O per lo meno così dovrebbe chiamarsi, per chi abita in provincia di Trento, buona parte della produzione di vino metodo champenois.
Questa è stata, in soldoni, anche la conclusione di un dibattito tenutosi presso la Camera di Commercio di Trento, voluto da Trentino S.p.A. nell’ambito della piacevolissima manifestazione dal titolo “Bollicine su Trento”, che dal 26 novembre al 13 dicembre punterà i fari sullo spumante trentino.
Difficile dire se il nome “Trentodoc” riuscirà ad imprimersi nell’immaginario collettivo nazionale o per lo meno di coloro che sono più attenti al mondo del vino; soprattutto dovrà fare i conti con almeno 3 altri nomi che hanno storia, tradizioni e capacità comunicative di spessore e natura superiore: Prosecco, Franciacorta, Champagne.
Apprezzabile comunque lo sforzo di cercare una propria identità comunicativa, staremo a vedere…
Anche se l’immagine al momento è “in progress”, una propria identità sensoriale questo “Trentodoc” già ce l’ha.
Il duro lavoro dell’assaggiatore (qualcuno deve pur farlo…) ci vede rimbalzare da una parte all’altra della penisola, a volte sfioriamo zone che successivamente si rivelano molto più interessanti di quello che pensavamo. Colpa nostra sicuramente a non “guardare meglio”, ma a volte anche colpa di coloro che non sanno organizzarsi e non riescono ad emergere con una comunicazione che riesca a raggiungerci efficacemente. E’ questo per me un caso emblematico, dozzine di volte ho solcato l’autostrada da Verona in direzione Alto Adige, e mai mi è venuta voglia di fermarmi per uno studio più attento sui territori che vanno da Ala Avio fino a San Michele all’Adige, giusto per citare le uscite autostradali.
Il Trentino lo conosco, conosco alcuni produttori e conosco molti dei loro vini, ma mai mi era venuto in mente di considerare la tradizione spumantistica di quella zona. Ed ecco l’occasione giusta: Bollicine su Trento mi ha permesso di assaggiare tutti i 27 produttori così da poter scattare una fotografia piuttosto completa della situazione: 42 campioni in degustazione bendata, di varie categorie: Brut base, Brut Millesimato, Brut Riserva.
In generale il livello medio espresso è stato generalmente buono o molto buono, con pochissime punte negative. L’idea che mi sono fatto del Trentodoc è che, al di là delle sue tipologie, è un vino che sicuramente si potrà distinguere per la sua eleganza rispetto per esempio ad un Franciacorta, che di solito offre maggiore impatto gustativo e aromatico, oltre a complessità maggiori nelle punte più alte.
Probabilmente una maggior concentrazione porterebbe il Trentodoc a compiere un altro passo verso il suo sdoganamento come uno degli spumanti di riferimento in Italia, ma fino a che il disciplinare consentirà una resa massima di uva di ben 150 q.li per ettaro tale traguardo sembra ancora un po’ lontano da raggiungere.
E questo è un peccato perché le bollicine a Trento non sono storia recente: un giovane enologo di nome Giulio Ferrari cominciò le prime sperimentazioni nel 1902!
Qualcosa mi sfugge: dal 1902 ad oggi solo 27 cantine vinificano con metodo classico!!! Forse il Trentino stesso non vi ha mai creduto? E’ tempo che corra ai ripari poiché questi vini assaggiati sono la testimonianza che un futuro e una loro attualità ce l’hanno certamente.