Bianchi della Puglia. ogni scarrafone è bello a mamma soia?3 min read

Devo ammetterlo; non sono a mio agio nel parlare dei vini bianchi della Puglia, nonostante ormai la  produzione  sembra avviarsi verso una più meditata consapevolezza. Terminata, per fortuna, l’infelice scelta di piantare Chardonnay e Sauvignon, i produttori hanno riscoperto vitigni più vicini alle tradizioni territoriali. Il Fiano in particolare , ma anche Falanghina e Greco,  sembrano essere i nuovi vitigni con cui misurarsi, anche se a ben vedere si tratta più di un  ritorno al passato che  di vere innovazioni. Notizie sulla loro diffusione storica  in Puglia  si trovano  nel bel volume “Storia regionale della vite e del vino” dell’Accademia Italiana della Vite e del Vino. Il volume curato da Antonio Calò e Liana Bertoldi Lenoci é  quanto di più completo ed interessante si possa oggi trovare sulla storia del vino in Puglia. Sulle fonti storiche che riportano la diffusione di questi vitigni ed in particolare del Fiano ci sono ormai pochi dubbi. Si sa per certo che fu Carlo II D’Angiò (XIII sec.) ad ordinare la spedizione di circa 16000 viti da Cava dei Tirreni a Manfredonia di Puglia affinché venissero piantate nelle vigne reali. Conosciuto anche con il nome di Latino,  il Fiano si diffuse poi  rapidamente in tutta la provincia di Foggia e di Bari. Con l’arrivo della fillossera scomparve per dare spazio ai vitigni da taglio. Bisogna poi attendere sino al 1980 con i primi impianti sperimentali perché alcune aziende riallaccino quel filo interrotto più di un secolo prima. Oggi il vitigno sembra essere  privilegiato nelle scelte di molti produttori anche grazie ad  un supporto scientifico,  come poche volte  in Puglia.
In questo senso l’apporto dei vari  istituti di ricerca potrà  essere ancora più determinante, come è facilmente  intuibile già  scorrendo le relazioni prodotte durante la Tornata dell’Accademia della Vite e del Vino tenutasi nel 2009 ed interamente dedicata al “Fiano nelle Puglie”. Poche altre volte credo si siano verificate simili occasioni. Sapranno i viticoltori approfittare della ricerca scientifica, sostenerla ed incentivarla? Non c’è dato saperlo, anche se guardando al passato non c’è da stare allegri. Mai essere pessimisti però!
I vigneti messi a dimora in questi ultimi anni  iniziano ad entrare in pieno ciclo produttivo e forse bisognerà aspettare ancora qualche anno e seguire i risultati delle ricerche  per avere vini che offrano complessità e profondità sensoriale
Ma già qualche indicazione si può trarre  ad esempio dal lavoro di  Antonio Dalla Vedova ed altri del CRA, Centro di Ricerca per la Viticoltura, che  mette a confronto quattro Fiano pugliesi ed un “testimone” di Avellino. Il risultato della valutazione organolettica globale è confortante mettendo in risalto una maggior armonia ed eleganza  dei  Fiano pugliesi, mostrando  note fruttate, floreali e di miele più intense. Trattasi ovviamente, come dice lo stesso autore, di “…uno studio  preliminare che avrebbe bisogno di un maggior numero di campioni ed esteso a più annate, considerando  le variabili viticoli e le pratiche enologiche impiegate”.
Aggiungiamo anche che oltre al Fiano, che va diffondendosi dalla Capitanata al Salento, si possono contare buoni risultati anche per il Greco e la sua variante “Mascolino” ed altrettanto dicasi per la Falanghina che sembra aver trovato in Capitanata un habitat congeniale. Come si vede i presupposti per produrre vini bianchi in Puglia ci sono tutti: certo la regione resta storicamente ed inevitabilmente legata ai vini rossi, ma anche i vini bianchi finalmente potranno, forse, scrollarsi quel complesso di inferiorità che li  ha sempre contraddistinti . 

Pasquale Porcelli

Non ho mai frequentato nessun corso che non fosse Corso Umberto all’ora del passeggio. Non me ne pento, la strada insegna tanto. Mia madre diceva che ero uno zingaro, sempre pronto a partire. Sono un girovago curioso a cui piace vivere con piacere, e tra i piaceri poteva mancare il vino? Degustatore seriale, come si dice adesso, ho prestato il mio palato a quasi tutte le guide in circolazione, per divertimento e per vanità. Come sono finito in Winesurf? Un errore, non mio ma di Macchi che mi ha voluto con sé dall’inizio di questa bellissima avventura che mi permette di partire ancora.


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0 responses to “Bianchi della Puglia. ogni scarrafone è bello a mamma soia?3 min read

  1. Caro Pasquale, nel parlare di bianchi pugliesi non tralascerei di approfondire li discorso sul (fiano?) minutolo, che probabilmente in questo momento è il vitigno che sembra dare, almeno in alcune interpretazioni, i vini più interessanti, caratterizzati dalla spiccata (semi)aromaticità  tipica del vitigno. Se poi si tratta di un tipo di fiano o, come pare, di qualcos’altro (greco, moscatello o… vattelapesca) è un’altro discorso, ma sarebbe il caso che noi pugliesi spingessimo per valorizzarlo al meglio, credo che lo meriti.

    Un altro vitigno, ampiamente presente in Puglia, da non dimenticare credo sia la Malvasia Bianca. Ho avuto recentemente occasione di assaggiare le ultime quattro annate di un bianco (che in etichetta dichiara il 100%) che mi ha piacevolmente sorpreso per la magnifica tenuta e la bella evoluzione e sai bene che in Puglia un bianco del 2006 è quasi sempre considerato ormai abbondandemente defunto!
    Ciao, a risentirci.

  2. @Adriano Anglani
    non ho dimenticato il Minutolo. Mi riprometto di dedicargli spazio in un prossimo futuro. Quanto alla Malvasia vedremo cosa ci riserverà  nelle degustazioni e poi magari se ne può parlare.-

  3. Ben detto, e siccome il tuo ragionamento lo si potrebbe “stivalizzare” voglio proprio sperare che anche dalle mie parti ci si concentri nella valorizzazione del proprio patrimonio ampelografico. Insomma, l vini non sono come le nettarine, non ho nulla incontario all’avvicendamento selettivo delle varietà  di pesche, ma decisamente non trovo ragioni per acquistare Chardonnay, Sauvignon e non aggiungo altro, prodotti in Roamgana, quando posso scegliere gli stessi vitigni da zone se non più vocate, senz’altro più storiche.

  4. Ciao Pasquale,come novità  nei bianchi di Puglia credo sia interessante l’esperimento degli Angiuli di Adelfia con il maruggio metodo classico,oltre al loro uvaggio con bianco d’alessano,verdeca e fiano minutolo.

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