Degustazione Brunello di Montalcino 2001. Odissea a lieto fine?5 min read

Per parlare di quest’annata ed in generale di Montalcino bisogna scomodare la fantascienza, in particolare quel particolare attrezzo, definito “Macchina del tempo”. Oggi, anno astrale 2006, con in campo il Brunello di Montalcino 2001, per capire qualcosa credo che occorra partire almeno dal 1990. Quindi barra indietro e ci troviamo, come per miracolo,  sedici anni indietro. A Montalcino vi sono non più di 60 produttori (vedi i dati consortili) imbottigliatori che presentano al mondo il loro 1986. Poche vigne sono state impiantate di fresco e molti continuano a lavorare su vigneti impiantati con i contributi Feoga  degli anni sessanta/settanta. I problemi più grossi non sono comunque nel vigneto ma in cantina, dove un buon numero di questi sessanta non ha ancora strutture e macchinari adeguati. Ma il tam tam mediatico è già partito ed il mondo inizia a pensare a questo vino rosso come un prodotto storico, blasonato, di nicchia.

Questo succedeva quando in pratica i Brunello di Montalcino commercializzati a dovere nel mondo non superavano la trentina.

Barra avanti e torniamo nel 2006. Oggi ci sono 252 produttori di cui 208 imbottigliano con marchi propri. In sedici anni la superficie vitata è più che raddoppiata, (quasi triplicata se prendiamo l’annata 1986 in commercio nel novanta)

In questi anni il mondo ha continuato a voler vedere in Montalcino un zona enologica storicamente assestata, dove dei vini potenti da invecchiamento nascevano da vigne della giusta età, equilibrate, pronte anno dopo anno allo stesso tipo di produzione.  In cantina le innovazioni si inserivano in una tradizione quasi secolare (Biondi Santi santo subito!!) e che comunque non incidevano su una situazione monoliticamente chiara.

La realtà era molto diversa. Negli ultimi 20 anni Oltre l ‘80% dei produttori attuali ha dovuto imparare sul serio a lavorare il Sangiovese ed fare un vino difficile come il Brunello, trovandosi a combattere con vigneti nuovi (che avevano bisogno di tempo e conoscenza per dare uve giuste), tecniche e consigli diversi ogni anno.

Da una parte quindi il marketing del territorio parlava di tradizione quasi atavica, mentre il mondo reale era giocoforza una innovazione continua: dalla vigna alla cantina e viceversa.

Sintetizzando da un punto di vista “astrale”  Immagine Montalcino = sistema solare definito e sempre uguale a se stesso/Realtà di Montalcino = odissea nello spazio con pochi punti fermi per orientarsi.

Arriviamo alla nostra annata, che sicuramente ha spiazzato quelli che vedevano Montalcino come un platonico “Motore Immobile”.  Il ragionamento fatto negli ultimi 5 anni, senza conoscere minimamente la realtà era in soldoni questo “L’annata 2001, ottima in Toscana, per Montalcino sarà particolarmente buona e sicuramente porterà in commercio vini di altissimo livello, che potranno maturare per molti anni”. Dopo gli assaggi che la stampa di settore ha potuto fare, a partire dal febbraio scorso, ho cominciato a leggere su molte facce dubbi, incertezze ed è partito il tam tam opposto “Dopo tutto non era una grandissima annata, poteva essere sfruttata meglio. I vini in parte deludono, non hanno profondità, non hanno quella complessa pienezza che ci aspettiamo dal Brunello…..”.

Ma di cosa stiamo parlando! Montalcino, oggi come oggi è un cantiere enologico dove ancora i muratori stanno togliendo le impalcature. Quelli che avevano (ed hanno) le vigne giuste, in età giusta hanno potuto fare dei grandi vini. Quelli che non ce le avevano si sono arrangiati con quanto passava il convento. Il problema è che il secondo gruppo è, visto quanto sopra detto, molto più folto del primo.

Ma il mercato vuole un vino con le caratteristiche del mitico Brunello di Montalcino, molto difficile da fare con vigneti nuovi. Ecco allora intervenire la cantina, la presunta modernità. Modernità che si trasforma in vini color porpora, morbidoni e piacioni, magari con belle note di legno nuovo.

Il 2001 ha dato diversi vini di questa tipologia, sicuramente non molto complessi ma che piacciono a chi si immagina il Brunello alla stregua di un Grange a prezzi molto più abbordabili o di un Bordeaux più tosto e meno fine.

Per fortuna quella bella vendemmia ha partorito anche tanti ottimi Sangiovese di Montalcino, che però, proprio per le caratteristiche del Sangiovese, dell’annata e del territorio non possono essere apprezzati completamente se non dopo alcuni anni.

Ed eccoci arrivati all’inghippo. Chi si aspettava Brunelli potenti ma pronti li ha trovati, senza però quella profondità che pregustava. Chi voleva Sangiovese complessi e fini non li ha trovati o non li ha riconosciuti. Il risultato è stato un sorriso stirato, una accondiscendente presa d’atto. In alcuni casi c’è stato un vera e proprio stravolgimento della realtà enologica, con osanna a Brunelli che definire innaturali  è fargli un complimento.

Morale della favola: per noi di winesurf l’annata 2001 continua a rimanere una grande annata, molto meglio del 1997. Ha solo il problema che ha bisogno di tempo per farsi conoscere, riconoscere ed apprezzare. Un’annata a doppio senso di circolazione, dove si possono trovare vini che vanno nella direzione giusta e prodotti che puntano dritti dalla parte opposta. Ci vorranno almeno tre anni per scremare e per dare un chiaro senso al tutto.

Ma il tutto non può prescindere dal vedere finalmente in maniera chiara la realtà ilcinese. Il Brunello di Montalcino è un vino in divenire, che potrà  entrare in massa nei panni e nella immagine  creatagli attorno tra non meno di 7-8 vendemmie. Il rischio nel periodo (qualcuno parla di certezza) è quello di portarlo verso questo incrocio  Grange/Bordeaux, con risultati disastrosi. L’odissea iniziata negli anni sessanta continua: dalla piccola navicella di partenza siamo arrivati alla flotta interstellare di oggi, (vedere i dati sottoriportati) dove però diverse navicelle sembrano usare un altro tipo di carburante. Speriamo che il Grande ammiraglio Consorzio di Tutela riesca ad eliminare tutti i carburanti  “a rischio”.

 

 

Soci Consorzio Brunello di Montalcino
DAL 1967 AL 2005

Anno

Numero totale soci

Numero soci imbottigliatori

 

 

1967

  37

  12

1968

  41

  13

1969

  41

  13

1970

  42

  13

1971

  45

  15

1972

  47

  15

1973

  56

  19

1974

  59

  22

1975

  60

  29

1976

  63

  30

1977

  74

  38

1978

  80

  39

1979

  83

  41

1980

  93

  46

1981

  93

  46

1982

  93

  48

1983

  94

  52

1984

  95

  53

1985

  95

  55

1986
104
  62
1987
111
  74
1988
116
  82
1989
118
  87
1990
137
  92
1991
146
  97
1992
147
102
1993
148
108
1994
149
112
1995
152
120
1996
172
125
1997
183
129
1998
189
133
1999
192
135
2000
206
141
2001
212
156
2002
208
171
2003
237
183
2004
238
195
2005
241

SUPERFICIE, VITATA  BRUNELLO DI MONTALCINO
DAL 1967 AL 2004

Annata

Superficie in ettari di vigneto

1967

  64,58

1968

  53,64

1969

  53,64

1970

  72,23

1971

154,07

1972

191,38

1973

259,66

1974

271,81

1975

306,92

1976

368,54

1977

411,66

1978

504,51

1979

624,23

1980

638,00

1981

724,55

1982

757,35

1983

802,59

1984

810,75

1985

810,75

1986

787,94

1987

790,00

1988

875,60

1989

910,87

1990

937,16

1991

1.060,39

1992

1.108,81

1993

1.117,49

1994

1.159,32

1995

1.192,25

1996

1.206,28

1997

1.245,94

1998

1.249,98

1999

1.344,13

2000

1.414,17

2001

1.492,36

2002

1.635,36

2003

1.903,85

2004

1.944,10

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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