I Quaderni. “Domaine Confuron-Cotetidot”: l’altra faccia del paradiso4 min read

Sai Carlo, rispetto a Aubert de Villaine ( a cui è stato dedicato il primo libro della collana. n.d.r), Yves è molto meno democristiano”.

Così Camillo Favaro, bravissimo vignaiolo e produttore di ottimi Erbaluce di Caluso mi ha presentato il secondo dei suoi “I quaderni”, dedicato al Domaine Confuron-Cotetidot, cioè a Yves Confuron, alle sue idee molto poco democristiane e ai suoi vini che, come dice Camillo “dividono, come divide lui, poco avvezzo a sorrisi di circostanza e a logiche di compromesso”.

L’intervista a Yves, che precede una degustazione del suo Vosne-Romanée 1er Cru les Suchots dal 2019 fino al 1978, è quanto di più spiazzante per tutti, conoscitori o meno della Borgogna.

Infatti che tu conosca o meno la Borgogna quando ne parli o assaggi un suo vino sei sempre comunque un po’ succube di un’idea di grandeur e non pensi  che quello che accade in tutto il mondo del vino possa in qualche modo toccare questo “paradiso in terra”. Nelle poche ma intense pagine dell’intervista Yves Confuron ribalta completamente tutti i luoghi comuni sulla Borgogna, mostrando un re nudo che non ti saresti mai immaginato.

Yves Confuron

Ma non è che Yves vada avanti per proclami o certezze inossidabili: la frase che ripete più volte, in particolare riguardo al cambiamento climatico e al modo di lavorare in futuro la vigna  è “non lo so”, anche perché il cambiamento climatico non riguarda aumenti di temperature ma vere e proprie montagne russe di disordine climatico che portano a “lavorare di corsa”, accorciando o cambiando periodi di lavoro.

Spiazzante anche quandfo arriva a parlare di concetti che secondo il comune sentire non dovrebbero riguardare La Borgogna, come la standardizzazione dei vini “Assistiamo ad una standardizzazione che annulla il concetto di annata, perché si raccoglie sempre prima… niente estrazione o molto poco, cosa che regala un bel vino fruttato che si beve facilmente, ed è tutto perfettamente commerciale”. Questa standardizzazione porta a non riconoscere più le differenze tra cru proprio nella patria dei cru, alla mancanza di originalità del vino. “Non abbiamo più un terroir, abbiamo un vitigno!”, questa frase di Yves è quasi un grido di dolore.

Alla fine nascono vini che possono invecchiare ma non evolversi, che non hanno tannini che permettono ai vini di cambiare in meglio ma solo di essere vecchi e più vecchi ancora.

Accanto ai problemi dei vini ci sono quelli finanziari: da una parte l’enorme costo dei terreni non permette a nessuno di sperimentare, dall’altra è tutto in mano alla finanza, che compra e vende aziende a prezzi incredibili con un conseguente innalzamento del costo dei vini ma non della loro qualità.

Anche la stampa internazionale, secondo lui complice di mosse sbagliate,  non sfugge agli strali di Yves, ma quello che più mi ha colpito in queste poche ma intense pagine è che mai avrei creduto che i problemi che affliggono tutte le altre zone vitate del mondo si ritrovassero qui addirittura (se pensiamo alla finanza) accentuati e quasi impossibili da risolvere se non con tante lacrime e altrettanto sangue.

Un libro che nella sua prima parte ci presenta una realtà “meravigliosamente catastrofica” mentre nella seconda, dedicata alla degustazione, lenisce le nostre paure presentando vini che tutti, alla fine, vorrebbero degustare, anche e soprattutto in un mondo che sta andando alla deriva.

In definitiva il libro di Camillo è una salutare e spietata cavalcata attraverso le difficoltà, i grandi pregi e le contraddizioni di una terra che può sembrare un paradiso ma che nasconde, nemmeno tanto sotto sotto, le fiamme di un possibile inferno.

Un libro da non perdere.

Camillo Favaro, i Quaderni, Domaine Confuron-Cotetidot,

Fil Rouge scrl editore

30€

Le foto in bianco e nero sono tratte dal libro e sono di Maurizio Gijvovich.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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