Il 2012 per i bianchi friulani? Dipende dal vitigno e…8 min read

Avete mai degustato vini in un luogo che domina dall’alto la Terra di mezzo, quella dove vivono gli Hobbit?

Grazie al Consorzio delle DOC Friuli Venezia Giulia, al caro amico Pierpaolo Penco direttore del Consorzio Isonzo e, last but not least, all’Associazione Produttori Schioppettino di Prepotto, i nostri assaggi dei bianchi friulani si sono svolti proprio in un luogo del genere.
In realtà la piccola e verde valle che dominavamo dall’alto era quella di Prepotto, dove lo Schioppettino ha ritrovato casa. La sua racchiusa e bucolica bellezza mi ha portato però al paragone con la valle creata da Tolkien nel Signore degli Anelli; ma a Prepotto, al suo  vino-vitigno particolare ed a chi lo sta riproponendo dedicheremo spazio più avanti, quando la stagione sarà “da rossi”. Adesso concentriamoci sui bianchi.

Ne abbiamo degustati ben 330 (ancora un grazie ai consorzi friulani per lo sforzo fatto), quindi quasi 100 in più rispetto allo scorso anno e li presenteremo anche in maniera diversa dal passato: non più per denominazione ma per vitigno, dividendoli in ben otto gruppi (Chardonnay, Sauvignon, Friulano, Ribolla Gialla, Malvasia, Pinot Grigio,uvaggi e uno che comprende tutti gli altri vitigni).

 

 

Chardonnay

Uno dei punteggi medi più bassi (2.29 stelle, superiore solo alla Ribolla Gialla) conferma che questo vitigno sta viene sempre più considerato quasi come un corpo estraneo dagli stessi viticoltori. Ben pochi ci puntano per produrre il lor vino top e il vitigno non si dimostra certo eccezionale se si vogliono vini beverini e semplici.  Il luogo dove forse ha ancora un senso per vini di alto profilo è  nella zona dell’Isonzo, dove riesce ad esprimersi con maturità ampie e solari e dove ci sono cantine che sanno renderlo molto interessante grazie anche ad un sapiente uso del legno. Per il resto alcune buone interpretazioni, anche nella zona delle Grave,  non riescono a far dimenticare l’arrendevole e prevedibile semplicità che è ormai quasi il marchio di fabbrica di questo vitigno, non solo in Friuli.

 

 

Ribolla Gialla

Chi mi conosce sa che non sono certo un grande appassionato delle Ribolla fatte con lunghe macerazioni, eppure durante l’assaggio di questa trentina di vini le ho quasi rimpiante! In effetti non siamo mai andati oltre una discreta freschezza al palato ed lievi sentori floreali al naso. Troppo poco anche se un’annata molto calda può aver tolto al vitigno parte della spinta acida per cui è famoso, conferendogli magari una maggiore grassezza. Purtroppo questo non è accaduto e oltre ad una media stelle molto bassa (2.27) nessun vino ha superato le tre Stelle. Non vorremmo mettere il dito nella piaga ma il futuro della Ribolla Gialla andrebbe discusso con attenzione. L’unico dato positivo non è venuto da questo assaggio ma da quelli degli scorsi anni. Avevo in fatti in cantina una decina di bottiglie di Ribolla 2011-2010 che non avevano certo brillato negli assaggi degli anni scorsi  e le ho stappate per capire qualcosa sulla possibilità di invecchiamento. Mi fa molto piacere dire che tutte erano in ottime condizioni e quasi tutte molto più piacevoli ed equilibrate di quando erano state assaggiate. Da questo non vorrei tirar fuori regole generali ma….forse si potrebbe anche pensare a metterle  in commercio non proprio dopo 6-7 mesi dalla vendemmia.

 

 

Pinot Grigio

Da un vitigno che ci ha deluso ad uno che ci ha sorpreso. Il Pinot Grigio del 2012 è andato aldilà delle nostre aspettative (media stelle 2.47) presentandosi finalmente come un vino con carattere: aromi delineati e puliti, corpo con grassezza  accompagnata da giusta vena acida. Alcuni vini di alto livello, ma soprattutto una serie di buoni vini nelle tre principali denominazioni. Due parole per l’Isonzo che ha piazzato tre ottimi prodotti ai primi posti: anche se siamo di fronte a interpretazioni diverse credo che il filo conduttore sia la capacità di portare a completa maturazione le uve senza perdere freschezza e grinta. Ma sia i tre migliori, sia l’altra quindicina che ha ottenuto 3 stelle sono tutti Pinot Grigio piacevoli e assolutamente non scontati al palato. Forse siamo di fronte ad un inversione di tendenza, dove finalmente il Pinot Grigio potrà riscattare la sua immagine. In questo senso l’ Isonzo  potrebbe diventare la zona di riferimento per Pinot Grigio di altissima qualità. Una carta da giocare!

 

 

Sauvignon

Ci aspettavamo di più da questo vitigno (media stelle 2.52)  ma certamente il  2012 e il suo grande caldo non è certo stati  ideali per il sauvignon.  Detto questo dobbiamo però notare che troppi vini avevano aromaticità estremamente verdi, quasi immature, forse derivanti da vendemmie fortemente anticipate per cercare di mantenere Interessanti aromaticità.  Purtroppo in diversi casi il risultato è stato un’eccessiva predominanza di sensazioni dove il seme di peperone aveva la meglio. All’opposto, dove invece si è rischiato di più, le componenti aromatiche hanno virato verso note di sedano cotto.  Nel mezzo a questo però troviamo molti sauvignon freschi e di buon corpo. Sono quasi il 40% quelli di buono/ottimo livello e anche se un solo 2012 (dei Colli Orientali) ha ottenuto 3.5 stelle molti vini hanno profumi netti e piuttosto intensi, buon corpo e freschezza. Forse non dureranno molti anni ma per almeno 2-3 ci sentiamo di “garantire”.

 

 

Altre uve

Visti i pochi campioni presentati non possiamo soffermarci su Vitovska e Incrocio Manzoni, mentre sul fronte Traminer Aromatico l’idea è che stranamente la componente aromatica è spesso potente, quasi troppo potente  ma difficilmente fine ed elegante.   Sul Riesling, anche se ne abbiamo trovato uno molto buono, vale quanto detto per Vitovska e compagnia, mentre un vitigno che stranamente non viene vinificato molto in purezza è il Pinot Bianco. Quei pochi presentati erano quasi tutti di buona o ottima fattura, ma il vitigno viene usato più in uvaggio che in purezza. Misteri..

 

 

Malvasia

In una regione che ha un vitigno come questo a cosa serve piantare Traminer? Infatti la Malvasia ha profumi, finezza, equilibrio, discreta freschezza e anche buon corpo. Le 2012 si sono espresse su questa falsariga, raggiungendo una media stelle tra le più alte (2.56) ma soprattutto convincendo quasi sempre. In qualche caso nasi leggermente più ovattati, o bocche troppo dolci e cedevoli, ma in generale proprio una bella prova, a dimostrazione che la Malvasia in Friuli non è solo un vino semplice e immediato, ma un prodotto su cui puntare con maggiore convinzione.

 

 

Uvaggi

Gli uvaggi per definizione non fanno parte dell’ultima annata e siamo anche in un campo dove fare delle medie è piuttosto difficile in quanto il panorama è piuttosto variegato. Quello che però ci sembra il filo conduttore è che l’uso del legno è drasticamente diminuito e comunque ingentilito e quindi le caratteristiche varietali delle uve vengono esaltate con maggiore dinamicità ed equilibrio.
 Negli uvaggi conta molto anche la mano del produttore che in alcuni casi  è molto riconoscibile. Questo è un bene perché da una parte troviamo vini di grande livello e dall’altro non esistono comunque scimmiottamenti. Abbiamo infatti visto che  ognuno intende proseguire (magari cercando di migliorare) per la strada intrapresa. Mai come quest’anno gli uvaggi ci hanno convinto, specie quelli fuori dal Collio, e mai come quest’anno ci è sembrato di capire che l’uvaggio aziendale non è più il vinone più potente ma il prodotto più elegante e complesso. Questa secondo noi è una giusta strada e la media stelle di 2.52 sta a testimoniarlo.

 

 

Friulano

La media stelle più alta (2.64), la degustazione più convincente, oltre i 50% dei vini con almeno 3 stelle, alcune scoperte interessantissime. Il friulano è e resterà per questa regione il vitigno tornasole, quello su cui parametrarsi in maniera precisa e che  spiega molte cose meglio di tanti discorsi. Per esempio nei  Colli Orientali del Friuli si producono tanti buoni Friulano, con caratteristiche che puntano più sulla freschezza che non sulla complessità generale: quindi ottimi vini ma poco “rischiosi e rischiati”. In Collio e in Isonzo troviamo invece Friulano più solari, ampi, in alcuni casi molto complessi. In bocca hanno corpo e concentrazione maggiore senza perdere nerbo e freschezza. Sembra proprio che, oltre al territorio, ci siano dei modi diversi di approcciarsi alla vigna ed alla cantina tra queste tre zone raccolte in un fazzoletto di terra. Ma in questo fazzoletto di terra le cose cambiano e infatti una delle sorprese più belle dell’assaggio dei Friulano è che tra i migliori ci sono due nomi poco conosciuti non solo al grande pubblico ma a noi stessi. Segno tangibile che il territorio sta crescendo.

 

In conclusione

Il territorio sta crescendo ma sempre più si evidenziano differenze (logiche) tra vitigni e molto meno logiche tra territori non solo adiacenti ma quasi intersecati tra loro. Gli stili oramai sono abbastanza diversi e sarebbe interessante capire il perchè. Come mi piacerebbe capire perchè molti produttori mandano i vini ma non le schede con i dati dei vini. Se troverete vini senza prezzo e numero di bottiglie “ringraziate” i produttori e magari, se andrete a visitarli, fateglielo notare.

Due parole sui vini delle altre denominazioni, in particolare su le Grave: tra questa zona e le altre tre uno scalino qualitativo indubbiamente c’è ma mi sembra di intravedere voglia di fare, per adesso più in cantina che in vigna. 

A proposito di vigna: il 2012 non è certo l’annata del secolo ma, annata dopo annata, i produttori friulano sanno sempre meglio come correre eventualmente ai ripari.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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