Etrusco 1995, Cennatoio: un Supertuscan d’antan targato Panzano2 min read

In questa rubrica non parleremo dei problemi geriatrici di qualcuno di noi (anche se sarebbe utile). Il nostro intento è quello di andare a scovare e raccontare i vini italiani “non giovanissimi”. Abbiamo pensato a questa dizione perché non parleremo quasi mai di quelli che vengono definiti “vini da grande invecchiamento” ma cercheremo sorprese, chicche, specie tra vini che nessuno si aspetterebbe.

In piena epoca di supertuscan, l’Etrusco nasceva come sangiovese in purezza, ma proponendosi nello stile in linea con questa tipologia di vino che tanto interesse aveva riscosso soprattutto all’estero. Ovviamente, quindi, era un vino estrattivo, concentrato, maturato in barriques, doveva colpire l’assaggiatore per struttura e profondità.

Cennatoio ha sede a Panzano in Chianti, è saldamente nelle mani della famiglia Alessi dal 1970, nel tempo è diventata anche azienda biologica certificata.

Il nome deriva da “cenno”, che è legato alla vicinanza con le Stinche Alte, carcere e avamposto della Repubblica di Firenze al tempo dei Medici, dove era abitudine fare “cenni” ai soldati medicei dal cortile della dimora.

L’Etrusco è affiancato dal Chianti Classico nelle diverse versioni, da altri supertuscan e da un interessante Vinsanto Occhio di Pernice.

Etrusco, retroetichetta

La bottiglia in mio possesso, purtroppo, ha l’etichetta particolarmente deteriorata, frutto di tre anni passati in una cantina interrata con umidità praticamente al 100%, che però non ha fatto male al vino.

L’estrazione del tappo è stata difficile ma senza conseguenze, infatti si è spezzato in due, ma la parte rimasta nel collo della bottiglia è stata estratta senza sbriciolarsi. In ogni caso la tenuta era perfetta.

Versato nel calice è subito evidente che, nonostante i 30 anni di vita, il colore è tutt’ora profondo e quasi impenetrabile; mi ha subito colpito la riduzione appena accennata, mi aspettavo odori fastidiosi e coprenti, invece in pochi minuti di ossigenazione ha iniziato ad aprirsi.

Sono emerse note di cacao, prugna e mora in confettura, caffè, liquirizia, chiodo di garofano, sorprendente la quasi assenza di note più evolute, solo cenni di fungo, cuoio, tabacco; con sorpresa noto affiorare delicate sfumature agrumate e di rosa glassata.

Al palato trovo un vino ancora dinamico, con un’acidità viva e un’ottima armonia tra tannino vellutato e frutto maturo ma non marmellatoso. Sinceramente sorpreso da una simile tenuta, segno di quanto sia importante la buona conservazione di un vino ma anche di una materia indubbiamente elevata e ben gestita. Oggi lo apprezzo molto più di quando uscì in commercio.

Roberto Giuliani

Roberto Giuliani è il direttore di Lavinium. È anche un appassionato e bravissimo fotografo.


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