Chianti Classico 2006 e Riserva 2005: “ritrosia aromatica” e non solo.4 min read

Il  buongiorno, purtroppo,  l’avevamo visto dal mattino, cioè dall’anteprima di febbraio in cui l’annata 2006 non ci era sembrata da innalzare grida di giubilo al cielo. I nostri assaggi dei giorni scorsi hanno confermato in buona parte le impressioni mattutine. Prima però di parlare nello specifico di Classico 2006 e Riserva 2005, qualche parola su dove sta andando (e su dove è già andata) questa storica DOCG toscana. In tempi in cui si parla e spesso si grida di identità/non identità del Brunello di Montalcino al proprio vitigno, l’esempio del Chianti Classico potrebbe essere interessante, sia in senso positivo che negativo. Infatti abbiamo un territorio molto vasto e troppo diverso per pensare ad una espressione univoca del Sangiovese. Inoltre oramai è chiaro che non solo l’aggiunta di altre uve (siano esse autoctone o alloctone) porta alle grandi differenze, anzi, alle  grandi differenti tipologie presenti sul territorio. Molto conta anche quella che da una parte può essere definita come filosofia aziendale e dall’altra semplicemente come posizionamento di mercato. Cercando di essere più chiari con qualche esempio: i fautori dello “stile internazionale”(di cui fanno parte anche aziende che  producono Sangiovese in purezza), non faranno mai un Chianti Classico “fresco, piacevole” ma cercheranno sempre di mettere in commercio un vino dove, tra l’altro, il legno deve (cercare di…) conferire profondità e complessità: una specie di piccolo supertuscan. Al contrario, molti produttori che amano la semplice genialità del Sangiovese difficilmente proporranno vini di, diciamo, “ intricata interpretazione”. E queste sono solo due delle molte tipologie/scuole di pensiero che si intrecciano oggi in Chianti Classico, rendendo praticamente impossibile ad ogni palato il non trovare vini per i propri gusti. Ciò è sicuramente un bene ma potrebbe portare ad una eccessiva “randomizzazione” delle tipologie (sottolineo eccessiva proprio perché molte esistono già) e quindi al rischio di creare confusione e sconcerto sul mercato. Per questo qualche uomo di buona volontà, tipo Marco Pallanti presidente del Consorzio, dovrebbe incominciare subito a spingere con forza  sulle sottozone di stile borgognone, per riuscire a trasformare una intricata massa di capelli in una pettinatura imponente ma ben distribuita.

Veniamo all’annata 2006 ed ai nostri assaggi. Oltre 100 vini degustati: nessuno ha raggiunto le Cinque stelle, 6 sono arrivati a Quattro e 29 a Tre. Quindi per noi solo 35 vini sono o buoni o ottimi, il resto, oltre 60 (tra cui ben 58 a Due Stelle e solo alcuni con Una) stanno in quel limbo che comprende sia prodotti senza spiccate caratterizzazioni nella parte aromatica o nella struttura di bocca, sia quelli di buon livello dove però il sangiovese non riesce a emergere. In generale l’annata 2006 ci è sembrata di poco inferiore  alla precedente, soprattutto perché mancante (in diversi casi) di freschezza aromatica e caratterizzata al palato  da un certo “vuoto” a centro bocca che nel 2005 era assente. Non credo che queste caratteristiche siano dovute alle selezioni fatte per Riserva e Supertuscan, che hanno portato via il meglio dai vini dedicati “solo” all’annata. Credo invece che sia la “ritrosia aromatica” sia “la vuota presenza” a centro bocca facciano parte delle caratteristiche di un’annata dura da ammorbidire ai voleri del vignaiolo. Speriamo che con le Riserve ed i Supertuscan si possa salire di livello.
A proposito di Riserva:  se mi attengo ai risultati di quelle del 2005 il quadro non è certo roseo. Posso capire che non era certo l’annata migliore per fare Riserva, ma questo spiega solo in parte il risultato alquanto deludente. Vini di cui non si riesce a capire  il ruolo, sempre più “stiracchiati” tra il Supertuscan, le selezioni e l’annata, senza un comun denominatore se non quello del rospo che si gonfia per cerca di diventare grande come il toro. Probabilmente hanno alcune incertezze anche i produttori che, da un’analisi dei dati in mio possesso, sembra producano sempre meno Riserva. Il problema è che il vino risente e non poco di questa incertezza, che già avevamo fatto notare in almeno 2-3 annate precedenti. In definitiva il trend di “svuotamento” del ruolo della Riserva sta continuando e speriamo che il 2005 sia l’anno da cui non si può che risalire.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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