2001 odissea nell’ospizio (e nella scuola)3 min read

Leggendo il bell’articolo di Fabrizio Calastri sul vino nelle case di riposo ho subito pensato ai primi tempo in cui facevo questo lavoro, verso la fin degli anni ottanta.

Le molte bottiglie da assaggiare rimanevano immancabilmente quasi piene e così avevo preso l’abitudine di ritapparle, fare un bel carico in macchina e portarle ad una casa di riposo qua vicino.

Le prime volte non successe niente, se non i vecchietti felici che mi aspettavano alla porta, ma dopo circa un mese mi prese da parte un responsabile e mi disse chiaro e tondo che se un ospite si fosse sentito male la colpa sarebbe stata mia. Io cascai dalle nuvole e dissi anche una frase  stupida “Ma lasciate che ne bevano quanto vogliono?”.

A quel punto il responsabile mi spiegò l’arcano e cioè che se arrivavano dei prodotti non confezionati questi dovevano essere certificati dall’ufficiale sanitario e ovviamente  essere consegnati con  mezzi idonei al trasporto alimenti e non nel bagagliaio di un auto.

Morale della favola: non potei più portare il vino alla casa di riposo e per un po’ di tempo (alla fine trovai altri  “clienti”) centinaia di litri di buon vino finirono…nel cesso.

 

Come finiscono alla discarica le tonnellate di cibo che avanzano nelle mense scolastiche. Per qualche tempo ho fatto il genitore-responsabile del servizio mensa nelle scuole elementari dei miei figli. Lasciando da parte il cibo che veniva servito, quello che mi colpì subito era l’enorme quantità di cibo che veniva gettato. Normalmente quasi il 50% dei contenitori ancora non aperti e ERMETICAMENTE CHIUSI. Per quanto riguardava il pane (anch’esso in contenitori alimentari) la cifra saliva almeno al 80-85%. Chiesi subito alla scuola se quel cibo poteva essere consegnato a qualcuno: case di riposo, mense della Caritas, ospedali.

La risposta fu chiara e semplice: se qualcuno fosse venuto a prenderlo doveva per prima cosa chiedere il permesso all’autorità scolastica di zona, al comune ed alla ASL. Poi caricarlo su mezzi adatti al trasporto cibo ed anche così, se un povero della mensa si fosse sentito male quella persona o quella associazione ne avrebbe risposto in prima persona.

Sapete dove andava a finire quel cibo? Quasi di nascosto venivano persone che avevano molti cani e lo portavano via. Ma nessuno doveva vedere niente perché quel cibo, chiuso in regolari contenitori e che solo qualche ora prima i bambini avevano mangiato era peggio delle scorie contaminate di Cernobyl, nessuno poteva toccarlo senza farsi male e doveva per forza essere distrutto.

In quel periodo ero in contatto con molte altre scuole italiane ed in ognuna, ove più ove meno, succedeva la stessa cosa. Anche oggi credo che la situazione non sia per niente cambiata: siamo in recessione, in crisi, ma buttiamo al macero ogni giorno tonnellate di buon cibo che potrebbero sfamare tanta, tanta gente.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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