In questa rubrica non parleremo dei problemi geriatrici di qualcuno di noi (anche se sarebbe utile). Il nostro intento è quello di andare a scovare e raccontare i vini italiani “non giovanissimi”. Abbiamo pensato a questa dizione perché non parleremo quasi mai di quelli che vengono definiti “vini da grande invecchiamento” ma cercheremo sorprese, chicche, specie tra vini che nessuno si aspetterebbe.

Abbazia di Novacella sorge in una frazione di Varna, a poca distanza da Bressanone. E’ annoverata tra le più antiche cantine al mondo dato che fin dalla sua fondazione nel 1142 ha potuto contare su di un cospicuo patrimonio di vigneti grazie alle generose alle donazioni del burgravio Reginbert di Säben e di sua moglie Cristina.
Oggi Abbazia di Novacella gestisce due aziende agricole: la prima si trova a Novacella e dispone di 6 ettari di vigneti, 12 ettari di frutteti e 0,2 ettari di erbari; la seconda, Tenuta Marklhof, sempre di proprietà del convento, si trova invece a Cornaiano e può contare su 22 ettari a vigneto, 13 ettari a frutteto e 24 ettari a bosco. All’Abbazia fanno inoltre capo 700 ettari di bosco e 400 ettari di pascoli d’altura destinati in parte a riserva di caccia.

La conca di Bressanone, dove si trovano i vigneti posizionati più a nord d’Italia, caratterizzati da grande escursione termica, rappresenta da sempre per l’azienda il terroir d’elezione per la coltivazione di vitigni a bacca bianca come Sylvaner, Müller-Thurgau, Kerner, Grüner Veltliner, Riesling e Gewürztraminer
Per l’odierno InvecchiatIGP vorrei proprio parlarvi di un Sylvaner in purezza, figlio di quello storico areale di produzione e appartenente alla linea Praepositus che, come filosofia produttiva, rappresenta le doti di eccellenza e longevità dei vini di Abbazia di Novacella. Questo grazie alla valorizzazione dei migliori cru a disposizione e delle uve che qui riescono ad esprimersi totalmente nella loro complessità aromatica.
Diciamolo subito, così come tanti vitigni a bacca bianca piantati in Italia, anche il Sylvaner non gode di una grande nomea in termini di capacità evolutive per cui trovare una 2011 in stato di grazia non può che farmi piacere, avvalorando la tesi che, probabilmente, nel nostro Paese ci vorrebbe uno sforzo comunicativo importante per far capire che spesso e volentieri beviamo vini bianchi troppo giovani a cui non si fornisce il giusto tempo uscire fuori in tutta la loro bellezza.

La “prova provata” di quanto appena scritto si concretizza senza dubbio in questo “vecchio” Sylvaner che, dopo 13 anni di riposo in bottiglia, come una bellissima farfalla, spiega le sue ali donando ricchezza aromatica con ricordi di giglio, spezie orientali, frutta esotica e ritorni minerali. In bocca ha ancora tantissima polpa e trama perfettamente bilanciata, espressa in pingue morbidezza e sostenuta da sferzante acidità. Completa il quadro gustativo un finale su toni floreali.