in esplosione di quella che si potrebbe chiamare grandezza parallela” (mah!).

Ci sono però anche i Top 100 Values, ossia i vini di valore abbordabili nel prezzo.

Qui i nostri vini vanno molto meglio:  soprattutto il Sud, con due bianchi,  uno di Cirò e uno del Vulture; tre rossi,  due  Aglianico del Vulture e un rosso salentino, ancora  un pugliese tra i rosé…

Prima dell’autocelebrazione della Wine Experience annuale, c’è spazio per i vini  di Washington , con i preferiti di Harvey Steinman, e i 10 produttori da  scoprire, e un servizio sull’evoluzione del vino argentino.

Si chiude, come sempre, con la Buying Guide : molti i riconoscimenti per il Barolo , con ben otto etichette nelle categorie più prestigiose, ma anche un Brunello e un Pinot bianco dell’Alto Adige, la riserva Vorberg della Cantina di Terlano.

Wine Spectator, vol. 40, no.13,  December  31, 2015-January 15, 2016, $5.95

Guglielmo Bellelli

Nella mia prima vita (fino a pochi anni fa) sono stato professore universitario di Psicologia. Va da sé: il vino mi è sempre piaciuto, e i viaggi fatti per motivi di studio e lavoro mi hanno messo in contatto anche con mondi enologici diversi. Ora, nella mia seconda vita (mi augurerei altrettanto lunga) scrivo di vino per condividere le mie esperienze con chi ha la mia stessa passione. Confesso che il piacere sensoriale (pur grande) che provo bevendo una grande bottiglia è enormemente amplificato dalla conoscenza della storia (magari anche una leggenda) che ne spiega le origini.


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