Cipolla ramata di Montoro.2 min read

La sfida di Carlo Macchi era troppo sfacciata per farla cadere: ora vediamo chi piange di più. Alla cipolla di Certaldo narrata dal Boccaccio ho deciso di rispondere con la cipolla ramata di Montoro, ideale per la Genovese. Per una volta lasciamo da parte il vino, anche se non del tutto come vedrete a breve.

Anzitutto devo però spiegare che la Genovese non c’entra nulla con il capoluogo ligure: si tratta infatti, come ben sanno tutti i campani, di una salsa tipicamente napoletana usata per cuocere la carne di vitello (il pezzo più indicato è la colarda) attraverso ore e ore di macerazione a fuoco lento insieme ad una montagna di cipolle che al termine di questa operazione diventano marroni. Il tutto si usa per condire la pasta, ziti spezzati in primo luogo, ma anche pennoni e paccheri. Tutto, insomma purchè trafile grandi capaci di assorbire il sugo e magari un pezzetto di carne.

La migliore ricetta sul web, e la lunga disquisizione sulle origini del nome, modestia a parte, la trovate qui

http://www.lucianopignataro.it/a/la-pasta-con-la-genovese-a-napoli/3543/

Cosa usare per questa salsa di lunga durata? Non le cipolline fresche, troppo piene di acqua e dalle fibre fragili, neanche quella di Tropea, troppo forte. In media stat virtus: l’ideale è proprio la cipolla ramata di Montoro, principale coltivazione a cavallo tra le province di Avellino e di Salerno, la più diffusa in Campania, che ha trovato il suo terreno ideale su suolo vulcanico misto alluvionale ben drenato lungo la valle che collega i due capoluoghi di provincia.

La Cipolla Ramata di Montoro, spesso coltivata in combinazione con il mais, si raccoglie a partire dalla seconda metà di giugno e, a differenza delle altre cipolle, presenta un’ottima tenuta alla cottura, caratteristica che si aggiunge alle notevoli qualità che la rendono un prodotto molto richiesto sui mercati nazionali e internazionali. Si presenta dolce al gusto e intensamente aromatica all’olfatto, ottima per qualsiasi preparazione alimentare.

Ecco perché è utile per la Genovese.

Cosa berrremo su questo piatto? Il mio consiglio è la Coda di Volpe di Raffaele Troisi, alias Vadiaperti, azienda chiocciola Slow e vino quotidiano: fresca, di corpo, lunga, si abbina alla grande con la dolcezza del piatto grazie alla sua incredibile sapidità.
Coda di Volpe e Genovese, vite parallele: entrambe sconosciute fuori dalla Campania, dentro le case da sempre nel bicchiere e nel piatto della festa autenticamente partenopea.

Sapete che vi dico? Non potete dire di aver visitato la Campania se non avete abbinato la Coda di Volpe alla Genovese.

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Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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