Verdicchio 2008: Cenerentola sposa il Principe, ma chi se ne accorge?4 min read

Per la prima volta abbiamo assaggiato Verdicchio nel mese d’agosto e, fortunata ironia della sorte, per la prima volta non ci siamo sciolti al caldo che la zona di Jesi ci ha sempre riservato. Era un caldo però previsto, che in un certo senso faceva il paio con il calore di questo bianco, da sempre Cenerentola d’immagine e principessa di qualità tra i bianchi italiani.

Non vogliamo riririritediarvi con la solita storia del Verdicchio che, pur avendo alta qualità, non riesce a sfondare nell’immaginario collettivo, vogliamo solo darvi qualche dato. Quasi il 70% dei Superiore (67.3%) ed il 70% preciso delle Riserve hanno ottenuto punteggi uguali o superiori alle 3 Stelle. Questo dato, per quanto riguarda le nostre degustazioni,  non ha confronti sia con gli altri bianchi italiani, sia con tutti i grandi rossi dello stivale. Considerate inoltre che stiamo parlando, per i Superiore, di vini che si piazzano mediamente nella fascia 8-12€ mentre le Riserve si attestano attorno ai 16-18€. Prezzi non certamente alti, che rendono ancora più fitto il mistero d’immagine e di visibilità della nostra bianca Cenerentola. Una parziale spiegazione del problema possiamo trovarla analizzando i dati sui verdicchio “base”, dove le cifre si ribaltano. Solo il 34% ha infatti raggiunto 3 o più stelle e se andassimo a cercare tra gli scaffali dei supermercati o dei discount troveremmo roba di qualità ancora più bassa, magari imbottigliata a Milano o a Torino. Questo ventre molle della denominazione è certamente un problema di difficile, se non impossibile soluzione. Pensate che non esiste praticamente un Consorzio di Tutela e inoltre l’Assivip, l’unica associazione che da sempre ha difeso e portato avanti il nome del Verdicchio rischia di chiudere (alias essere inglobata da polipesche strutture regionali) entro la fine dell’anno.

Ma veniamo alla vendemmia 2008. Non ci avremmo certo scommesso sopra e avremmo fatto male. Dal punto di vista del Verdicchio base (cioè il Classico) i vini sono semplici ma puliti, abbastanza riconoscibili e, pur non di alto livello, corretti per il prezzo a cui vengono venduti.

La cosa assume altri contorni salendo ai Superiori: struttura, aromi, sapida freschezza e lunghezza si trova quasi ovunque, disegnando un quadro vendemmiale di ottimo livello. Il neo (noi lo cerchiamo sempre) sta in quei grammi di zucchero residuo – da non confondersi con la voluta surmaturazione che è oramai caratteristica di diverse etichette- che alcuni vini si portano appresso, anche se qui il fenomeno sembra più circoscritto rispetto ad altre zone. Pure il problema delle uve “migliorative” è circoscritto a pochi sentori sauvignoneggianti, mentre sembra prendere piede in alcune grosse cantine la vinificazione in completa assenza di ossigeno, che  porta però verso aromi molto “fuori” dai classici canoni del verdicchio. Un consiglio per chi usa questa tecnica: lo spieghi in etichetta, altrimenti la componente aromatica principale porta a pensare ad un taglio con  almeno il 30% di sauvignon!

Se i Superiore 2008 (ed i 2007 entrati quest’anno in commercio) sono una certezza le Riserve delle ultime annate sono una piacevole sorpresa. Di solito appesantite da fardelli legnosi sembrano essersi affrancate per sempre(gli esempi negativi comunque rimangono) da questo giogo, diventando così più complesse, fresche, equilibrate, bevibili, godibili. Per noi che vediamo spesso il legno come il fumo negli occhi, trovare Riserve dove la concentrazione non porta con se aromi di truciolo è stata una delle più belle soddisfazioni degli assaggi.

Soddisfacente, anzi più che soddisfacente è stato anche il livello del Verdicchio di Matelica. Da sempre “cugino di campagna” ha avuto (e forse avrà, anche se noi speriamo il contrario) uno sviluppo qualitativo altalenante. Quest’anno la qualità è buona (il 63% ha ottenuto 3 o più Stelle) e speriamo questo livello divenga lo standard. Alcuni segnali vanno in questo senso: piccole cantine che crescono, i nomi storici che sembrano essersi dati una regolata. Questi due elementi ci fanno intravedere un futuro migliore per questa denominazione che ha prodotto verdicchi di finezza aromatica e complessità gustativa da mettere sull’altare dei migliori bianchi italiani.

Chiudiamo con un’altra annotazione positiva: ogni anno usciamo dall’assaggio con qualche nuova scoperta, segno che la denominazione è viva ed ha al suo interno ulteriori margini di miglioramento. Insomma, forse Cenerentola, oltre ad aver sposato il Principe, riuscirà a farlo sapere in giro.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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