Toscana IGT: SuperTuscan o DieselTuscan?5 min read

Oltre 200 IGT dal Chianti Classico e dintorni, da Montalcino e  Montepulciano, dalla Maremma ci hanno portato ad un lavoro  durato più del previsto: le cause non si rifanno solo alle valutazioni qualitative da una a cinque stelle, ma soprattutto alla “comprensione” dei risultati.
Da questi abbiamo tratto due osservazioni.


• Il Sangiovese, vitigno principe nelle DOCG, negli IGT da una parte viene “coperto”  da altre uve non autoctone e dall’altra, se si esprime in purezza, assume caratteristiche spesso troppo monolitiche.

• Il livello qualitativo degli IGT e quasi sempre inferiore o al massimo equivalente a quello dei vini DOCG della stessa zona e/o della stessa azienda.

 

Approfondiamo un po’: il Sangiovese non è certo un’uva facile e lavorarla con l’intenzione di fare dei grandi vini in diversi casi ha portato e purtroppo porterà a fare solo dei grossi vini. Tale assunto non vale per i vini molto giovani (2008 ed anche alcuni 2007), spesso  IGT giocati sulla semplicità e la piacevolezza. Come si arriva al 2006, quindi all’annata importante attualmente in commercio, ci troviamo di fronte a dei Sangiovese in purezza molto più monolitici (naso magari non marcato da legno ma che stenta a far filtrare qualcosa, bocca di impatto e peso ma con poche venature, sfaccettature e minime dosi di freschezza) di vini da altre uve o dove il Sangiovese è presente in uvaggio.

Questa monoliticità non è una caratteristica da cui non si può prescindere ( ci sono vini di sangiovese che giocano molto sull’eleganza o su freschezze più accentuate) pare piuttosto una moda da cui non si vuole recedere, si sia ai 400-500 di Panzano o Gaiole a sul livello del mare in Maremma. Oramai l’IGT di Sangiovese assume spesso caratteristiche quasi impensabili solo dieci anni fa. Colore porpora cupo (in alcuni casi più intenso di uve molto più vocate sul colore) naso molto compatto, dove il frutto stenta ad uscire ed il futuro è spesso una cambiale firmata in bianco. Bisogna ammettere che il legno è dosato molto meglio rispetto a pochi anni fa, ma questo non ha portato ad una maggiore apertura e fruibilità immediata.
In bocca la tannicità è viva ed importante ma gli spigoli dovuti anche a contrasti acidi tendono a livellarsi, trasformandosi da bellissime montagne  in monotoni altipiani.

A questo punto ogni produttore che si rispetti metterebbe lì la frase “Ma sono vini fatti per durare. Adesso sono giovani e non possono che essere così”. Con questo si taglia la testa al toro e si rimanda il giudizio alle calende greche, facendo divenire un Supertuscan un vino da valutarsi solo dopo un lungo percorso in bottiglia una specie, se mi passate il gioco di parole, di Dieseltuscan.  Vino con un numero minore di “giri”, non meno potente ma certo non dotato di accelerazioni brucianti, sicuramente più facile da capire e da guidare ma certamente meno divertente.

Intendiamoci: non è che i Dieseltuscan ( già Supertuscan) prima fossero vinelli filanti da bere giovani: avevano però spigoli e caratteristiche, anche più estreme e marcate, che li rendevano molto più d’impatto (poteva essere anche negativo per chi non conosce il sangiovese) e molto diversi tra loro. Oggi invece si parte da dei vinoni cubitali che molto si assomigliano  e devono solo, rotolando nel tempo, smussare gli angoli per trasformarsi da cubici in rotondi. Vi sono delle belle eccezioni a questa regola, ma lo stile imperante è questo dal Manzanarre al Reno.

Anche i vini a base di altre uve, come Cabernet Sauvignon e Merlot,  partono da uno status di grande concentrazione, però riescono a smussarla grazie alla “ruffiana eleganza innata” del primo e alla“piaciona bonarietà” del secondo. Così riescono ad mostrarsi più pronti e più armonici, in attesa che il tempo dia il suo giudizio anche su questi Dieseltuscan.

Veniamo adesso al secondo punto: penso di essere stato uno dei primi a criticare i produttori (chiantigiani in particolare) perché destinavano le migliori uve al loro Supertuscan, considerando il loro prodotto DOC o DOCG un vino di livello inferiore.

Da questi ultimi assaggi, fatti  in contemporanea con  vini DOCG (Chianti Classico, Brunello, Nobile e Morellino) possiamo dire che il gap qualitativo tra vini toscani con la fascetta e senza è oramai azzerato e che in diverse aziende, magari famose da sempre per dei Dieseltuscan, il vino DOCG è migliore dell’IGT. Questo non perché il nostro palato è più amico di certe tipologie di vini, ma perché si percepisce che i processi di vigna e di cantina sono talmente migliorati che oramai è molto più facile da una parte portare buone uve a casa e dall’altra lavorarle bene. In più i vini DOCG hanno quella sana riconoscibilità (quasi sempre grazie al Sangiovese a cui non si sono tarpate le ali) che li rendono più adatti per un mercato sempre più esigente.

Sarebbe quindi l’ora di dare a Cesare quello che è di Cesare e di affermare che i veri Supertuscan (con le dovute eccezioni) oggi come oggi, sono i vini DOCG della grandi e storiche denominazioni toscane. Gli IGT possono passare di diritto nella categoria Dieseltuscan, sicuramente più adatta alle loro attuali caratteristiche.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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