Valuto i vini agggratis, quindi non sono credibile?3 min read

Sarà che il mare mi rende particolarmente nervoso, sarà che la vecchiaia avanza a balzi da gigante ma mettendomi davanti al computer  mentre attorno le pance marittime si contano  a grappoli divento ancora più intrattabile. Così  vengono fuori idee che sarebbe meglio discutere con calma di fronte ad un camino acceso.

L’idea è: se faccio (facciamo) una guida ai vini online gratuita questa, in quanto gratuita, è automaticamente di valore inferiore rispetto ad una cartacea? In particolare: le valutazioni dei degustatori di Winesurf che, pur essendo tutti professionisti del settore non ricevono compenso per le loro prestazioni, valgono meno di quelle di uno che riceve X euro (diciamo da 50 a 100 per cascare in piedi)? 

Prima di tutto cerchiamo di spiegare una cosa: viene quasi spontaneo pensare che un qualcosa di gratuito sia per definizione meno approfondito e ben fatto di un qualcosa per cui hai pagato. Questo è magari vero in moltissime situazioni della vita ma su internet il meccanismo imperante del “tutto gratis” può portare a valutazioni sbagliate.

Premessa non da poco: sia io sia la stragrande maggioranza dei collaboratori di Winesurf abbiamo diretto o partecipato a guide cartacee sul vino. Quindi non solo non siamo persone che si è improvvisata assaggiatore ma conosciamo bene i meccanismi che portano a creare una guida.

Ve li presentiamo velocemente.

Ad inizio anno si contattano consorzi o associazioni che possono organizzarti le degustazioni, oppure si inviano richieste alle aziende per avere le campionature. Nel primo caso i degustatori vanno presso il consorzio X (ospitati in loco) e nell’arco di alcuni giorni assaggiano un bel numero di vini (diciamo 100 al giorno per stare bassi). Nel caso in cui i campioni arrivino in una sede i vini vengono scartonati, catalogati, anonimizzati e solo dopo serviti e degustati dalle varie commissioni. Una volta assaggiati e valutati i vini si riassaggiano eventuali dubbi e si scrivono le schede con le valutazioni.

Tutto questo (a parte la successiva impaginazione e stampa)  lo facciamo anche noi, magari non sistematicamente in tutta Italia e per tutti i vini Italiani ma comunque le nostre degustazioni riguardano circa 4000 vini all’anno. Se proprio vogliamo essere pignoli noi non facciamo le finali, anche perché non abbiamo da stimolare il pubblico all’acquisto con i Tre Bricchieri, i Cinque Grappoli, le Cinque stelle e compagnia cantante.

Allora: noi operiamo allo stesso modo delle guide cartacee solamente…..non riceviamo compenso perché pubblichiamo gratuitamente i risultati. Questo toglie valore e peso,  “a prescindere” alle nostre valutazioni?

Non ho risposte precofenzionate. Nei giorni scorso su un social network il caro amico Giorgio Melandri sosteneva che il nostro recensire vini, non essendo un lavoro retribuito, avesse minor valore di quelli che lo fanno dietro compenso. Può anche essere vero anzi, se proprio vogliamo fare gli avvocati del diavolo,  lavorando gratis rischiamo di togliere lavoro a chi invece ci raccatta la pagnotta?

Ripeto, non voglio essere io a dare risposte, mi piacerebbe invece che i nostri lettori ci regalassero un loro parere in merito. Parere da sotto l’ombrellone e gratuito….quindi meno valido?

 

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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0 responses to “Valuto i vini agggratis, quindi non sono credibile?3 min read

  1. per quello che vale ti posso dire che anche per il vino è la stessa cosa. Siamo continuamente bersagliati di richieste di vino per le iniziative piu’ disparate. Molte serie, anche se non necessariamente interessanti per noi, altre che sembrano meno serie. Quello che ho visto in ormai diversi lustri di attività  è che il vino regalato non vale nulla, viene poco seguito, tenuto di conto. Mandare vino ad una manifestazione qualunque, senza essere presenti, corrisponde il piu’ delle volte a buttarlo via. E questo avviene anche per vini blasonati, non necesariamente per i vinellini nostri.
    Come questo si rapporti al “mestiere” di degustatore non so, ma certo qualcosa che lega le due cose ci deve essere.

  2. Sul mio blog ho appena scritto le regole che seguo, la principale delle quali è : le recensioni sono gratuite. Però le faccio quando voglio, di chi voglio e come voglio.
    Se però per questo dovessi scoprire che non mi considerano credibile (diciamo meglio, Carlo: autorevole. Cioè in grado di orientare o meno gli acquisti di vino di chi ci legge), non ho nessun problema a scrivere recensioni a pagamento. Le regole però restano le stesse: la cosa viene dichiarata, e anche se non potrei più scrivere quando voglio e di chi voglio, resterebbe immutato il “come voglio”. Cioè bene, ma anche male, se il vino non mi è piaciuto. Mercenaria sà¬, cameriera no.
    😛

  3. nel merito, io distinguo solo tra vino buono e vino meno buono, e tra critico capace e serio e critico scadente e marchettaro, a prescindere.
    Perfino in rete, dove l’assenza o quasi di costi diretti ha reso tutti esperti di tutto, e dove chiunque può improvvisarsi sedicente “esperto”, l’asino casca velocissimo in caso di carenze qualitative, a meno che i suoi lettori ne sappiano ancor meno di lui (e succede, succede, anche tra i cosiddetti “addetti ai lavori” abbondano creduloni e poveri di spirito)
    Purtroppo però, per una legge strana ma implacabile, vince sempre il prodotto più caro, su quello più buono.
    Perciò, Carletto, rassegnati. A chi è serio e fa qualità , al massimo tocca la nicchia.
    I miliardi e i servizi TV vanno sempre ai millantatori.
    E non è solo un problema italico, per la verità .
    Penso a certi buyer di enormi catene mondiali, che muovono miliardi di euro di fatturato a ventanni senza avere alcuna nozione del vino inteso come prodotto.
    Sono quelli che cercano il “sangiovese morbido” e il nebbiolo rosso rubino fruttato e di pronta beva…

  4. @lizzy, Il giorno che riuscirai a farti pagare per una recensione negativa verrò in pellegrinaggio a Verona e ti offrirò una cena. Parafrasando sarebbe un piccolo passo per Elisabetta ma un grande passo per tutta l’umanità  dei giornalisti del vino.
    @Maurizio, nno è che punto ai milioni, solo a non essere considerato attendibile perchè faccio/facciamo una guida online gratuita.

  5. Riporto anche su winesurf il mio pensiero: il recensire vino, retribuiti o no, non ha alcun valore. Le recensioni non sono fatte per caso, ma proprio per influenzare il consumatore. Su questo puntano soprattutto le aziende. Il mio obiettivo è invece diametralmente opposto e, per questo, auspicherei (cosa non facile da mettere in pratica) che non ci sia nulla ad influenzarmi (amicizie, pareri importanti etc.)

  6. @Davide. L’informazione può essere informazione e basta. Se si considera anche il semplice consiglio di un amico un modo per influenzare una persona….mi sembra che si tenda a vedere sempre e solo il bicchiere mezzo vuoto.

  7. @Carlo, perchè no? immagina questi passi:
    1) un produttore vuole che recensisca i suoi vini e mi chiede se e quanto deve pagare
    2) gli invio un “gentlemen agreement” in cui gli detto le mie condizioni, ovvero il costo della rece ferma restando la mia libertà  di critica.
    3) accetta il rischio, invia i vini e procediamo
    oppure: non accetta e non se ne fa nulla.
    In tal caso, lui non ha rischiato nulla e io non ho perso tempo (sono pigra, non perdigiorno).
    🙂

  8. Come sempre, quello che conta non e’ che la guida sia gratuita o meno, ma chi la fa. Vedi lo scandalo che a di (abbastanza) recente investito Parker. Uno dei suoi assitenti (fra l’altro MW, se mi ricordo bene) e’ stato colto a chiedere soldi dai produttori che volevano far comparire i loro vini nella rivista Parkeriana. Chi dice che te o io non valiamo una mazza puo’ anche aver ragione, ma se lo dice semplicemente perche’ non facciamo pagare per le nostre valutazioni e’ lui che non capisce una mazza.

  9. @lizzy Mi viene in mente la famosa storia del cammello, della cruna e del ricco ma….tutto è possibile. Ribadisco: se ce la fai cena pagata!

  10. Se non sapessi quello a cui andrei incontro, dopo questo parere draconiano, giuro che bacerei Kyle sulla bocca.

  11. @Carlo: Ho premesso che il mio è un parere personale, cioè il mio approccio preferito nella degustazione di un vino che non conosco. Leggere giudizi soggettivi di un vino prima di aver avuto modo di degustarlo per me non è il massimo. Conoscere le informazioni oggettive di un’azienda invece è tutto un altro paio di maniche…purtroppo spesso è più difficile reperire queste, invece che i pareri

  12. @davide. Messa cosଠha un suo senso: uno preferisce assaggiare prima di sentire o conoscere il parere di altri.

  13. Oh mio omonimo! Back to basics: 1) non te lo ha ordinato il dottore, né te lo hanno chiesto i produttori in coro di mettere in piedi il sito Winesurf. 2)comunque ora esiste ed e´cresciuto abbastanza da avere crisi ,appunto, esistenziali. 3) Tra queste, l’ambizione di aver riconosciuti un minimo sindacale di valore e validità¡ e magari toh’, anche di autorevolezza e credibilità¡. 4) Ci si puà³ arrivare facendo pagare una cifra simbolica
    achi si fida tanto di Winesurf, da affidargli per valutazione i proprii vini ?

    La mia risposta é che forse i tempi sono maturi per lasciare che questa cifra simbolica sia lo spartiacque tra i siti affidabili ed i siti meno affidabili. Vediamo: intanto, già¡ adesso, non é vero che gli assaggi siano gratuiti. Al produttore costano bottiglie e spedizione, a Winesurf costano
    tempo ( anche se a paga oraria a zero euro ) per non parlare di…acqua calda, bicchieri da lavare e detersivi spero ecologici.

    Allora se supponiamo che ogni assaggio costi cinque euro o un abbonamento annuo di ics euro, quali potrebbero essere le conseguenze ?

    Uno sicuro sfoltimento delle prove da assaggiare,
    una copertura meno “universale” del distretto da valutare e…. e poi basta, come conseguenze negative. Come conseguenze positive ? tante, specie se seguiamo il “protocollo di Lizzy” che mi sembra aver individiato il nocciolo della faccenda:
    richiedere il pagamento, anche simbolico, é la pietra di paragone. O sono talmente bravo e considerato ed apprezzato e serio che i produttori faranno la coda per mandarmi i loro campioni oppure finora mi hanno seguito perché tanto lavoravo aggratis. “E la crisi economica ?” chiederà¡ qualcuno ? si´e proprio perché c’é la crisi che c’é bisogno di essere piu´bravi. Io se fossi un produttore valuteri bene a chi mandare i miei campioni e se il sito recensore é chiaro, serio, preparato e quindi ben seguito (=influente) non saranno certo i cinque euro a frearmi. Capisc ?

  14. Il rischio è l’inflazione. Di commenti, di recensioni. Gratuite o a pagamento, l’offerta è aumentata a dismisura. Da una guida che pago io chiedo un approfondimento che su blog gratuiti non c’è . Se invece mi affido ad una guida solo per sapere quanti bicchieri, grappoli, stelle, soli e lune una cantina abbia ottenuto allora non c’è storia.
    Riguardo alla competenza di un recensore gratuito quello che conta è la responsabilità  individuale e l’esperienza. Sono io lettore e consumatore che devo imparare a scegliere.
    Per me una recensione gratuita e anticipata rispetto all’uscita di una guida è uno stimolo a saperne di più. Non le trovo in concorrenza.
    Detto questo, mi piacerbbe che fosse possibile per un recensore serio essere pagato per la sua fatica, anche sui blog. Come avviene all’estero.

  15. Il nodo è proprio questo:”…Anzi, se proprio vogliamo fare gli avvocati del diavolo, lavorando gratis rischiamo di togliere lavoro a chi invece ci raccatta la pagnotta?”….. Lo capisco ed è anche una questione maledettamente delicata che
    va trattata con il massimo rispetto. Credo anche però che non debba mai essere, in nessun caso e per ogni settore, il compenso a determinare la credibilità  di una persona, ma debbano esserlo competenza e responsabilità !

  16. A me sembra un problema mal posto. Tu come ti guadagni da vivere? Se hai una rendita e puoi dedicare il tuo tempo a fare recensioni e articoli on line gratuitamente, beato te.
    Io, personalmente, penso che internet permetta di confrontarsi con appassionati (non professionisti) molto competenti, che raccontano storie e non danno voti. Sono disinteressati e si innamorano o restano delusi spontaneamente. Come Davide penso che le recensioni cominciano a diventare una questione di interesse di parte più che di interesse puro. Un modo per orientare i pensieri e i consumi.
    Ma io credo che una guida gratuita, una guida in più, sia sempre la benvenuta. Più voci sono meglio di una voce sola. E’ nel long-run, nella complessità , nell’ampiezza di vedute, nella capacità  di rinnovarsi e stare al passo con i tempi che poi si giudica un lavoro ben fatto o mal fatto. Di primo acchito si dovrebbe dire che questa o quella guida cartacea sono toilet paper o capolavori…
    Io mi affido e mi fido molto de la guida de l’Espresso, e la completo con sguardi incrociati su bibenda, Slowine… e internet. Sà¬, perché la quantità  di assaggi e di schede già  oggi presenti online è tale per cui puoi farti un’idea precisa di ogni vino e di ogni annata a prescindere dai conformismi, opportunismi o cialtronismi. Fai la media, vedi chi scrive castronerie e chi invece è attento e preciso, e questo ti dà  il segno… In più, direi, è sempre metterci un po’ del proprio.
    In sintesi: non è una questione di professionisti pagati o meno (quello è un problema di chi scrive), ma di competenza tout court. Uno scrive e chi legge giudica. Liberamente.

  17. Caro Carlo, sono nel mondo del vino da dodici anni. Produco con fatica ed enorme passione per questo lavoro e per il mio territorio. Il giornalismo che circonda il vino invece mi fa l’effetto che fanno a te le pance marittime; mi rende intrattabile.
    Nella grande maggioranza dei casi non c’è onestà  e tantomeno serietà : mi è capitato che mi fosse proposto di fare due pagine su una rivista con un mio vino ad una cifra accettabile; chiedo dove mandare il vino per l’asseggio e mi rispondono che posso mandare una scheda tecnica per mail!
    E poi mi prende l’amarezza quando leggo quelle guide, tutte uguali, che osannano spesso vini taroccati da furfanti osannati.
    Anche chi professa di essere “diverso”, di andare dietro all’apparenza, finisce per essere meno credibile che mai ai nostri occhi.
    Chi tra gli operatori di una guida ha mai verificato le infiormazioni che arrivano dai produttori? Nessuno. Altrimenti non troveresti classificato come Bio chi non lo è , non scopriresti che la cantina alla quale hai venduto l’uva dichiara di vinificare solo uve di proprietà , e che il tuo vicino che ha solo tre etteri in affittolavorati da squadre di mercenari è un astro nascente della viticoltura italiana.

    Chi come te, Carlo, dice di essere mosso solo da passione e non da interessi economici merita grande rispetto e massima attenzione.
    Sarò sincero: nella meggior parte dei casi riconosco una tua correttezza, uno sguardo “puro”. Altre volte meno…sarà  che comunque “leggere” il vino conoscendolo dal bicchiere in poi non è cosଠscontato.
    Ho conosciuto solo un uomo che aveva questa capacità , questo sguardo radiografico per i rossi toscani: Giulio.
    Uomo di altri tempi e di altra signorilità ; non avrebbe mai avuto un blog o una guida, o dei video su youtube. Non era narcisista come siete voi giornalisti.
    In quest’epoca di luci abbaglianti sarebbe bello starsene un po’ di più nella penombra.

  18. @omonimomerolli. Caro carlo, purtroppo il far pagare i produttori si scontra su alcuni concetti etici e pratici. Il primo è che un giornale dovrebbe essere pagato da chi vuole essere informato e non da chi vuole informare. in questo secondo caso si chiama pubblicità  e allora è meglio farla in maniera palese. La sevonda è che per chiedere (ci avevamo già  pensato dieci anni fa non facendone poi niente) X euro ad un produttore ce ne vogliono altrettanti tra richiesta, solleciti, verifiche pagamento e il piccolo gioco non vale la candela. Questo nel caso non ti chiami Luca Maroni, visto che propone consulenze enologiche alle stesse aziende che recensisce.
    @nelle nuvole uno della frasi che più mi hanno guidato in questi anni la disse Victor Hugo “E’ una cosa ben schifosa il successo. la sua falsa somiglianza con il merito inganna gli uomini”. Detto questo con il successo si campa e con il merito (non parlo per me) si stenta.

  19. Allora, Carocarlo, come ne esci ?? Problemi pratici insormontabili ? mi sembra di no in questi tempi di netbanking. L’etica lasciamola a Kant anche perché tu non sei un giornale ma un blog. Tempi nuovi nuovi rimedi. Usare le regole che valevano quando il blog non esisteva, mi sembra riduttivo e comunque tagliarsi un po´i testicoli per essere piu´realisti del re. Luca Maroni: beh, mi sembra non obblighi nessuno in punta di pistola a pagargli le (+ o – laute) fatture che emette. E non é per questo che i fruttuosi vini recensiti vendano due bottiglie in piu´. Se non altro agisce (abbastanza) chiaramente e chi lo vuole e chi ne ha bisogno lo segue. Il punto é proprio questo: offrire un servizio du cui il produttore arrivi a pensare: “Oh cacchio! Il Macchi é senza macchia, ci capisce di vino, é equilibrato,serio ed impegnato: io il mio vino glielo mando volentieri, costasse anche dieci euro a bottiglia” Amen.

  20. Buongiorno, purtroppo non sono sotto l’ombrellone, ma quest’anno l’unico ombrellone che mi posso permettere è quello del cortile- Secondo me una valutazione gratuita e che anzi richiede un lavoro e magari uno spostamento vale molto di più e se non altro è almeno attendibile- Quanti giornali chiamano proponendo uno spazio presentandosi cosà¬: ” Buongiorno Signor Milanesi, sappiamo che lei fa vini molto buoni ed usciamo con un allegato sulle CANTINE ECCELLENTI al quotidiano xxxxxx 20.000 copie ..facciamo una promozione yyyyyyy euro passerebbe un nostro incaricato ecc ecc…” Io chiedo come fanno a sapere che ho i vini molto buoni…. e siccome dall’altra parte solitamente c’è un ehm ma vede … abbiamo sentito, io interrompo dicendo che se ho i vini buoni lo scrivano sullo “speciale” ma io non compro il giudizio di nessuno- Sono andato fuori tema? potrebbe sembrare ma se pago chi parla di me come fa a parlarne male? e poi la prossima volta avrà  un cliente in meno… La cosa che purtroppo avviene sempre più spesso è che molti , moltissimi incompetenti si mettono a parlare, a scrivere, a dare giudizi e addirittura a dire come il cantiniere, l’enologo , l’azienda dovrebbe fare i suoi vini- Essendoci internet ormai a disposizione di tutti c’è crisi per chi vuol vivere solo di commenti, perchè qualcuno che sa ma che non ha bisogno di far vedere che sa, è in grado però di giudicare l’operato della cantina ma anche se un blogger o giornalista o simil intenditore bleffa e dice cavolate- Come? comprandosi una bottiglia del vino in oggetto e assaggiandola con gli amici. Addirittura capita che amici portino a casa mia bottiglie e una volta mascherate si degustano..ci si confronta e senza scriverlo da nessuna parte do alla fine il mio giudizio non solo organolettico, ma anche se possibile, se si tratta del vitigno dichiarato e anche sui vari trattamenti, correzioni ecc fatti al vino stesso- Buona vendemmia

  21. A me sembra abbastanza ovvio che non possa esistere alcuna differenza qualitativa di giudizio tra chi compila una scheda o degusta un vino aggratis e chi lo fa a pagamento. E non voglio nemmeno considerare l’esistenza di una deriva “marchettara” secondo la quale una qualunque forma di favore o amicizia finisce per condizionare la valutazione perchè considero tutto ciò estraneo a chi possiede orgoglio e professione. Qualità  che se ne fottono se si è pagati o meno. Piuttosto sono propenso a credere che la vera differenza stia tra chi degusta con continuità  e chi invece lo fa sporadicamente; tra chi è mosso dalla voglia di capire e scoprire e chi invece infila nel bicchiere le proprie convinzioni. Magari mutuate chissa dove. E anche qui bisogna fare dei bei distinguo perchè , pur essendo la continuità  negli assaggi una “conditio sine qua non”, da sola non basta a fare un buon degustatore. Ma questo già  lo sapete tutti.

  22. Io sono del parere che quando ci sono persone oneste, corrette e preparate, come Carlo Macchi, nessuno dovrebbe mettere in dubbio il Giudizio espresso, che possa piacere o meno. Ho avuto il piacere e l’onore di degustare Vini Pugliesi in una commissione da Lui presieduta. Vi posso garantire la serietà  , rigorosità  e alacrità  con cui svolge la sua professione e passione per il Vino. Tutto Rigorosamente alla CIECA!
    Ti auguro ogni bene caro Carlo e spero di rivederti presto!

  23. Primo: tu sei Carlo Macchi, e, gratis o no, sei autorevole, e basta. E’ una cosa che ti sei conquistata in anni di lavoro (lavoro? non esageriamo!) e nessuno te la toglie, nemmeno se ogni tanto sbagli mira e dici stronzate, perchè errare è umano e anche i migliori a volte sbagliano. Ciò premesso, la domanda è : ma come campi onestamente facendo una guida, se non sei ricco di famiglia? O vendendo la guida, o vendendo pubblicità  in modo trasparente. Ma ci sono anche i costi vivi: io penso che non sia immorale chiedere al produttore di sostenere almeno i costi della gestione della degustazione (ad esempio intorno a 5-10 euro a campione), e che questo debba essere del tutto indipendente dai risultati. Come fa, ad esempio, Wein-Plus. Spetta al produttore valutare il rapporto costi e possibili benefici di una valutazione che però non conosce a priori e può anche essere negativa o, forse meglio, non essere pubblicata. Se pensa che tu sia un pirla non te li dà  di certo, altrimenti potrebbe farlo. Io se fossi un produttore te li darei. Oggi ti puoi anche arrabattare gratis, ma in prospettiva non vedo molte altre possibilità . E’ forse meglio farsi pagare per portare i premiati a “eventi” in giro per il mondo come fanno altri? Non mi pare proprio. Il nostro mercato editoriale non è quello di lingua inglese, dove i soldi dei lettori sono veri, e dove quindi può valere il principio del “lettore unico datore di lavoro”. Da noi non è cosà¬, inutile illudersi.

  24. Solo adesso il temporalone estivo mi permette di riconnettermi. tanti commenti e tanti punti di vista. Continuo a ritenere il farsi pagare da un produttore un sistema senza uscita. Forse per un tedesco è diverso ma per un italiano (che HA un giornale online, regolarmente registrato in tribunale, caro omonimo Carlo) non mi sembra fattibile per i motivi che ho scritto sopra. Comunque il mio non era un modo per chiedere come farsi pagare ma capire se e come, non facendosi pagare, si possa essere comunque considerati.

  25. @DavideGangi. Sul fatto delle degustazioni bendate credo proprio che tutte le guide facciano la stessa cosa. Comunque grazie per l’apprezzamento.

  26. Scusa Carlo,
    vebbene che è caldo, al mare ti annoi, etc, ma non puoi meleggiarci cosଠe pensare che si abbocchi.
    Perchè tu sei il primo a sapere che è impossibile rispondere alla tua domanda, in quanto (volutamente, caro il mio birbante) mal posta.
    E’ infatti evidente che, messa nei tuoi termini, non c’è nè può esserci alcuna differenza qualitativa tra una recensione pagata e una gratuita.
    Ma sai meglio di me che il punto è un altro. Ovvero: a chi, eventualmente, spetta pagare la recensione?
    Se il beneficiario della tua recensione è un editore e/o una testata giornalistica, ovvero se la tua recensione deve intendersi come un articolo di critica giornalistica, ovvero un esercizio di detta professione, è del tutto irrilevante (tranne forse per te, se lavori gratis!) che il pezzo sia o non sia “pagato”: esso, almeno in teoria, dovrà  comunque rispondere ai dettami deontologici di terzietà , verità , correttezza presrcitti per i giornalisti (del rispetto dei quali gli stessi sono responsabili verso l’odg, il lettore e l’opinione pubblica) e quindi sarà  una “recensione” tecnicamente intesa a tutti gli effetti.
    Ben diverso è se a pagare, come mi pare di aver sentito adombrare sopra, è il produttore.
    Qui i casi sono due: o lui si “compra” la recensione, si presume positiva, e quindi svolge tuo tramite (gratis o a pago) attività  promozionale, insomma fa reclame e se stesso, cosa che esula dalla nozione di informazione, oppure si compra una consulenza, un parere (il tuo): attività  lecita, ma che anche in questo caso non c’entra nulla con l’informazione.
    Nel caso in cui, poi, la recensione sia fatta gratuitamente da uno che non è giornalista, essa sarà  un esercizio del diritto di critica o di libertà  di espressione riconosciuto a tutti i cittadini e avrà  la credibilità  e l’autorevolezza di cui gode l’autore, ancora una volta, però, senza potersi tuttavia dire “informazione” in senso tecnico.

  27. bella discussione caro amico di Poggibonsi, ti invidio sopratutto il temporale che da noi non si e’ proprio visto…
    Penso che il problema del web aldila’ del gratuito o meno sia del competente o meno.
    Quando io leggo le tue recensioni su winesurf parto sempre dal presupposto che dei professionisti hanno assaggiato vino come dio comanda e che le loro recensioni sono frutto di anni di degustazioni, non mi interessa se queste sono gratuite o a pagamento, so che mi posso fidare, poi posso essere d’accordo o meno.
    purtroppo sul web ci sono anche tante recensioni a firma di gente a cui non farei fare neanche fare la degustazione della spuma bionda e questo crea casino. In soldoni non mi interessa quanto frutta una recensione , ma chi e’ il degustatore le sue esperienze , il suo sapere di vino, la sua obbiettivita.
    Pero’ credo che le testate serie, come la tua , siano apprezzate dagli addetti ai lavori e sopratutto dal consumatore finale a prescindere dal gratuito o meno.
    abbraccioni
    ste

  28. “il mio non era un modo per chiedere come farsi pagare ma capire se e come, non facendosi pagare, si possa essere comunque considerati. ”

    La tua domanda secondo me non è mal posta, come sostiene Stefano. E’ invece una domanda che risponde a se stessa!
    Come si fa ad essere considerati?
    Facendo parlare di sè , attirando in ogni modo l’attenzione del pubblico, soprattutto con falsi e amletici dubbi. Perchè come ci insegnano i dibattiti pomeridiani sulla nostra cara tv, niente è più facile che parlare di niente.
    Bravo Carlo, quindi, che da sotto un ombrellone e senza vino nel bicchiere stimoli discussioni su WineSurf tanto accese e stimolanti.

    La considerazione è una cosa, la credibilità  è ben altro.
    Chi scrive di vino avrà  sempre considerazione dai produttori, ma credibilità  assai meno. Raccontate pure che i giudizi che date sono disinteressati; solamente non pretendete che noi ci crediamo.

    Ho visto come si svolgono gli assaggi alla cieca fatti per le guide. Mi ricordano quei ciechi che prendono la pensione di invalidità , ma che poi guidano la macchina!

    Un lavoro è per definizione un’attività  retribuita: da chi e come non mi interessa, ma non mi risulta che WineSurf sia un’associazione onlus, o mi sbaglio?

  29. @stefano. Sono d’accordo con te su tutto fuori che sulla spuma bionda. per assaggiarla occorre grande competenza e occorre essere passati attraverso alcune fasi esistenziali come “spuma al bitter, birra e spuma e spuma al cedro”. Solo allora potrai avvicinarti alla spuma bionda sapendo perfettamente di stare bevendo un magnifico troiaio. Ricambio gli abbraccioni ma non stringere tanto che sei parecchio grosso.

  30. Nel mondo della gente normale chi fruisce di un servizio lo paga, e chi fruisce del servizio (cartacea o su web é lo stesso) di una guida? Il lettore, ovviamente. Il produttore é parte interessata, e non può pagare per definizione; si è mai visto un arbitro che chiede di essere pagato da una delle squadre che sta per arbitrare? Beh, in effetti si è visto, ma se lo beccano lo radiano a vita. Caro Carlo, la soluzione al tuo dilemma é ovvia; certo che una guida su web deve essere pagata, ma chi paga non può che essere il lettore. Hai mai pensato ad un’app su I-phone e simili continuamente aggiornata e magari anche in inglese? Con 1/2 Euro o giù di lଠper sei mesi di accesso ne venderesti una fraccata.

  31. Inzomma, con la zeta. L’etica da Nicomaco in poi é sempre quellama the times they are a changing. Per cui molte delle considerazioni cattedraticamente corrette o possibiliste non mi sembra si adattino alla rete. Allora Winesurf é un giornale. Bene, perà³ é gratuito. Quindi il Macchi senza macchia é cornuto (non ricava guadagno dalla “vendita”) e rischia anche di essere mazziato (perché sotto la canicola gli viene anche il dubbio di essere poco credibile).

    Soluzione: f-a-r-s-i p-a-g-a-re.

    Nella vita cartacea il giornale si deve comprare. Winesurf no é gratis. Quindi prima domanda: perché gratis ? La risposta la puà³ dare solo Macchi o chi per loro. E nella risposta data
    si troverà¡ la soluzione.

    Sempre nella vita cartacea il giornale (soprav)vive di pubblicità¡.
    Winesurf no. Perché `? Perché non é etico farsi dare i soldi da
    produttori e quindi perdere credibilità¡.

    Ma se già¡ adesso insorgono crucci di credibilità¡ ? allora ??

    Allora una soluzione potrebbe essere prendere il toro per le corna. Si lo so: non lo fa nessun altro. Quindo o l’idea é stupida o geniale. Ma vediamo un po’:

    A) Al momento ci sono trentamila che leggono/ricevono Wine surf.

    B) Se il sito passa a pagamento totale o parziale magari ne rimangono un terzo o un quarto. Non srà¡ l’Asahi Shimbun ma non mi sembrano pochi.

    C) Quello che si perde in Italia si recupera all’estero perché
    Winesurf scrive (anche) in inglese. In futuro anche in cinese
    e russo.

    D) I ricavi vengono quindi da i lettori, e da i produttori.

    E) Come Etica: basta dichiarare apertamente quali vini sono stati sottoposti a giudizio con pagamento (minimo), quali invece Carlo Macchi si é pagato di tasca propria e quali ha assaggiato alle varie fiere del vino specificando come d’uso se
    l’assaggio é stato alla cieca o scoperto. Fine della storia.

    Fine anche di Winesurf ? Non credo. Anzi.

  32. Da appassionato della strada ( e non per la strada 🙂 leggo Winesurf con lo stesso animo di Ste ovvero fiducia nella competenza e nella correttezza di chi degusta. Concordo inoltre anche con Stefano Tesi che smembra il problema e pone i giusti paletti, trovando cosଠla quadratura del cerchio

  33. Amo bere vino.. anche se ho ancora tanto da imparare! Mi piace il vino rosso corposo… ma non conosco sfumature dei vari vini prodotti dalle varie cantine.. i vigneti più buoni oppure quali sono le differenze tra un vigneto toscano ed una siciliano.. di conseguenza tutto ciò che potrebbe aiutarmi ad imparare a degustare maggiormente il vino è ben accetto!! Ottima idea!!

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